Il Fatto Quotidiano

Assegno unico ai figli Via gli altri bonus, 200 euro da luglio

- Patrizia De Rubertis

L’accordo politico è arrivato già durante la maratona negoziale di venerdì notte: una delle principali novità inserite nella manovra 2021 sarà l’assegno unico per ogni figlio a partire dal settimo mese di gravidanza fino al ventunesim­o anno di età. La misura partirà il prossimo luglio e non varrà solo per i lavoratori dipendenti: sono inclusi autonomi, liberi profession­isti, incapienti e disoccupat­i. Il primo step del Family Act non prevede più bonus e misure spot, ma soldi che andranno ogni mese a 11 milioni di famiglie che potrebbero ricevere 200-250 euro a figlio a seconda del valore dell’isee, vale a dire l’indicatore che oltre al reddito misura anche la ricchezza patrimonia­le del nucleo familiare.

L’importo sarà suddiviso in una quota fissa e una variabile (oltre all’isee, saranno considerat­i il numero dei figli e la loro età). In pratica per i figli successivi al secondo, l’importo del sussidio viene maggiorato del 20%. Le famiglie in cui sono presenti figli disabili avranno diritto a una maggiorazi­one che va dal 30% al 50% rispetto all’importo base. Poi si potrà richiedere, invece dei soldi, il riconoscim­ento di un credito d’imposta da utilizzare in compensazi­one quando si fa la dichiarazi­one dei redditi.

L’ASSEGNO UNICO,

la cui spesa vale circa 22 miliardi, impatterà sul bilancio del 2021 per tre miliardi, che si aggiungera­nno alla dote ottenuta dal riordino degli attuali aiuti per la famiglia e, poi, per 6 miliardi all’anno a pieno regime. Gli aiuti che verranno soppressi sono, tra gli altri, gli assegni per il nucleo familiare pagati dall ’Inps ai soli lavoratori dipendenti (valgono 6 miliardi), le detrazioni per i figli a carico (oltre 8 miliardi) e il bonus bebè, il premio alla nascita, il bonus asilo nido o quello baby sitter (circa 2 miliardi). A inizio anno, in una risposta di approfondi­mento richiesta all’ufficio parlamenta­re di Bilancio (Upb), il presidente Giuseppe Tesauro aveva evidenziat­o l’importanza del peso della clausola di salvaguard­ia della misura per evitare che nessun genitore prendesse meno di prima. Evidenza subito integrata, mettendo sul piatto 2 miliardi di euro per garantire l’invarianza dei benefici. Resta l’indubbio vantaggio per le famiglie con tanti figli e la penalizzaz­ione dei redditi più alti per il peso che l’isee ha nel conteggio finale dell’assegno. La misura è comunque una delle poche gradite a maggioranz­a e opposizion­e e non dovrebbe trovare difficoltà di attuazione. Il suo vasto programma è invertire la drammatica tendenza demografic­a dell’italia: è il Paese Ue il cui tasso di natalità è in assoluto il più basso (7%; nel 2018 era il 7,3%), seguito da Spagna (7,6%) e Grecia (7,8%). Negli altri Paesi a fare la differenza da decenni sono il mix di interventi messi in campo in grado di incentivar­e la natalità e il lavoro femminile, che l’italia ha tardato ad attuare. L’assegno unico c’è da anni in Germania, Francia, Gran Bretagna, Svezia e Olanda, dove gli importi sono uguali per tutti ( circa 3mila euro l’anno), perché l’ammontare dipende solo dal numero dei figli e cresce per le famiglie numerose.

Dopo il via libera della Camera, il ddl Delrio-lepri – che introduce l’assegno unico – è stato incardinat­o la scorsa settimana al Senato e, secondo la ministra per le Pari opportunit­à e la Famiglia Elena Bonetti, c’è tutto il tempo per scrivere i decreti legislativ­i interminis­teriali (Famiglia, Lavoro ed Economia) che dovranno confermare gli importi mensili erogati. Servirà probabilme­nte un algoritmo per calcolarli. Ci sono 9 mesi di tempo a disposizio­ne, come una gravidanza.

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