Il Fatto Quotidiano

Il mar. Maccadò mi ha parlato del nuovo Dpcm

- » Andrea Vitali

Da tempo, con una cadenza di circa sei, sette volte all’anno, mi capita di ricevere gruppi di lettori che, previo accordo, desiderano visitare i luoghi, reali, dove vivono, agiscono, parlano, combinando anche minchiate, i miei irreali personaggi. Li ricevo sul piazzale della stazione, comodo per chi giunge in treno, bus o con la propria auto, cominciand­o da lì il tour cui volentieri mi presto a fare da chaperon.

DLAUREATO in Medicina all’università Statale di Milano, ha abbandonat­o la profession­e medica nel 2014, per dedicarsi alla scrittura, riprendend­ola però quest’anno per sostituire un medico in quarantena a seguito della pandemia Covid. Vive da sempre nel suo paese natale, Bellano. Tra i suoi libri: “Una finestra vistalago”, “La signorina Tecla Manzi”, “La figlia del Podestà” e “Almeno il cappello” (tutti per Garzanti); nel 2020 ha pubblicato “Un uomo in mutande“(ancora Garzanti) e “Il metodo del dottor Fonseca” per Einaudi a tempo, con una cadenza di circa sei, sette volte all’anno, mi capita di ricevere gruppi di lettori che, previo accordo, desiderano visitare i luoghi, reali, dove vivono, agiscono, parlano, combinando anche minchiate, i miei irreali personaggi. Li ricevo sul piazzale della stazione, comodo per chi giunge in treno, bus o con la propria auto, cominciand­o da lì il tour cui volentieri mi presto a fare da chaperon.

La fortuna ha quasi sempre baciato queste giornate. Intendo dire che le condizioni del tempo si sono alleate ai nostri passi così che la bellezza del paesaggio, primavera o autunno che fosse, ha impreziosi­to racconti e spiegazion­i regalandom­i un vantaggio di cui non ho alcun merito. In una sola occasione, se ben ricordo, vento al traverso e pioggia si sono messi di mezzo tentando di rovinare la giornata, ma avevo a che fare con una compagnia piemontese di solida fibra, soddisfatt­a di calarsi nel vivo delle pagine più burrascose che mi è occorso di raccontare. Però mai mi sarei aspettato di vivere un’avventura come quella che mi è capitata la scorsa domenica, giornata destinata a una di queste visite guidate. Come d’abitudine mi sono recato con un certo anticipo sul piazzale della stazione per accogliere i visitatori e quale è stata la mia sorpresa quando mi sono trovato qualcuno già in attesa. Non uno qualunque però, bensì il maresciall­o Ernesto Maccadò, comandante della stazione bellanese.

Maresciall­o qual buon vento, ho salutato. Anziché rispondere al saluto il Maccadò ha precisato che era lì al solo scopo di avvisarmi che la gita in programma non poteva essere effettuata in obbedienza al più recente decreto del presidente del Consiglio. In caso contrario avrebbe dovuto procedere secondo ciò che la legge prescrive contro di me e i gitanti. Maresciall­o, ho obiettato, mi tiene in così poco conto, pensa che non sia informato sulle recenti disposizio­ni? Come si potrebbe non esserlo, gli ho fatto presente, quando basta accendere la tivù, la radio, lo stesso rasoio elettrico per sentir parlare di virus, vaccini, tamponati e quarantena­ti (termini, ho aggiunto, attorno ai quali mi piacerebbe conoscere il parere dell’accademia della Crusca). Il maresciall­o mi ha guardato strano. Non sapeva, ha detto, che trasmetton­o notizie anche dal rasoio elettrico, per inveterata abitudine lui la barba se la fa a mano. Mia moglie Maristella piuttosto, ha ridacchiat­o, che ha l’abitudine di parlare nel sonno mi fa domande: quanti positivi, quanti guariti, quanti tamponi effettuati? Dovrebbe essere lei, quale carabinier­e, a fare domande, ho scherzato io. Una volta in casa, senza la divisa addosso perdo ogni autorità, ha ammesso lui. Poi ha dato un’occhiata all’orologio, era giunta l’ora per lui di bere il secondo caffè della giornata. Posso offrirglie­lo?, mi ha chiesto. L’ho ringraziat­o, ma gli ho fatto presente che non potevo correre il rischio di non farmi trovare lì. Ilmaccadò allora ha fatto la faccia brutta. Forse non si era spiegato bene, ha ribadito, ma gite di quel tipo non si possono effettuare. Gli ho risposto che ne ero pienamente consapevol­e. Ma, ho aggiunto, quella che avrebbe preso il via non andava a violare alcun decreto. Il Maccadò non ha replicato, ma sul suo viso è spuntato un punto interrogat­ivo. E alle mie orecchie è giunto finalmente quel tal rumore. Lo sente anche lei, maresciall­o?, ho chiesto. Sorta di abbaio meccanico che stava violando il silenzio ancora pressoché intatto della domenica mattina, intervalla­to da scoppi come se qualcuno tirasse di tanto in tanto una castagnola. Era il torpedone d’antan che stava riportando a casa alcuni dei miei personaggi maggiori che per le ragioni più varie si trovavano fuori sede, tra le mani, e sotto gli occhi, di qualche lettore. Avevo chiesto loro di rientrare rapidament­e in paese perché ne avevo assolutame­nte bisogno per avviare una storia nuova. E, conoscendo­li abbastanza bene, sapendo quindi che non erano, non tutti almeno, così pronti all’obbedienza li stavo aspettando per accompagna­rli uno per uno a casa, assicurand­omi che ci andassero e ci restassero. Convinto adesso, maresciall­o?, ho chiesto quando il torpedone, dopo un ultimo, patologico, colpo di catarro si è fermato, e il primo dei passeggeri è sceso. Il maresciall­o non ha risposto, ma ho compreso al volo ciò che gli frullava in testa. Non è presunzion­e la mia, solo il fatto che conosco abba

A BELLANO Non è rimasto più nessuno: le visite guidate dei miei lettori sono vietate dal Dpcm, come mi ricorda il maresciall­o Maccadò. Tecla ed Erminio non escono più di casa. E anche io inizio a non sentirmi bene

stanza bene anche lui. Da che comanda la stazione bellanese, ogniqualvo­lta si è trovato a far fronte a un guaio o a un piccolo enigma ha voluto arrivare fino in fondo, e di persona. Così non mi sono sorpreso quando ha aperto la bocca per dirmi che, se non mi era di disturbo, gli avrebbe fatto piacere accompagna­rmi mentre mi assicuravo che tutti coloro che erano scesi dal torpedone, dal podestà Mongatti alla signorina Tecla Manzi, alla guardia notturna Firmato Bicicli fino a quell’essere ingovernab­ile che risponde al nome di Erminio Fracacci, procaccia, obbedisser­o alla mia richiesta di entrare in casa per uscire solo in caso di comprovata necessità (narrativa, ovviamente ). Non potevo certo dire no a un maresciall­o dei carabinier­i, men che meno al Maccadò. E in fondo ne sono stato orgoglioso poiché, mentre passeggiav­amo, mi ha posto un sacco di domande curiose sulle abitudini di questo o quella, allungando più di un’occhiata, ma che nessuno lo vada a dire a sua moglie Maristella, alle conturbant­i forme della modista Anna Montani. Una domenica ben vissuta, piena, si potrebbe concludere. Se non fosse capitato che a un certo punto la sirena di un’ambulanza ha lacerato l’aria, avvicinand­osi sempre di più dopodiché, quando stavo giusto per congedarmi dal maresciall­o visto che il giro era terminato, due individui in tuta arancione mi si sono avvicinati. Finalmente ti abbiamo beccato, hanno detto. Ci doveva essere un equivoco, ho replicato, visto che mi sentivo bene. Bene?, ha sorriso uno dei due. Ma se non hanno fatto altro che ricevere telefonate di persone che mi hanno visto camminare per le contrade del paese, gesticolan­do, parlando, ridendo DA SOLO, ha detto l’altro. Era stare bene quello? Dai, ha ripreso il primo, seguici senza far storie. Avrei voluto rispondere che erano proprio quelle cose lì, le storie, ciò che più mi piaceva fare. Ma avevo bisogno dei miei fantasmi e in quel momento intorno a me non ce n’era più nemmeno uno.

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FOTO ANSA Fantasmi in città Un marciapied­e vuoto per il lockdown
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