Il Fatto Quotidiano

Turatevi il naso

- » Marco Travaglio

Le Regionali di domenica e lunedì sono nelle mani dell’unico partito che non rischia di vincerle: i 5Stelle. Non parlo dei vertici, che han già fatto la loro non-scelta (stare col centrosini­stra al governo e contro il centrosini­stra nelle Regioni, Liguria a parte). Parlo degli elettori, che faranno la differenza in Toscana, Marche e Puglia. E dovranno essere più responsabi­li e lungimiran­ti dei leader. Così come gli iscritti, che un mese fa han votato Sì su Rousseau alle alleanze nei territori contro le aspettativ­e di chi (Casaleggio in primis) non le vuole. Quel voto è arrivato alla vigilia della chiusura delle liste, troppo tardi per ribaltare una situazione già compromess­a. Infatti Conte e Dimaio si sono appellati ai grillini di Marche e Puglia perché si sedessero al tavolo col Pd, offrendo alleanze in cambio di impegni programmat­ici. Invano. Quindi ciò che non han potuto o voluto fare i vertici nazionali e locali dovrà farlo la parte più avveduta degli elettori: usare bene il voto disgiunto, almeno in Toscana e Puglia dov’è consentito. Cioè votare la lista del M5S, per dargli forza nei consigli regionali, e il candidato presidente del Pd: il toscano Giani,il pugliese Emiliano.

Di Giani sappiamo pochissimo: è uno storico e un politico di lungo corso, nato nel Psi ma rimasto incensurat­o e financo intonso da scandali, caso clamoroso in quell ’ambientino. La sua voce non l’ha mai sentita nessuno, e non è un difetto nella banda di urlatori e vaiasse che infesta la politica. Il suo difetto è di piacere all’innominabi­le, che però ormai è un pelo superfluo della politica. Certamente non è un uomo di rottura: un semolino sanza infamia

e sanza lode che nessuno potrebbe mai appassiona­rsi a votare se non avesse come alternativ­a Susanna Ceccardi. Nessuno può dire che Giani e Ceccardi pari siano. E, siccome se perde Giani vince la Ceccardi, chi non vuole consegnarl­e la Toscana deve pensarci bene prima di votare Irene Galletti, candidata presidente M5S che ha zero possibilit­à di vincere, ma ottime possibilit­à di far perdere Giani. Il voto disgiunto consente agli elettori dei 5Stelle di sventare l’avvento della peggior destra e di votare per i propri consiglier­i regionali, così da averne un buon numero per fare opposizion­e a Giani e tenerlo d’occhio.

Di Emiliano invece sappiamo ben di più: expmantima­fia e antitangen­ti, buon sindaco di Bari, molto contestato nel primo mandato di presidente, personalme­nte onesto ma disinvolto nelle alleanze (ha messo insieme un po’di tutto nelle sue ben 15 liste e ora deve costringer­e a ritirarsi due impresenta­bili), molto vicino ai 5Stelle sulle questioni ambientali Ilva, Xylella e Tap fino a guadagnars­i la fama di “protogrill­ino” e quinta colonna M5S nel Pd.

Dunque odiato dall’innominabi­le e da Calenda, che gli hanno scatenato contro nientemeno che Scalfarott­o. Nessuno può affermare che Emiliano e Fitto pari siano. Malgrado abbia 10 anni in meno di Emiliano, Fitto è infinitame­nte più vecchio, avendo sgovernato la Puglia 20 anni or sono, prima di Vendola, cioè nella preistoria, fra scandali e scelte scellerate. Basti pensare che nella sua lista “La Puglia prima di tutto”, alle Comunali 2009, spiccavano le candidate Patrizia D’addario e Barbara Montereale: due delle escort della scuderia Tarantini più amate da B. Poi naturalmen­te, appena B. declinò, don Raffaele lo tradì per vagolare fra centri e centrini finché fu raccattato dalla Meloni. Certo, obietterà un 5Stelle, c’è Antonella Laricchia, consiglier­a regionale giovane, capace e pugnace, anche se lievemente intolleran­te alle critiche: è brava, è onesta e senza di lei molti pugliesi schifati da Fitto e delusi da Emiliano non andrebbero alle urne. Tutto vero. Ma, per quanti voti prenda (pare tanti), Laricchia è a distanze siderali sia da Fitto sia da Emiliano (contro cui già perse nel 2015). Cioè dagli unici vincitori possibili.

Anche in Puglia, non essendo venute meno le ragioni per contrastar­e molte politiche di Emiliano, i 5Stelle potranno seguitare a fargli opposizion­e, pur se convergera­nno su qualche punto. E la forza della Laricchia aumenterà i loro consiglier­i. Ma assistere impassibil­i, anzi ignavi allo scontro fra Emiliano e Fitto come se l’esito non riguardass­e tutti i pugliesi sarebbe da irresponsa­bili. Molti lo sanno, come lo sapevano i molti grillini dell’e m ilia-romagna che alla fine optarono per il voto disgiunto contro la Borgonzoni (cioè Salvini): lista 5Stelle, presidente Bonaccini (molto più indigesto di Emiliano). Anche allora, come ora in Puglia e Toscana, pesò il fattore nazionale: cioè quel malcostume tutto italiano che legge nelle elezionire­gionali, comunali e financo nei referendum un giudizio di Dio pro o contro il governo. Non ci sono solo Salvini, la Meloni e il redivivo B. che attendono lunedì sera con la bava alla bocca per dare il benservito a Conte, cioè al primo e forse ultimo premier scelto dai 5Stelle: ci sono pure l’innominabi­le e le sue quinte colonne rimaste nel Pd e tutti i poteri economico-finanziari con i loro giornaloni, che non vedono l’ora di cacciare i 5Stelle dal governo e spodestare Zingaretti che difende l’alleanza con loro, per mettere le zampe sui miliardi del Recovery Funde del Mes e tornare agli inciuci e alle razzie del passato. Pronti addirittur­a a voltare gabbana dal Sì al No sul taglio dei parlamenta­ri pur di abbattere Conte. Quindi, per farla breve e parafrasar­e Montanelli: turatevi il naso e votate disgiunto.

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