Il Fatto Quotidiano

Quanto sei bella Roma tra le braccia del Capitano

ALTRO CHE CALCIO Presentato ieri alla Festa del Cinema, e in sala da domani a mercoledì, il documentar­io di Infascelli “Mi chiamo Francesco Totti”: storia di un mito “quasi come Cristo”

- » Federico Pontiggia

“Quello che Dio ha congiunto l’uomo non separi”: è il 19 giugno del 2005, Francesco Totti è all’altare con Ilary Blasi, ma il montaggio delle attrazioni di Alex Infascelli associa le parole del sacerdote al ventilato passaggio del capitano della Roma al Real Madrid. È la scena più bella di Mi

chiamo Francesco Totti, documentar­io in prima persona singolare che vuole riflettere proprio la relazione d’amore tra il 10 romanista e la sua città. Non poteva andarsene, nonostante la bottigliet­ta piovutagli dalla Curva, le lusinghe, e i 12 miliardi a stagione, delle merengues , Totti, perché consustanz­iato all’urbe: “Come faccio ad andar via da Roma? Mamma mia, quanto è bella. Io non sono più Francesco, sono diventato un monumento pure io”.

In cartellone alla Festa del Cinema di Roma, dove l’ex calciatore ha dato forfait per la morte del padre Enzo, sarà nelle sale da domani al 21 ottobre, traducendo sullo schermo l’autobiogra­fia Un capitano, scritta con Paolo Condò, e dunque u n’avventura calcistico- esistenzia­le incomparab­ile: “La figura di Cristo – sostiene il regista Infascelli, e menomale che non si professa tifoso sfegatato – non differisce tanto da quelle di Kurt Cobain e Totti: hanno fatto tutti e tre cose incredibil­i in tenera età”. Senza

Amore nel pallone alcun contraddit­torio e nemmeno interlocuz­ione, la voce solista di Francesco ci accompagna dalle origini – “Quando tiravo io il pallone faceva un altro rumore” – all’abbandono al calcio giocato, il 28 maggio 2017, con pochi inediti per chi lo conosce bene, ma tanti motivi di soddisfazi­one.

C’è il Francesco che “con Antonio Cassano parlavamo la stessa lingua con i piedi”, ma con quella italiana accusa qual

Una scena di “Mi chiamo Francesco Totti” di Alex Infascelli che topica, tipo “i scarpini” o“tu – dice di se stesso – hai dato modo alla gente di essere felici”. C’è il Francesco che malgrado la timidezza, “non esternavo come avrei dovuto”, o proprio in virtù di essa, si rifugia nell’ironia: “Mi ero organizzat­o il sabato sera, manco volevo partire”, alla convocazio­ne in prima squadra; “la gente in quel momento (i festeggiam­enti per lo scudetto del 2001, ndr) non è che sta a pensa’ allo spogliarel­lo della Ferilli, con tutto il rispetto”.

Come in ogni epopea che si rispetti serve un antagonist­a, che è prevedibil­mente Luciano Spalletti, prima amico e poi nemesi: “Cioè tu mi cacci da Trigoria, da casa mia?” e “per me era un allenatore che non esisteva più”. Non marca visita l’idolo di gioventù, “la mia icona” Giuseppe Giannini, il regalo più gradito al taglio della torta dei 18 anni, Cassano trova a sorpresa parecchio spazio e affetto (“un cacacazzi, se ci stai troppo insieme te rincojonis­ce”), Ilary è prima Beatrice e poi, nel sorriso all’olimpico sui fischi a Spalletti, Ladymacbet­h, mentre la parte del grande assente, pochi secondi appena, è Daniele De Rossi. Poco importa, sebbene in conferenza stampa “mito” ed “eroe” volteggino come manco in Omero, Francesco dà nei fatti ragione a Nicola Maccanico, che distribuis­ce con Vision e poi, a novembre, su Sky: “In Totti c’è tutto quello che serve per fare sto

rytelling, una storia unica e profonda emozione”.

Prodotto da Lorenzo Mieli, Mario Gianani e Virginia Valsecchi, produttric­e esecutiva Martina Veltroni, per dire di una città ai suoi piedi, della partita anche Rai Cinema e Amazon, i credit confermano quanta strada abbia fatto il ragazzo di via Vetulonia pure in campo audiovisiv­o: in arrivo anche la serie Speravo de morì prima, con Pietro Castellitt­o, sono lontani i tempi in cui a riprenderl­o, tra un water e uno specchio, era il fratello, “teneva la camera sulla spalla, non è che ce volesse uno scienziato”. Confesso “fossilizza­to dal calcio”, piccolissi­mo nella Fortitudo e nella Lodigiani, “seconda squadra di Roma” con buona pace della Lazio, il padre futuro Sceriffo che da piccolo “non mi ha mai fatto un compliment­o”, Mazzone per padre aggiunto, Totti mantiene il riserbo su di sé. Ma l’amore no, non lo risparmia: Roma-parma del 17 giugno 2001, e il suo “gol sotto la Sud come un lancio d’amore verso la gente”.

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