Assegno unico ai figli Via gli altri bonus, 200 euro da luglio
L’accordo politico è arrivato già durante la maratona negoziale di venerdì notte: una delle principali novità inserite nella manovra 2021 sarà l’assegno unico per ogni figlio a partire dal settimo mese di gravidanza fino al ventunesimo anno di età. La misura partirà il prossimo luglio e non varrà solo per i lavoratori dipendenti: sono inclusi autonomi, liberi professionisti, incapienti e disoccupati. Il primo step del Family Act non prevede più bonus e misure spot, ma soldi che andranno ogni mese a 11 milioni di famiglie che potrebbero ricevere 200-250 euro a figlio a seconda del valore dell’isee, vale a dire l’indicatore che oltre al reddito misura anche la ricchezza patrimoniale del nucleo familiare.
L’importo sarà suddiviso in una quota fissa e una variabile (oltre all’isee, saranno considerati il numero dei figli e la loro età). In pratica per i figli successivi al secondo, l’importo del sussidio viene maggiorato del 20%. Le famiglie in cui sono presenti figli disabili avranno diritto a una maggiorazione che va dal 30% al 50% rispetto all’importo base. Poi si potrà richiedere, invece dei soldi, il riconoscimento di un credito d’imposta da utilizzare in compensazione quando si fa la dichiarazione dei redditi.
L’ASSEGNO UNICO,
la cui spesa vale circa 22 miliardi, impatterà sul bilancio del 2021 per tre miliardi, che si aggiungeranno alla dote ottenuta dal riordino degli attuali aiuti per la famiglia e, poi, per 6 miliardi all’anno a pieno regime. Gli aiuti che verranno soppressi sono, tra gli altri, gli assegni per il nucleo familiare pagati dall ’Inps ai soli lavoratori dipendenti (valgono 6 miliardi), le detrazioni per i figli a carico (oltre 8 miliardi) e il bonus bebè, il premio alla nascita, il bonus asilo nido o quello baby sitter (circa 2 miliardi). A inizio anno, in una risposta di approfondimento richiesta all’ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), il presidente Giuseppe Tesauro aveva evidenziato l’importanza del peso della clausola di salvaguardia della misura per evitare che nessun genitore prendesse meno di prima. Evidenza subito integrata, mettendo sul piatto 2 miliardi di euro per garantire l’invarianza dei benefici. Resta l’indubbio vantaggio per le famiglie con tanti figli e la penalizzazione dei redditi più alti per il peso che l’isee ha nel conteggio finale dell’assegno. La misura è comunque una delle poche gradite a maggioranza e opposizione e non dovrebbe trovare difficoltà di attuazione. Il suo vasto programma è invertire la drammatica tendenza demografica dell’italia: è il Paese Ue il cui tasso di natalità è in assoluto il più basso (7%; nel 2018 era il 7,3%), seguito da Spagna (7,6%) e Grecia (7,8%). Negli altri Paesi a fare la differenza da decenni sono il mix di interventi messi in campo in grado di incentivare la natalità e il lavoro femminile, che l’italia ha tardato ad attuare. L’assegno unico c’è da anni in Germania, Francia, Gran Bretagna, Svezia e Olanda, dove gli importi sono uguali per tutti ( circa 3mila euro l’anno), perché l’ammontare dipende solo dal numero dei figli e cresce per le famiglie numerose.
Dopo il via libera della Camera, il ddl Delrio-lepri – che introduce l’assegno unico – è stato incardinato la scorsa settimana al Senato e, secondo la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, c’è tutto il tempo per scrivere i decreti legislativi interministeriali (Famiglia, Lavoro ed Economia) che dovranno confermare gli importi mensili erogati. Servirà probabilmente un algoritmo per calcolarli. Ci sono 9 mesi di tempo a disposizione, come una gravidanza.