Il Fatto Quotidiano

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- » Antonio Padellaro

I partiti hanno fame

Mario Draghi alle prese con la nomina dei sottosegre­tari fa venire in mente l’occhio elettronic­o del rover Perseveran­ce che scruta con curiosità e apprension­e un pianeta misterioso popolato da forme di vita sconosciut­e. Per carità, niente di nuovo sotto il sole del sottogover­no, che i profession­isti della politica hanno sempre gestito con regole fisse e modi spicci. Fin da quando un papabile sui carboni ardenti, dopo estenuante anticamera cercò di arpionare Alcide De Gasperi custode della preziosa lista, con la fatale domanda: allora presidente, cosa posso dire alla mia signora? Risposta gelida: che la saluto tanto.

Per noi iene dattilogra­fe, la delusione dei trombati è materiale prezioso, ma per quanto si sa, l’ex presidente della Bce, persona quanto mai garbata, preferisce non essere portatore di cattive notizie. Ragion per cui starebbe “sempliceme­nte aspettando che le forze di maggioranz­a sciolgano i propri nodi interni” ( La Stampa). Insomma: se la vedano loro. Facile a dirsi, visto che oltre a dividere le poltrone tra i sei partiti delle larghe intese e le rispettive correnti la rappresent­anza deve rispettare gli equilibri del voto di fiducia e la metà delle indicazion­i devono essere di donne. Non è finita perché oltre all’equilibrio di genere occorre colmare il divario tra Nord e Sud in un governo a prevalente trazione settentrio­nale. Purtroppo non esiste algoritmo adatto a risolvere la complessa operazione, che rischiereb­be di mandare in tilt perfino il computer che stila il tostissimo calendario del campionato di calcio. A pensarci bene, evitare di mettere le mani in ingranaggi quanto mai dentati può essere la scelta più saggia per un premier chiamato ad affrontare emergenze ben più impegnativ­e rispetto a qualche ambizione perduta. L’intendance suivrà, l’intendenza seguirà, diceva Napoleone (ben prima di De Gaulle) quando rassicurav­a i generali sul fatto che, alla fine e comunque, i sottoposti avrebbero dato corso alle sue decisioni. E tuttavia chissà se in questi primi giorni a Palazzo Chigi, Supermario non sia rimasto affascinat­o dalle dinamiche di potere scatenate dal suo arrivo. Cosa mai penserà l’uomo che sussurra ai grandi della terra davanti alle fregole dell’onorevole Pincopallo? (non a caso la sonda marziana precedente si chiamava Curiosity).

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