Il Fatto Quotidiano

Il Covid fa aumentare i poveri. E pure i ricchi

Molti studi hanno provato per il passato che le pandemie fanno male solo ai più deboli: per la Banca mondiale ce ne saranno 110-150 milioni in più. Intanto i “paperoni” godono: +27%

- » Nicola Borzi

La pandemia manderà in bancarotta 110-150 milioni ■ di persone in più, ma nel 2020 i miliardari guadagnano. L’economista Zucman: “Godono di troppi regali fiscali”

Se in tempi normali i soldi producono soldi e la miseria produce miseria, in quelli di pandemia le disuguagli­anze esplodono. Così i ricchi diventano miliardari e i poveri sprofondan­o nell’indigenza, in una spirale che può durare decenni. Per la Banca mondiale, la crisi innescata dal Covid-19 entro il 2021 farà cadere nella povertà estrema da 110 a 150 milioni di persone, l’1,4% della popolazion­e globale. Ma grazie al rimbalzo delle Borse, risalite a razzo dopo il crollo di marzo, nel mondo i 2.158 miliardari (in dollari) censiti nel 2017 dalla banca svizzera Ubs a fine luglio erano divenuti 2.189, con le loro ricchezze aumentate del 27,5% in appena quattro mesi: da 8mila miliardi di dollari al nuovo record di 10.200.

Secondo Ubs, il Covid-19 ha allargato la forbice anche tra i Paperoni. Quelli che hanno costruito le loro fortune su tecnologia e sanità hanno superato i colleghi dei settori tradiziona­li.

Da aprile 2019 a luglio scorso i miliardari dell’ industria hanno visto le loro ricchezze aumentare del 44,4%, quelli tecnologic­i del 41,3%, mentre quelli del settore immobiliar­e, dell’intratteni­mento, dei servizi finanziari­e delle materie prime in media di “appena” il 10% circa. Ma se si prende come base il 2018, i vincitori sono i miliardari della salute la cui ricchezza è aumentata del 50,3% a 658,6 miliardi anche grazie ai ricavi generati da farmaci, diagnostic­a e attrezzatu­re per il coronaviru­s.

NELLO STESSO PERIODO, gli ultraricch­i delle imprese innovatric­i hanno aumentato la loro ricchezza del 17% a 5.300 miliardi di dollari, mentre quelli delle aziende tradiziona­li solo del 6% a 3.700 miliardi. A livello geografico la “fabbrica” dei miliardari resta l’asia-pacifico con 766 ultra-ricchi e una grande mobilità: 124 persone sono uscite dalla lista e 136 vi sono entrate. In Cina la loro ricchezza è aumentata di un quinto. Europa e Americhe invece hanno perso rispettiva­mente 36 e 19 miliardari.

A fare le spese del coronaviru­s sono soprattutt­o i Paesi in via di sviluppo, ma la pandemia ha messo a nudo anche le faglie che frammentan­o le società di quelli sviluppati. Secondo l’ocse, la diseguagli­anza tra i suoi 37 Stati membri è ai massimi dell’ultimo mezzo secolo: l’1% dei suoi abitanti più ricchi guadagna nove volte il reddito del 10% più povero. Durante la prima ondata del Covid-19 sono aumentati digital divide, divario di genere, disparità etniche, impoverime­nto dei lavoratori a basso reddito e bassa scolarità: i colletti bianchi hanno usato lo smart workingin sicurezza, i lavoratori essenziali della sanità e della distribuzi­one hanno rischiato la vita e quelli della gig economy sono scivolati nella disoccupaz­ione.

Un’analisi sugli effetti dell’ influenza H1N1 del 2009 in Inghilterr­a ha mostrato che tra il 20% più povero della popolazion­e britannica il tasso di mortalità normalizza­to per età e sesso fu 3 volte quello del 20% più ricco. Contro la crisi i Paesi ricchi hanno investito migliaia di miliardi, mentre il crollo dei ricavi da materie prime e turismo sta trascinand­o quelli poveri, oberati da debiti per 730 miliardi di dollari in scadenza entro l’anno, verso i default. Ci vorranno decenni perché possano tornare a crescere.

A soffrire è anche la scuola. Nei Paesi in via di sviluppo l’epidemia ha tenuto lontani dai banchi più di 1,6 miliardi di bambini, il che implica una perdita potenziale di 10mila miliardi di dollari di guadagni durante la loro vita. Nei Paesi con uno sviluppo umano molto elevato oltre il 50% dei ventenni frequenta l’istruzione superiore, in quelli a basso sviluppo solo il 3%. Il web può essere una soluzione, ma in America Latina tra gli studenti più poveri solo 1 su 7 ha accesso a Internet e cioè alla didattica a distanza.

LA DISUGUAGLI­ANZA pesa anche sull’ambiente. Secondo Oxfam e Stockholm Environmen­t Institute, nel mondo tra il 1990 e il 2015 63 milioni di ricchi hanno emesso il 15% di tutta la CO2 mentre 3,1 miliardi di poveri il 7%. Così ciò che è causa può essere anche effetto: lo storico Peter Turchin sostiene che nei secoli la crescita della disuguagli­anza è stata l’innesco delle pandemie.

Gli impatti saranno di lungo periodo. Una ricerca del Fmi segnala che nonostante gli sforzi dei governi cinque epidemie (Sars nel 2003, H1N1 nel 2009, Mers nel 2012, Ebola nel 2014 e Zika nel 2016) hanno aumentato la disuguagli­anza economica dell’1,5% nei cinque anni successivi. Una conferma arriva dallo studio sull’effetto della pandemia di Spagnola del 1918 di Sergio Galletta dell’università di Bergamo e Tommaso Giommoni del Politecnic­o Federale di Zurigo. Nel mondo quell’influenza infettò 500 milioni di persone: ne morirono da 20 a 50 milioni, 600mila in Italia. Poiché il numero di vittime sul territorio non è noto, i due ricercator­i hanno usato come indicatore i soldati della Grande Guerra tornati in licenza e morti di Spagnola nelle città natali. Poi hanno raccolto e digitalizz­ato le dichiarazi­oni dei redditi del 1924 in 2mila Comuni. Il database ha svelato che dove la pandemia del 1918 aveva mietuto più vittime, la disuguagli­anza dei redditi era cresciuta nel 1924: rispetto ai Comuni senza militari morti, in quelli con almeno un soldato ucciso dalla malattia l’indice di disuguagli­anza era aumentato del 3,4%. Per Galletta e Giommoni “questi effetti sembrano persistent­i: i Comuni più colpiti nel 1918 ancora oggi, un secolo dopo, hanno una distribuzi­one del reddito più diseguale”. Come spiega l’economist, “il coronaviru­s colpisce tutti, ma non equamente. I ricchi possono scrollarsi di dosso lo choc dell’economia, i poveri no”.

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FOTO ANSA La forbice Il numero uno di Amazon Jeff Bezos e la compagna Lauren Sanchez

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