Napoli e le scuole chiuse: “Molti più abbandoni così”
Chiudere le scuole a Napoli non significa solo gettare nel caos padri, madri e famiglie che non riescono a riorganizzare vite e lavoro, e che sono andati a protestare per il secondo giorno consecutivo sotto la sede della Regione insieme agli autisti degli autobus. Significa – e forse questo il governatore Vincenzo De Luca non lo sa – aggravare i numeri della dispersione scolastica, in quartieri dove questi indici erano già altissimi prima della pandemia da Covid- 19. Lo spiega impietosamente Cesare Moreno, maestro di strada nelle periferie di Napoli est: “Se prima dellock down seguivamo
50 ragazzini a rischio abbandono, ora sono saliti a 200”. Lo conferma Marianna Guaccio, insegnante di latino al liceo scientifico "Elsa Morante" di Scampia: “Da marzo in poi con la Dad su 20 alunni ne ho persi sei, figli di gente perbene ma povera, senza pc e connessioni adeguate. Prima venivano, magari senza il libro, ma venivano”. E ora? “Pascolano nei cortili dei parchi, senza controllo. Con le ragazzine di 16 anni che aspettano il principe azzurro che le metta incinte…”.
Isaia Sales, saggista e studioso dei fenomeni camorristici, censura senza mezze misure le ordinanze deluchiane: “Chiudere le scuole dovrebbe essere una extrema ratio. E in Campania è un doppio errore: perché qui la scuola per un ragazzino è l’unico luogo di formazione e tutela dai rischi della strada e dalle lusinghe della criminalità organizzata, e ogni ora persa viene pagata a caro prezzo. Prima di scrivere un’ordinanza del genere bisognava pensarci mille volte”. De Luca sostiene di averlo fatto. “Ma è solo l’ennesima decisione presa per oscurare le sue enormi responsabilità nell’impreparazione del sistema sanitario e dei trasporti di fronte a un’eventuale recrudescenza della pandemia – ribatte Sales – ossia è lo stesso film visto a marzo e aprile: De Luca investe sulla paura e sulla colpevolizzazione dei cittadini, prima ha impaurito poi ha rassicurato solo in funzione della sua campagna elettorale, poi la realtà del boom di contagi ha preso il sopravvento”.
Moreno non trattiene lo sconforto: “Con le scuole chiuse ragazzi già emarginati subiranno emarginazioni ulteriori. Avevamo provato a recuperarli quest’estate organizzando attività negli spazi esterni di una ex scuola a Ponticelli, seguendo le norme, distanziando. E ora arriva questa mazzata per tanti insegnanti che si erano organizzati per tenere gli alunni in sicurezza. Passa di nuovo il messaggio che i cittadini non sono in grado di occuparsi di se stessi e ci vuole l’uomo solo al comando, che emette decreti privi di qualsiasi riferimento scientifico. Basta vedere come gli viene la schiuma alla bocca quando dice le cose che dice, deve esserci qualcosa di patologico…”. Maestro, la prego… “Mi chiedo: ma ora i ragazzini dove stanno? Non era meglio lasciarli in un luogo dove c’era un controllo”?
DA ISAIA SALES A CESARE MORENO “ORA IL RISCHIO ABBANDONO È QUADRUPLICATO”
A chi magnifica le qualità della didattica a distanza, risponde la professoressa Guaccio raccontando la sua esperienza di mamma di una bambina di 6 anni. “Ha fatto la primina e a marzo è entrata in Dad come tutti. L’ha fatta tutti i giorni, con dei bravi maestri. Eppure non sa né leggere né scri vere”. Conclusioni? “La Dad è un disastro”.
Eugenia Carfora è la preside della scuola Morano, avamposto di cultura e legalità nel buco nero del parco verde di Caivano. “Sul marciapiede di fronte vedo il furgoncino dei panini con l’autista senza mascherina. I ragazzini li comprano, li mangiano. Le stesse situazioni di sempre. Chi dice che la scuola è pericolosa perché crea assembramenti e traffico mi fa sentire povera. Stiamo svuotando le menti. Non moriremo di virus, ma di ignoranza e di mancanza di visione”. Possiamo ancora salvarci? “Solo in un modo: scuola sempre, sempre, sempre”. Tre volte, come il “resistere” del procuratore Borrelli.