• Valentini Il cast tv per Roma
ILSABATODELVILLAGGIO GIO
“La democrazia serve per scegliere le persone, ma se le persone non si fanno avanti che democrazia è?”
(da Annacuccù di Primo Di Nicola, Castelvecchi, 2020 – pag. 92) GILETTI IL TELEGLADIATORE È PASSATO DALL’“ARENA” SHOW A QUELLA POLITICA
Se un attore cinematografico come Ronald Reagan e un personaggio televisivo come Donald Trump sono assurti alla presidenza degli Stati Uniti d’america, e se un tycoon come Silvio Berlusconi è diventato presidente del Consiglio in Italia, perché il conduttore di un talk show come il giornalista Massimo Giletti non può fare il sindaco di Roma per conto del centrodestra? È facile rispondere: perché non ha né la competenza né l’esperienza per assumere un tale incarico. E quanto alla capacità, tutta semmai da verificare, deriva direttamente dai primi due fattori.
GILETTI NON È ROMANO. Non è mai stato né assessore né consigliere comunale. Non ha fatto alcuna“gavetta” in un partito o in un movimento politico. Non ha svolto alcun incarico pubblico di carattere amministrativo. E non si può dire neppure che sia un “tecnico”. Politicamente parlando, è un parvenu, cioè un personaggio che s’ è“arricchito” sul piano mediatico facendo l’ imbonitore televisivo, l’ arruffapopolo, l’influencer.
Quale migliore curriculum, dunque, per dirigere il Campidoglio? Per guidare il Caput Mundi ? Per gestire la più grande azienda di Roma, con un esercito di oltre 23 mila dipendenti? E aggiungiamo pure, un bilancio con 20,8 miliardi di entrate e 18,6 di spese (2019); un debito “nuovo” di circa 3,5 miliardi accumulato dal 2009 in poi che si aggiungono ai 12 miliardi di debito “storico” affidato a suo tempo dal governo Berlusconi alla gestione commissariale.
Non sorprende più di tanto che nella coalizione-azienda di Sua Emittenza, affetta da un vizio congenito di tipo ereditario, qualcuno abbia pensato a un conduttore televisivo per allestire uno “spettacolo” quotidiano di queste dimensioni. Come se Giletti, con una media di circa un milione di spettatori della sua trasmissione settimanale Non è l’arena (La7), potesse offrire garanzie per governare una metropoli di 2,8 milioni di abitanti che ogni giorno si muovono, vanno al lavoro e a scuola, prendono i mezzi pubblici, scaricano i rifiuti dentro o fuori i cassonetti. E respirano l’aria che respirano.
“E lei vorrebbe fare il sindaco ?”, gli ha chiesto provocatoriamente domenica scorsa, nella puntata sullo scandalo di Mafia Capitale, l’ex re delle cooperative romane, Salvatore Buzzi, condannato a 18 anni in appello per corruzione. Lui ha esitato qualche secondo prima di rispondere e poi ha ammesso candidamente: “Già avevo dei dubbi, dopo questa sera si sono moltiplicati”. Nello stesso studio, il magistrato Alfonso Sabella – ex assessore nella giunta di Virginia Raggi – ha rincarato impietosamente la dose: “A Roma c’erano più organizzazioni che hanno piegato interessi pubblici a interessi privati. I funzionari spesso sono corrotti o incapaci”.
Povero Giletti! Già assurto agli onori del gossip per una con la europarlamentare del Pd Alessandra Moretti, il telegladiatore è passato improvvisamente dall’arena mediatica a quella politica, insieme agli altri ipotetici candidati del centrodestra alla guida della Città eterna insieme a Vittorio Sgarbi e Nicola Porro: quasi che la popolarità acquisita attraverso la tv possa garantire di per sé un’affidabilità amministrativa. E soprattutto, poveri cittadini romani che rischiano di trovarsi davanti a un cast televisivo piuttosto che a una lista elettorale.