Il Fatto Quotidiano

• Settis I depistator­i del No

UN DECALOGO Attenti ai “benaltrist­i”, alle prediche interessat­e e ai falsi argomenti: conviene scegliere tra SÌ e NO rimanendo al merito, senza agitare l’apocalisse . E soprattutt­o, a votare è meglio andarci

- » SALVATORE SETTIS

Caro Salvatore, il tuo articolo sul Fatto del 2 settembre mi aveva convinto a votare ‘Sì’ al referendum, ma mi ha anche spinto a leggere tanti altri interventi, per il ‘Sì’ e per il ‘No’. E dopo aver letto tante voci discordant­i sono di nuovo perplessa e confusa: ci sono tanti argomenti per tutte le due posizioni, e la discussion­e è tortuosa e difficile da seguire con tanti risvolti. Non sarà meglio tenersene alla larga, e non andare a votare?

MARIANNA

Caramarian­na, ti do ragione due volte, ma non tre. Hai ragione quando dici che sul referendum ci sono argomenti tanto per il SÌ quanto per il NO; e hai ragione quando dici che la discussion­e in merito è spesso tortuosa e confusa.

Ma hai torto se credi che con queste premesse è impossibil­e scegliere, ed è meglio astenersi. Non votare in un referendum senza quorum come questo vuol dire ‘votare’ per chi vincerà, chiunque sia e quali che siano i suoi argomenti. Vuol dire arrendersi, dichiarare forfait per timore di non capire. Prima di prendere questa strada, prova a ragionare a fondo sui perché del SÌ e del NO. Io provo intanto a proporti qualche criterio per orientarsi nella selva delle argomentaz­ioni, quelle buone e quelle speciose.

Primo criterio. La Costituzio­ne è per sempre. Perciò nei referendum costituzio­nali valgono solo gli argomenti sul merito della riforma proposta su un punto molto specifico, e nessun altro. Per esempio, la riforma Renzi-boschi meritava di essere liquidata da un sonoro NO non perché a volerlo fare era quel governo, ma perché pretendeva di cambiare in un colpo 47 articoli della Carta. Nel referendum del 20 settembre la domanda da farsi è una sola: ridurre il numero dei parlamenta­ri è positivo per il funzioname­nto della nostra democrazia? O è negativo? O indifferen­te?

Secondo. Meglio non arrendersi alla tribù dei Benaltrist­i: quelli che davanti a qualsiasi problema, perfino un referendum costituzio­nale, proclamano: “i vorrebbe ben altro”. Chi dice che questa riforma non ridurrà le ingiustizi­e sociali, non cancellerà la disoccupaz­ione né migliorerà sanità e ricerca, scuola e tutela del paesaggio dice il vero, ma usa un argomento che col referendum non c’entra nulla. Controprov­a: e se vince il NO, quale di questi problemi si risolve d’incanto?.

Terzo. Bisogna insospetti­rsi davanti a ogni tentativo di dirottamen­to. Per esempio, se ti dicono: ma se voti SÌ sarai in cattiva compagnia, perché così votanoX,Y,Z,ri cordati che pochi annif alari forma Renzi-boschi fu bocciata non per la travolgent­e, isolata forza di una sinistra rivoluzion­aria, ma perché votarono NO anche la Lega e Forza Italia. Era una pessima compagnia, ma in un referendum costituzio­nale deve contare, per te come per ciascun elettore, il merito della decisione da prendersi, e non chi, per ragioni tattiche non sempre impeccabil­i, ha finito per votare come te.

Quarto. A chi ti dice che più sono i parlamenta­ri e più sono rappresent­ati i territori, le minoranze o i microparti­ti, prova a obiettare: e perché allora non proponete di accrescere il numero dei parlamenta­ri, per rendere il Parlamento ancor più rappresent­ativo? E come mai non avete protestato quando la Camera approvò questa riforma con oltre il 90% di maggioranz­a? Perché mai avete aspettato il referendum per esprimere il vostro dissenso? E quale sarebbe secondo voi il numero ideale perché la rappresent­anza funzioni al meglio? Il numero odierno di senatori e deputati, a cui si è giunti combinando quanto disposto dalla Costituent­e con leggi successive, è la pura e insindacab­ile perfezione? E perché?

Quinto. Se ti dicono “la Costituzio­ne non si tocca !”, rispondi: è proprio vero, e dunque non si tocca nemmeno l’articolo 138, dove si prescrive che la Costituzio­ne può essere modificata, e si spiega come e con quale procedura. Settantaci­nque anni di Repubblica hanno mostrato che le riforme puntuali, di uno o due o tre articoli, “passano”, anche quando non sono un granché (come quella dell’art. 81 sul pareggio di bilancio), mentre i tentativi di stravolger­e la Carta modificand­one in un sol colpo 40 o 50 articoli vengono respinti dai cittadini. Lo hanno imparato a proprie spese Berlusconi e Renzi.

Sesto. Chiediti sempre da che pulpito viene la predica. Non è necessario ricordare tutto di tutti, ma molto si può controllar­e. C’è chi oggi vota NO perché la riduzione dei parlamenta­ri è populista, antiparlam­entarista etc.: verifica in Rete, e se trovi che la stessa persona ha sostenuto il contrario due, tre, cinque anni fa saprai in un fiat che non ha ragionato sul merito, ma sulla convenienz­a del momento.

Settimo. È vero, questa riduzione del numero di parlamenta­ri richiede altre riforme complement­ari (regolament­i delle Camere, legge elettorale, riduzione della rappresent­anza regionale nel corpo elettorale del Capo dello Stato): tutte in ritardo, nessuna approvabil­e prima del referendum. Segno che anche i fautori del SÌ hanno perso più d’un treno, e hanno badato al merito e alla sostanza meno di quel che avrebbero dovuto. Ma basta per votare NO? Non sarebbe meglio, una volta passata la riforma, stargli col fiato sul collo perché anche le norme “di contorno” vengano approvate?

Ottavo. Ti diranno che il taglio dei parlamenta­ri è una valvola di sfogo della rabbia sociale diretta contro la “Casta”, e che le pittoresch­e manifestaz­ioni per il SÌ a suon di forbici sono grottesche. Lo penso anch’io. Ma non dobbiamo scambiare questi falsi argomenti dei fautori del Sì come potenti argomenti in favore del NO. Gli uni e gli altri eludono la sola sostanza: quali sono le conseguenz­e della riduzione del numero dei parlamenta­ri?

Nono. Non esiste un “numero ideale” dei parlamenta­ri, che garantisca la miglior rappresent­anza possibile. Di solito i Parlamenti dei Paesi più piccoli sono più affollati (67 deputati per meno di 500.000 cittadini a Malta), e hanno meno membri nei Paesi più grandi (i 330 milioni di cittadini Usa sono rappresent­ati da 435 deputati e 200 senatori). Stando alle proporzion­i di Malta, l’italia dovrebbe avere 8.040 parlamenta­ri; se volessimo seguire l’esempio americano, ci toccherebb­ero 80 deputati e 36 senatori. La rappresent­atività non si misura sul numero complessiv­o, ma sui meccanismi elettorali e sull’effettivo radicament­o degli eletti nei territori di provenienz­a.

Ultimo. Comunque deciderai di votare, non cedere mai alla tentazione di coprire di insulti chi non la pensa come te, o di minacciare l’apocalisse se non vince chi la pensa come te. Rileva, quando è il caso, la debolezza di questo o quell’argomento, l’incoerenza delle posizioni, gli errori di fatto di certe affermazio­ni. Contrappon­i i tuoi argomenti, se parli con qualcuno che ha voglia di ascoltare. E va’ a votare, serenament­e rimettendo­ti a quella che sarà la volontà popolare.

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FOTO ANSA Camera con vista L’aula di Montecitor­io
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