Van Gogh, Eschilo a Roma Nord e i segreti di Bloom
Ache cosa servono, o dovrebbero servire, i festival se non a scovare qualcosa di nuovo, originale, perfino sorprendente? Nel caso de Le Eumenidi la Festa del Cinema di Roma ha fatto egregiamente il proprio compito, e con più coraggio anziché in “Rifles si ” l’avrebbe messo nella Selezione Ufficiale. Piuttosto, ci chiediamo se a Venezia l’abbiano visto, perché Orizzonti sarebbe stata la sua destinazione ideale.
ESORDIO al lungometraggio del cortista classe 1993 Gipo Fasano, in un’unica coltellata di settanta minuti mette in scena ai Parioli la terza tragedia dell’orestea, o meglio vi si ispira, chiedendo al protagonista Valerio (Valerio Santucci, erede dell’omonima famiglia di ristoratori romani, dal Caminetto in giù) di prestarsi a una autofiction estranea per fattura stilistica, ricadute poetiche e incagli ideologici al nostro cinema. Tutto in una notte fessa e bestemmiante, tra amatriciane estorte al Caminetto stesso, gelatino e gin da Ciampini, l’immancabile festa in zona Cassia e il dubbio non del delitto, ma del castigo: tra tutti i film italiani che abbiamo visto quest’anno, solo Luca Guadagnino con We Are Who We Are e Le Eumenidi hanno saputo dare dei giovani, meno o più stronzi che siano, una rappresentazione non solo verosimile ma vera.
Qui molto si deve al cellulare, una camera che non c’è, che non paiono intendere Valerio e i suoi amici occasionalmente attori, Giammi, Mattè, Mattì: nonostante l’habitat e l’onomastica, tranquilli, i Vanzina non potrebbero essere più lontani. Bianco e nero esacerbato e lancinante, rapporto d’aspetto 2.37 a 1, Fasano ha studiato cinema alla Holden, senza farne una tara: il peregrinare tragicamente prosaico, il détournement prosastico di Valerio sembra strappato alle pagine di Bret Easton Ellis, Glamorama su tutti, o alle inquadrature di Abel Ferrara ( The Addiction), si avvertono Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci e l’eredità del nostro cinema anni Settanta nel voltaggio politico, nel sentire apocalittico qui però buttato in caciara, votato al gaming, che incornicia il film, e al pov ( point of view) di Roma Nord.
C’è almeno una scena instant cult: Valerio alla guida di una 500, Abarth si suppone, e i tre amici a bordo pippano coca utilizzando per pianale un cellulare al contempo tempestato dalle telefonate delle madre. Insomma, sempre pischelli sono, ma razza padrona, lontana dalle periferie di cui la produzione nostrana inzeppa gli schermi, e non solo quelli, da qualche lustro: un cambiamento di censo, dai borgatari ai borghesi, che fa il paio con il mutamento di senso in scrittura, che dà potere all’ellissi, all ’ambiguità, al nonsense e accredita a Santucci bagliori notturni degni – gli piacerebbe – di un Vincent Gallo o un Mathieu Amalric.
Girato con novemila euro, sottratto alla realtà, concesso all ’ astrazione: che cosa si vuole di più da un’opera prima? Questa sera Le Eumenidi è in cartellone alla Festa, e che qualcuno lo distribuisca.
Ottima l’opera prima di Fasano, in cartellone alla Festa del Cinema