Il Fatto Quotidiano

Il paralitico­gesù è più di un medico: prima dà il perdono, poi la guarigione

- PASTORE EUGENIO BERNARDINI*

Il Vangelo di Marco ci racconta che un giorno, a Capernaum di Galilea, quattro amici di un paralitico arrivano a scoperchia­re il tetto di una casetta piena di gente in cui Gesù insegnava pur di

farlo avvicinare al Maestro: “Non potendo farlo giungere fino a lui a causa della folla, scoperchia­rono il tetto dalla parte dov’era Gesù; e, fattavi un’apertura, calarono il lettuccio sul quale giaceva il paralitico. Gesù, veduta la loro fede, disse al paralitico: ‘Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati’. Erano seduti là alcuni scribi e ragionavan­o così in cuor loro: ‘Perché costui parla in questa maniera? Egli bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non uno solo, cioè Dio?’. Ma Gesù capì subito, con il suo spirito, che essi ragionavan­o così dentro di loro, e disse: ‘Perché fate questi ragionamen­ti nei vostri cuori? Che cosa è più facile, dire al paralitico: i tuoi peccati ti sono perdonati, oppure dirgli: alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ma, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati, io ti dico – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio, e vattene a casa tua’. Ed egli si alzò e, preso subito il lettuccio, se ne andò via in presenza di tutti; sicché tutti si stupivano e glorificav­ano Dio, dicendo: ‘Una cosa così non l’abbiamo mai vista’”.

Per arrivare a scoperchia­re un tetto ci vuole molta determinaz­ione e fede, ma come avranno reagito i quattro amici del paralitico di fronte alle parole di Gesù che, invece di dire subito una parola di guarigione – tipo “alzati e cammina”, come tutti in fondo ci aspettiamo – dice invece “i tuoi peccati ti sono perdonati”? Chi era presente in quella casa non poteva sapere cosa sarebbe successo dopo. Non sapeva che ci sarebbero stati prima il perdono e poi la guarigione. Quel prima il perdono è, fino a quel momento, solo il perdono. Come avremmo reagito noi? Con delusione (“Grazie tante!”), con disapprova­zione (“Perché ha guarito altri e non lui?”)? Oppure con scandalo religioso (Gesù bestemmier­ebbe perché si sarebbe messo al posto di Dio). In fondo non è per questi stessi sentimenti che molti in occidente sono delusi dalla religione, dal cristianes­imo in particolar­e?

GESÙ, INVECE, INSISTE:

il perdono viene prima. Il perdono è in un certo modo più importante. Meglio essere un malato perdonato – sembra dire Gesù – che un sano non perdonato. Tra l’altro, così facendo, Gesù toglie alla malattia le sue compagnie più nocive: il senso di colpa, l’ansietà religiosa, l’esclusione sociale. Gesù rende quasi profana la malattia e la restituisc­e ai medici. È affar vostro – sembra dire – a me spetta un altro gravoso compito: liberare gli esseri umani dal loro passato di colpa, dai pregiudizi, dal sentirsi come un bersaglio di Dio o del fato. In sostanza liberarli dal peccato.

Chissà se alcuni sono andati via subito dopo che Gesù ha annunciato solo il perdono del peccato. Rimarranno delusi per tutta la vita. Chi invece ha avuto la costanza di attendere gli effetti del perdono sa che la storia non finisce lì: il paralitico si alza e cammina, può ora condurre una vita retta. Così come coloro che sono perdonati e ne hanno coscienza possono tornare a condurre una vita retta e non più contorta o paralizzat­a dalle scelte sbagliate del passato. Il racconto termina con lo stupore dei presenti. Che cosa è “Una cosa co

sì”? È la guarigione? È il perdono? Né l’uno né l’altro separati, ma l’uno e l’altro insieme, è il perdono che non è rimasto solo un modo di dire ma è diventato guarigione, vita nuova e speranza nuova.

LA SALVEZZA MEGLIO ESSERE UN MALATO SOLLEVATO DALLE COLPE CHE UN SANO PECCATORE

*Già moderatore della Tavola Valdese

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