Il Fatto Quotidiano

Luca, Sergio e gli altri: le missioni di sola andata

- » Roberta Zunini

La lista che riporta i nomi degli ambasciato­ri uccisi in missione è sorprenden­temente lunga. Da ieri, purtroppo, è stata aggiornata, con un nome che non avremmo mai voluto leggere, quello di Luca Attanasio, il nostro giovane ma esperto rappresent­ante nella Repubblica Democratic­a del Congo.

Dagli inizi del 900, sono 36 gli ambasciato­ri assassinat­i mentre operavano nelle nazioni dove erano stati assegnati dai propri governi. Per riflettere sulla vita dei diplomatic­i caduti che credevano davvero nei diritti umanitari e nella pace, è istruttivo seguire in un documentar­io e in un film intitolato Sergio (prodotto da Netflix) la vita in missione di uno dei migliori: il brasiliano Sergio Viera de Mello che venne ucciso in Iraq nel 2003 da u n’autobomba schiantata­si contro l’hotel dove risiedeva. Durante la sua lunga carriera di ambasciato­re, contribuì a risolvere la crisi a Timor Est, si spostò alcuni anni in Congo, come Attanasio, e in seguito venne inviato a Baghdad all’inizio della seconda guerra del Golfo con un grado decisament­e più alto: Alto Commissari­o delle Nazioniuni­te per i diritti umani e Rappresent­ante Speciale del Segretario generale dell’onu in Iraq. La compagna Carolina Larriera ha lanciato nel 10° anniversar­io dell’omicidio, 7 anni fa, una indignata e grave accusa: “Non sono stati solo i terroristi in Iraq a dilaniare la mia vita e quella di Sergio. Sono state anche le istruzioni provenient­i dai leader principali dell’onu e degli Stati Uniti che hanno coperto con una coltre di silenzio le circostanz­e dell’attacco, e hanno cercato di riscrivere la storia della vita di Sergio Vieira de Mello”.

Il primo ambasciato­re assassinat­o nella storia degli Stati Uniti è stato John Gordon Mein nel 1968, all’età di 54 anni. Allora il presidente era Lyndon Johnson che assegnò Mein alla sede diplomatic­a di Città del Guatemala quando nel Paese centroamer­icano era in corso una sanguinosa guerra civile in cui gli Stati Uniti erano “indire ttamente” c oi nvolti. Mein fu colpito da ribelli appartenen­ti alle forze armate ribelli ( Far) a un isolato dal consolato. I funzionari statuniten­si credevano che le Far intendesse­ro rapirlo per negoziare uno scambio, ma invece gli spararono quando tentò di scappare. Una storia che ricorda quella di Attanasio.

L’assassinio più mediatico e controvers­o della storia recente è stato quello dell’ambasciato­re statuniten­se in Libia, John Chris Stevens, 52 anni, durante l’amministra­zione Obama in cui la futura candidata presidenzi­ale Hillary Clinton occupava la carica di segretario di Stato. Vale la pena sot-

DIPLOMATIC­I IL CASO DI VIEIRA DE MELLO ISPIRÒ UN DOC; STEVENS INGUAIÒ HILLARY

tolinearlo perché Clinton fu accusata di non aver saputo gestire l’affaire e di avere addirittur­a manipolato la vicenda. Il letale attacco avvenuto nel 2012 contro il compound dell’ambasciata Usa a Bengasi fu portato a termine da un grande numero di persone armate ed esperte e non da semplici musulmani del luogo furiosi a causa di uno sconosciut­o film sulla vita di Maometto. Questa era stata la prima versione ufficiale dalla Segreteria di Stato che successiva­mente ammise che non era in corso alcuna protesta prima dell’attacco. Secondo le inchieste, i veri colpevoli sono i jihadisti del gruppo estremista islamico Ansar al-sharia, ma alcuni analisti sostengono che ancora oggi tante cose non tornano nelle dichiarazi­oni ufficiali delle istituzion­i americane.

Ma morire in missione, talvolta, può accadere anche in teatri non di guerra e, in teoria, civili e pacifici, come Roma. Qui l’ambasciato­re turco presso la Santa Sede, Taha Carim, nel 1977 fu ucciso da un gruppo armato armeno.

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