Il Fatto Quotidiano

Van Gogh, Eschilo a Roma Nord e i segreti di Bloom

- » Federico Pontiggia @ fpontiggia­1

Ache cosa servono, o dovrebbero servire, i festival se non a scovare qualcosa di nuovo, originale, perfino sorprenden­te? Nel caso de Le Eumenidi la Festa del Cinema di Roma ha fatto egregiamen­te il proprio compito, e con più coraggio anziché in “Rifles si ” l’avrebbe messo nella Selezione Ufficiale. Piuttosto, ci chiediamo se a Venezia l’abbiano visto, perché Orizzonti sarebbe stata la sua destinazio­ne ideale.

ESORDIO al lungometra­ggio del cortista classe 1993 Gipo Fasano, in un’unica coltellata di settanta minuti mette in scena ai Parioli la terza tragedia dell’orestea, o meglio vi si ispira, chiedendo al protagonis­ta Valerio (Valerio Santucci, erede dell’omonima famiglia di ristorator­i romani, dal Caminetto in giù) di prestarsi a una autofictio­n estranea per fattura stilistica, ricadute poetiche e incagli ideologici al nostro cinema. Tutto in una notte fessa e bestemmian­te, tra amatrician­e estorte al Caminetto stesso, gelatino e gin da Ciampini, l’immancabil­e festa in zona Cassia e il dubbio non del delitto, ma del castigo: tra tutti i film italiani che abbiamo visto quest’anno, solo Luca Guadagnino con We Are Who We Are e Le Eumenidi hanno saputo dare dei giovani, meno o più stronzi che siano, una rappresent­azione non solo verosimile ma vera.

Qui molto si deve al cellulare, una camera che non c’è, che non paiono intendere Valerio e i suoi amici occasional­mente attori, Giammi, Mattè, Mattì: nonostante l’habitat e l’onomastica, tranquilli, i Vanzina non potrebbero essere più lontani. Bianco e nero esacerbato e lancinante, rapporto d’aspetto 2.37 a 1, Fasano ha studiato cinema alla Holden, senza farne una tara: il peregrinar­e tragicamen­te prosaico, il détourneme­nt prosastico di Valerio sembra strappato alle pagine di Bret Easton Ellis, Glamorama su tutti, o alle inquadratu­re di Abel Ferrara ( The Addiction), si avvertono Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci e l’eredità del nostro cinema anni Settanta nel voltaggio politico, nel sentire apocalitti­co qui però buttato in caciara, votato al gaming, che incornicia il film, e al pov ( point of view) di Roma Nord.

C’è almeno una scena instant cult: Valerio alla guida di una 500, Abarth si suppone, e i tre amici a bordo pippano coca utilizzand­o per pianale un cellulare al contempo tempestato dalle telefonate delle madre. Insomma, sempre pischelli sono, ma razza padrona, lontana dalle periferie di cui la produzione nostrana inzeppa gli schermi, e non solo quelli, da qualche lustro: un cambiament­o di censo, dai borgatari ai borghesi, che fa il paio con il mutamento di senso in scrittura, che dà potere all’ellissi, all ’ambiguità, al nonsense e accredita a Santucci bagliori notturni degni – gli piacerebbe – di un Vincent Gallo o un Mathieu Amalric.

Girato con novemila euro, sottratto alla realtà, concesso all ’ astrazione: che cosa si vuole di più da un’opera prima? Questa sera Le Eumenidi è in cartellone alla Festa, e che qualcuno lo distribuis­ca.

Ottima l’opera prima di Fasano, in cartellone alla Festa del Cinema

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