“Voterò Sì al taglio: un terzo degli eletti già non lavorano”
ENRICO LETTA Al Fatto: “Torno ai comizi nella mia Toscana”
Anche nella Prima Repubblica, spiega l’ex premier, molti si dedicavano al partito e non si presentavano in aula: “Il referendum non va politicizzato: votai persino la riforma Renzi”
“Voto Sì. Ho sempre proposto e supportato riforme costituzionali che comportavano la riduzione dei parlamentari: mi sentirei in contraddizione con me stesso se mi comportassi diversamente”. Enrico Letta, ex premier, oggi lavora a Parigi e insegna alla Grand Ecole Sciences Po.
Ha appena finito di ascoltare il discorso di Ursula Von der Leyen sullo Stato dell’unione: per lui anche un riconoscimento della ritrovata centralità dell’italia.
Presidente, nel merito perché dice Sì?
Il nostro Paese ha oggi un numero di parlamentari eccessivi rispetto alle funzioni del Parlamento, che le ha perse verso l’alto (a favore del Parlamento europeo) e verso il basso (con i poteri legislativi affidati alle Regioni). Quando il numero fu fissato non c’erano né l’europa, né le Regioni. C’è poi un elemento che nessuno sottolinea.
Quale?
Il Parlamento, soprattutto nella Prima Repubblica, ma anche nella Seconda, è sempre stato retto e gestito da due terzi dei parlamentari. Gli altri non andavano neanche in Commissione, ma si occupavano dei partiti. Questa cosa, che prima era considerata normale, oggi non è più tollerata. Dunque, il taglio dei parlamentari è assolutamente naturale. Accanto a questo, bisogna lavorare all’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, perché i partiti devono avere gente retribuita. Bisogna che i cittadini diano il 2 per mille ai partiti e che questi siano controllati. Come dimostrano gli scandali.
Cosa risponde a chi dice che il taglio riduce il valore della
rappresentanza?
Con l’europa, due Camere e le Regioni abbiamo una larga rappresentanza. Il vero guaio è la nostra legge elettorale oscena. Il sistema delle liste bloccate – partito con il Porcellum e adesso in vigore con il Rosatellum – è la madre di tutte le nefandezze. Quello riduce la rappresentanza, con ogni leader che si porta dietro la sua corte.
Si cambierà davvero se vince il Sì?
Il Sì obbliga a cambiare. E lo spirito della Costituzione è a favore di riforme pun
tuali e non complessive.
Perché tanti che dicevano di Sì alla riforma Renzi, ora dicono No?
Molti votano guardando alle conseguenze politiche e al proponente. Io sui referendum mi sono sempre dato la regola di non farlo: ho votato Sì nel 2016, nel merito. Nonostante sapessi che la vittoria del
No avrebbe portato le dimissioni di Renzi: cosa che non poteva dispiacermi.
Ci saranno conseguenze sul governo se vince il No, anche se nessuno nella maggioranza le ha messe sul tavolo? E con una sconfitta alle Regionali?
La mia impressione è che non dovrebbe cambiare niente. Per quel che riguarda le Regioni: non c’è un’alleanza tra M5S e Pd, tranne che in Liguria. Quindi il risultato non si può traslare a livello nazionale. Aggiungo che andare alle elezioni ora, mentre devi occuparti del Recovery Fundsarebbe un suicidio.
Non ci sarebbe un altro governo, magari a guida Draghi?
Sono convinto che dopo questo governo esiste solo il voto.
È giusto che sia Conte a gestire il Recovery Fund?
Questa è la maggioranza che ha elaborato e negoziato il Recovery f
Fund: bisogna dare atto a chi ha guidato la trattativa di aver riportato l’italia al centro. È giusto che siano loro a gestire questa fase. Ma devono essere conseguenti con gli Stati Generali: ci vuole il coinvolgimento delle parti sociali. È determinante capire come usciranno i Paesi occidentali dal post-covid: usciranno bene quelli come la Germania, che hanno una rete di protezione sociale, male quelli come la Gran Bretagna, con un’economia finanziarizzata. Noi assomigliamo di più alla Germania.
Lei vede manovre dei cosiddetti poteri forti per gestire i fondi?
Non so. Nel mio attuale status vedo solo la scena. E mi pare una situazione più lineare di quanto sembra, con il ritorno della destra e della sinistra.
A proposito della centralità
dell’italia, la Von der Leyen ha fatto un discorso importante.
Mi ha molto stupito. Non mi aspettavo tanta determinazione. Finalmente è arrivata una apertura sui migranti e sul cambiamento del Trattato di Berlino, in nome del fatto che il salvataggio in mare non si discute. Si rompe un tabù. E poi è molto importante l’aper tura all’europa della Salute: la Ue non ha competenze in materia sanitaria per colpa della Gran Bretagna. Ora con la pandemia hanno capito tutti che l’approccio britannico non funziona. Nel 2020, con gli inglesi che se ne sono andati e l’italia che è rientrata, nasce l’europa sociale di Prodi e di Delors.
Goffredo Bettini sostiene che è finita la vocazione maggioritaria del Pd. Va bene un partito del 20%?
Sono molto pragmatico: fai con i voti che prendi. Il Pd ha subito tre scissioni e resta l’architrave del sistema. La pazienza di Zingaretti la considero una qualità, non un difetto. Ho molto apprezzato il discorso di Modena.
Voto utile compreso?
Domani chiudo la campagna elettorale a Cascina, in provincia di Pisa, il paese della Ceccardi. Emi sento di fare un appello ai Cinque Stelle, per la mia Regione. Perché la Toscana è il brand italiano più riconosciuto nel mondo, è la madre di tutte le battaglie. Martedì prossimo se il candidato M5S avrà preso il 5, il 10 o il 15, se lo saranno dimenticato tutti. Ma se Salvini vincerà, ci saranno danni per tutti.
Vede un futuro di Conte come leader del centrosinistra?
Aiutiamolo a fare quel che deve fare ora. Non credo si voti a breve. Come ha detto lui, verrà giudicato dal Recovery fund.
Adesso torno a fare comizi: contro la Lega vado nella mia Toscana