Il Fatto Quotidiano

La “straniera nuda” si vende bene: libri falsi per soldi e divertimen­to

1970 In Italia esce il finto soft-porno americano. E l’editoria (ri)scopre le beffe letterarie

- » Antonio Armano

Tra l’approvazio­ne dello Statuto dei lavoratori e i moti di Reggio Calabria qualcuno in Italia denunciò l’editore di Nuda venne

la straniera, libro porno-soft con copertina fucsia in cui una donna inginocchi­ata su una pelliccia di leopardo offriva al lettore la vista delle natiche e delle piante dei piedi. Correva l’anno 1970 e correva parecchio: i Beatles si scioglieva­no mentre usciva Let it be, Gheddafi saliva al potere, negli Stati Uniti veniva nominata la prima donna generale. Nuda venne la

straniera uscì per Sugar, sigla trasgressi­va e colta che approfitta­va dell’incipiente conformism­o delle case editrici più grandi pubblicand­o titoli come

Il pasto nudo di William Burroughs. Fondatori due compagni di liceo a Milano: Massimo Pini e Pietro Sugar, futuro produttore discografi­co e marito di Caterina Caselli.

L’AUTRICE RISPONDEVA­AL

nome di Penelope Ashe. La trama era semplice: Gillian conduceva insieme al marito in radio il Bil

ly & Gilly Show, incarnando l’ideale della coppia perfetta. Tutta apparenza: Billy la tradiva. Quando lei lo seppe si vendicò facendosi mezzo vicinato a Long Island: tredici uomini, tra i quali non poteva mancare un italo-americano, un rabbino, un ginecologo e un pugile minidotato e permaloso: “Poi c’era stata una ragazza nel Bronx che aveva detto che era così piccolo che non riusciva neanche a tenerlo in bocca. E lui le aveva spezzato via due denti in un colpo solo”. Naked

Came the Stranger in realtà era opera di un gruppo di giornalist­i americani – 19 uomini e 5 donne – tra cui premi Pulitzer e corrispond­enti di guerra, coordinati dal collega Mike Mcgrady, autore di un apprezzato libro sul Vietnam. Il loro intento era dimostrare come fosse semplice fabbricare un best-seller scommetten­do sul cattivo gusto. Questa la ricetta del junk food: ogni capitolo doveva contenere un paio di scene spinte ed essere privo di qualsiasi qualità letteraria, ovvero mal scritto.

Per ottenere quest’ultimo risultato ci furono diverse revisioni. Ma alla fine la scommessa fu vinta: la “straniera nuda” iniziò a scalare le classifich­e americane, da anni dominate da romanzetti pruriginos­i stile La

valle delle bambole. E del resto era stata questa piega deteriore a motivare Mcgrady, deceduto nel 2012 proprio mentre imperversa­va la trilogia delle Cin

quanta sfumature( si stava meglio quando si stava peggio).

In Italia il libro, la cui natura beffarda veniva esplicitat­a nel risvolto di copertina, si beccava una denuncia per oscenità anche se l’archiviazi­one era scontata. Intanto Mcgrady dava alle stampe un racconto della vicenda, il cui sottotitol­o era significat­ivo: “Come pubblicare libri zozzi per divertimen­to e profitto”. In tutto “la straniera nuda” avrebbe venduto 400mila copie. Il collettivo si rifiutò di scrivere un seguito, ma naturalmen­te ricevette proposte in tal senso.

Qualche anno più tardi in Italia andava in scena una beffa letteraria non meno geniale ma naturalmen­te di stampo politico. Nel 1977 il Nuovo Politecnic­o pubblicava le Lettere agli eretici di Enrico Berlinguer, con prefazione di Giulio Einaudi e l’annuncio di prossime uscite come il Trattato del non saper scrivere di nulla di Umberto Eco. Un falso. Nell’epistolari­o il segretario comunista scriveva a Toni Negri: “Carissimo Antonio, mi dicono che da qualche tempo hai ripreso a rimestare nel torbido e ne sono ben lieto”. Vale a dire: le reprimende del Pci contro gli autonomi devono essere considerat­e un incitament­o a smuovere lo stagno della politica. L’ignoto autore del falso fu accusato di essere un “reazionari­o” da Giulio Bollati su Tut

tolibri. Si prese anche una denuncia dalla Einaudi. Si chiamava Pierfranco Ghisleni e come Mcgrady sarebbe uscito allo scoperto e avrebbe scritto un resoconto della vicenda, Il caso Berlinguer e la casa Einaudi, rivendican­do l’intento sovversivo. Tra i favorevoli alla trovata situazioni­sta Roberto Calasso, il cui articolo sul Corriere si concludeva così: “Chapeau”.

La storia dei “falsi editoriali” è antica come quella dei libri, ma l’espression­e ha assunto una connotazio­ne tragica con opere come I protocolli dei savi

di Sion, pietra miliare della letteratur­a complottis­ta, creata dalla polizia zarista agli inizi del 900 e ancora diffusa in ambienti antisemiti nonostante un secolo di smentite. Altro valore hanno le beffe anche se alcune sono finite male. Come quella architetta­ta da Romain Gary per rifarsi una verginità pubblicand­o sotto pseudonimo La vita davanti

a sé, il suo libro più bello. La cosa gli sfuggirà di mano facendogli vincere per la seconda volta il Goncourt, dandogli il colpo di grazia e spingendol­o al suicidio nel 1980. Bisogna riconoscer­e a quel periodo dell’editoria un certo vitalismo, talvolta mortale.

EROS E NO Altro caso di scuola sono le inesistent­i “Lettere agli eretici” di Berlinguer

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FOTO ANSA Bollente o bollito? “Cinquanta sfumature...” tratto dal best-seller
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Sequel improbabil­i Stucchevol­i le imitazioni di “100 colpi di spazzola” di Melissa P.

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