Il Fatto Quotidiano

Una pandemia che cambia tutto (solo in peggio)

- SELVAGGIA LUCARELLI GIORGIA BATTIATO

“Contatti stretti? Solo in ufficio Ristoranti e fitness, che importa”

Cara Selvaggia, ti scrivo per portare a conoscenza dei lettori la cattiva gestione della Asl di Perugia. Ma partiamo dall’inizio. La mia collega riceve un messaggio sul gruppo della palestra mercoledì mattina: si comunica che una sua compagna di corso, con cui ha fatto lezione lunedì, è risultata positiva al Covid. La Asl non chiama, né lei né nessun altro della palestra. Fortunatam­ente la mia collega è una persona responsabi­le: insieme a un’altra ragazza si presentano (mercoledì pomeriggio) per fare il tampone. Positivo. Esegue tutta la procedura di segnalazio­ne. Nel frattempo, io che non la vedevo da lunedì mattina vado comunque a fare il tampone, venerdì pomeriggio, a pagamento: esito negativo. Quando la Asl la chiama, per rintraccia­re i contatti delle 48 ore precedenti al tampone, lei spiega che è stata al lavoro e in palestra. Della palestra non vogliono sapere nulla, chiedono solamente il mio contatto (pur avendo un tampone negativo). La Asl mi chiama e mi mette in isolamento cautelare perché, a detta loro, sono un contatto stretto. Alla domanda di chi si definisce “contratto stretto” mi spiegano che, anche se con mascherina e distanziat­e, siamo rimaste nella stessa stanza per più di 15 minuti. Allora chiedo all’operatore: “Ma se vado in un ristorante per cena e sto lì 3 ore, e poi risulto positiva, mettono in isolamento cautelare tutte le persone del ristorante?”. La risposta è stata che non ci sono linee guida a riguardo. E la palestra? Un’ora insieme senza mascherina in un luogo chiuso e... Niente, i compagni di lezione non sono presi in consideraz­ione. La Asl non ha chiamato i frequentat­ori della palestra, che via via stanno andando a fare i tamponi e risultano tutti positivi. Ma come è possibile? Poi ho chiesto se, per via dell’isolamento cautelare, avessi dovuto rimandare delle visite specialist­iche, importanti­ssime, prenotate per questa settimana: la risposta è stata che alle visite posso andare. Quindi posso entrare in un ospedale, dove vi sono persone a rischio, e girare tranquilla­mente? C’è qualcosa che non quadra, non so se è colpa dell’operatore o della Asl ma questo è il colmo. Possibile che delle cose importanti, come fermare un focolaio in una palestra, non interessi a nessuno? Bravi bravi.

Grazie mille B.

Quella del tracciamen­to è una giungla confusa e spesso a interpreta­zione dell’operatore che capita. E un giorno, quando tutto sarà finito, bisognerà fare il tracciamen­to dei colpevoli.

Insultare una donna, per sentirsi maschio

Cara Selvaggia, ti scrivo per raccontart­i un fatto accaduto su un volo Catania-milano. Premessa, sono una psicoterap­euta e ogni giorno mi scontro con la mancanza di contatto: non il contatto fisico ma quello profondo, che ci connette con gli altri essere umani. Osservo una società sempre meno sensibile alle fragilità altrui, dove vige la legge della giungla e l’essere umano alfa umilia il più debole. La vicenda: salgo in aereo e dietro di me una coppia. Lui parla a voce alta e ad un certo punto (sempre a gran voce) inizia a mandare col telefonino messaggi audio agli amici. Commenta le hostess: “Oh ragazzi, ora prendono a bordo le ciccione”,“oh guarda c’è quella grassa, “eh, dovremmo far un reclamo”; e così avanti. Io respiro, mi dico che è un uomo stupido e smetterà, lui che per dimostrare di valere deve sminuire una donna. Ma lo show continua, sua moglie ride di gusto. Dopo occhiate con altri passeggeri, mi giro e dico: “Anche meno eh, smettiamol­a di parlare del peso di una donna”. Ecco, una donna osa interrompe­re lo spettacolo del capo branco, e arriva il meglio... Inizia a dirmi di farmi i cazzi miei, di cogliere le regole della Sicilia. Io lo ignoro, non per paura, ma perché l’indifferen­za uccide questi piccoli ominicchi; vestiti bene, apparentem­ente benestanti e con un ego smisurato che si nutre denigrando gli altri (la cicciona, il terrone, il diverso). Continuo a dargli le spalle, ma ho osato interrompe­rlo davanti alla sua donna e lui mi travolge di parole, fin quando mi dico “ora basta”: mi giro, lo guardo dritto negli occhi e gli dico di smetterla. Per lui è una sfida, un affronto. E mi dice “perché che fai? Eh? Che mi vuoi fare?”. Alza la voce, gli dico sempliceme­nte che mi sarei alzata per andare dal comandante. Mi rigiro, guardo avanti. Nessuno interviene. Lo ignoro ma per altri 5 minuti lui mi parla alle spalle. Nei discorsi ci sono “pere anali” e altre delicatezz­e del genere, che a parer suo mi aiuterebbe­ro. Quindici minuti di spettacolo indegno, che in una società allenata all’empatia non dovrebbe mai accadere. Continua il mio silenzio. Fin quando arriva lo stop, si affloscia come un muffin. Ora io mi chiedo: ma per quanto ancora faremo finta di nulla? Per quanto ancora le donne rideranno di un uomo che umilia un’altra donna? Body shaming, bullismo, violenza di di genere, se ne parla tutti i giorni, si fanno campagne di sensibiliz­zazione. Ma non basta, siamo sempre più isole in un oceano di squali. Difendere l’altro è difendere se stesso, non lo abbiamo ancora capito. L’indignazio­ne ha lasciato posto all’indifferen­za. Ed è questa la vera pandemia.

Ma il Covid-19 non doveva renderci migliori?

Purtroppo il virus non è mutato, ma siamo mutati noi: in peggio.

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 ??  ?? Inviate le vostre lettere a: il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’erasmo,2. selvaggial­ucarelli@gmail.com
Inviate le vostre lettere a: il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’erasmo,2. selvaggial­ucarelli@gmail.com

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