Il Fatto Quotidiano

Addio al miglior Gesù della storia (e di Pasolini )

Aveva 76 anni, ed è morto a Barcellona. Antifranch­ista accettò il ruolo nel “Vangelo secondo Matteo” solo per finanziare la lotta

- » Federico Pontiggia

Addio a Enrique Irazoqui, per tutti – ma non per lui – il Cristo del Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini. Aveva 76 anni, è morto in un ospedale di Barcellona.

Il ruolo di Gesù nel classico del 1964 fu quello di una vita, e non fu facile ottenerlo: non da parte sua, ma di Pasolini, che era rimasto colpito dalla bellezza antica, ammonitori­a e spigolosa del giovane spagnolo. Nato il 5 luglio 1944 nel capoluogo catalano da una famiglia borghese, professo ateo e indefesso comunista, Enrique non era interessat­o, la sua missione politica lo portava altrove, nondimeno il cachet era allettante e scese a compromess­o. La trattativa economica fu condotta dal produttore Alfredo Bini per il film e dalla madre italiana – natali a Salò – per Enrique, sicché Pier Paolo ebbe il suo Gesù eterodosso, Irazoqui un signor stipendio con cui avrebbe finanziato il movimento clandestin­o antifranch­ista e l’appoggio ad hoc del regista. Era stato il sindacato universita­rio di Barcellona a finanziarg­li il viaggio in Italia nel febbraio del 1964, con l’obiettivo di avvicinare e convincere i nostri intellettu­ali, quali Pietro Nenni, Giorgio Bassani, Elsa Morante e appunto PPP, a sostenere l’opposizion­e a Franco tenendo conferenze negli atenei spagnoli. Ne viene quel film indimentic­ato e indimentic­abile, il bianco e nero che sfronda il devozionis­mo, i riferiment­i pittorici e musicali ( Mozart, Bach, Prokofiev, gospel), il décor antropolog­ico incistato tra i sassi di Matera e avvinghiat­o al nostro Sud, il Cristo gramsciano, Irazoqui che sulla croce dà, letteralme­nte, i numeri, consapevol­e che poco importa, tanto verrà doppiato da Enrico Maria Salerno. Il Leone d’argento - Gran Premio della giuria e il riconoscim­ento dei cattolici dell’ocic alla XXV Mostra di Venezia, il successivo plauso di Martin Scorsese, “è il miglior film su Cristo”, e l’imprimatur tardivo dell’osservator­e Romano, “il più bel film su Gesù di tutti i tempi”, eppure, Enrique non se ne fa un vanto, anzi, professa scetticism­o, non si rivede, non lo rivede. Distanziam­ento ideologico, certo, ma anche la volontà di non farsi imbrigliar­e, di non ridursi a santino, ovvero a immagine e somiglianz­a di quel Cristo, cui per tutta la vita si sforzerà di negare l’e xp li ci t deciso da Pasolini: “Ed ecco, io sono con voi per sempre, fino alla fine del mondo”. Un Cristo che per i parametri della Spagna franchista è anticonfor­mista e rivoluzion­ario, e al rientro in patria vale al suo interprete qualche noia con l’autorità. Ma il cinema sarà presto una terra straniera per Irazoqui: si sposta dapprima a Parigi, dove si laurea in Economia, poi dopo una carriera da manager subitaneam­ente abortita si trasferisc­e negli Stati Uniti, dove ne consegue un’altra in Letteratur­a spagnola e inizia a insegnare. Fil rouge la passione, e quasi la profession­e, per gli scacchi: eccelle, batte un vecchio campione quale Marcel Duchamp e infiniti computer, contribuen­do ad affinare e sviluppare lo scacchismo informatic­o. Un film per caso, una vita per i pezzi, tre mogli e tre figli, forse Enrique Irazoqui non è stato, come piace dire agli americani di attori e artisti, larger than life, ma ha saputo costruirsi un fuoricampo pieno e libero: no, nemmeno Pasolini e Cristo gli hanno dato scacco matto.

@ fpontiggia­1

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Enrique Irazoqui
FOTO AGF Protagonis­ta Enrique Irazoqui
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FOTO ANSA Scrittrice Veronica Tomassini è l’autrice anche di “Sangue di cane”

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