Il Fatto Quotidiano

FEDE, ECONOMIA E CARITÀ Il sì di Merkel ai migranti

- » Uski Audino

Germania La spinta ad accogliere 1.553 profughi da Lesbo viene dalla Chiesa, dalle Ong e dalle aziende: “Sono integrati e motivati”

Bambini ritratti mentre dormono sotto il filo spinato con coperte di fortuna, altri che fissano l’obiettivo con sguardo di rimprovero.

Sono queste le immagini che dominano l’informazio­ne e la stampa tedesca dal 9 settembre, giorno dell’incendio nel centro di accoglienz­a per migranti di Moria sull’i s ol a greca di Lesbo.

Martedì scorso è arrivato, attesissim­o, l’annuncio del governo Merkel: saranno accolti in Germania 1.553 migranti riconosciu­ti come titolari di protezione internazio­nale dai campi di accoglienz­a nelle isole greche.

SI TRATTA DI 408

famiglie con bambini già sottoposte alla procedura di asilo, a cui si sommano i 153 minori non accompagna­ti, annunciati la settimana scorsa nell’ambito dell’accoglienz­a di 400 minori in 10 paesi europei e gli ulteriori 53 minori non accompagna­ti di Moria annunciati dal ministro dell’interno Horst Seehofer. A distanza di 5 anni, stavolta dietro all’accordo si schierano quasi tutti: conservato­ri, socialdemo­cratici e i verdi all’opposizion­e. Un effetto emotivo lampo o la crescita di un movimento di opinione? Di certo l’incendio e la diffusione del Covid-19 nel campo di Lesbo hanno potenziato il senso di vergogna per una situazione estrema alla periferia d’europa. Negli ultimi giorni le offerte di disponibil­ità si sono moltiplica­te: 10 sindaci di importanti comuni tedeschi hanno firmato una lettera aperta per chiedere al governo di accogliere i disperati di Moria. Il candidato alla presidenza della Cdu, Norbert Roettgen, si è fatto promotore di un’altra lettera al ministro degli Interni, firmata da 16 deputati dell’unione Cdu-csu per accogliern­e 5.000 e prima di lui oltre 60 comuni avevano offerto aiuto. Perfino l’amministra­tore delegato di Siemens, Joe Kaesar, ha twittato per dire che la reazione a Moria è una questione di umanità.

Potrebbe sembrarlo, ma non è un’isteria collettiva del momento. Il campo di Moria a Lesbo non è mai scomparso dai radar dell ’opinione pubblica tedesca da quando, a settembre 2019, persero la vita una madre e un bambino durante l’incendio di un container. Da allora, passeggian­do per le vie di Kreuzberg a Berlino, è normale vedere striscioni alle finestre con le scritta “evac uare Moria subito”.

Non è un mistero che la questione sia sensibile per l’associazio­ne delle chiese evangelich­e così come per le associazio­ni non governativ­e impegnate nell’assistenza ai migranti, come Pro-asyl, o quelle attive nei salvataggi in mare, come la nuova rete che mette insieme Ong e chiese, “Salvare insieme”. Ma nei mesi si è creato un movimento di opinione.

L’associazio­ne delle città e delle comunità tedesche, il Dbb, si è fatto avanti. Sono migliaia i posti liberi nei centri di accoglienz­a: “In tante città ci sono posti liberi perché i migranti del 2015 nel frattempo abitano in appartamen­ti regolari o non sono più in Germania”, ha detto a Rbb il presidente Ulrich Silberbach. Anche dal mondo dell’economia sono emerse voci a favore: prendere rifugiati “ha senso sia da un punto di vista umanitario che dal punto di vista dell’interesse economico”, dice il responsabi­le dell’azienda di surgelati Frosta, ricordando l’ottima esperienza con i rifugiati “che senza eccezioni si sono tutti bene integrati e sono molto motivati”, riporta Handelsbla­tt .

GIÀ A GIUGNO

il ministro degli Interni tedesco aveva annunciato di accogliere dalle isole greche 243 bambini malati insieme alle famiglie, per un totale di circa 1.000 persone. Solo dalla Grecia quest’anno ne arriverann­o 2.750 e altri è si è disposti ad accogliern­e, purché in una cornice europea di redistribu­zione, fa sapere il portavoce del governo. Ma su questo punto anche Angela Merkel potrebbe gettare la spugna: “La Ue non ha proprio una politica migratoria” ha ammesso, ormai liberata dalla ghigliotti­na elettorale e unchainedc­ome Djan

go . La situazione a Moria “era nota a tutti e da tempo” e con questa misura “non dobbiamo risvegliar­e l’illusione che il problema sia risolto” avrebbe detto alla riunione del gruppo parlamenta­re. Troppe le differenze tra i duri dei Paesi di Visegrad, capitanati dal premier austriaco Sebastian Kurz, e gli altri. Il duello Merkel-kurz sui migranti sembra la vera replica della crisi del 2015. Perchè la linea dell’accoglienz­a, quella del tanto sbeffeggia­to “ce la possiamo fare”, Merkel non l’ha mai rinnegata. E se non ha fatto tanti proseliti in Europa, almeno a casa, i tedeschi sembrano seguirla.

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I migranti evacuati dal campo andato a fuoco a Lesbo
FOTO LAPRESSE Da Moria a Berlino I migranti evacuati dal campo andato a fuoco a Lesbo

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