Luca, Sergio e gli altri: le missioni di sola andata
La lista che riporta i nomi degli ambasciatori uccisi in missione è sorprendentemente lunga. Da ieri, purtroppo, è stata aggiornata, con un nome che non avremmo mai voluto leggere, quello di Luca Attanasio, il nostro giovane ma esperto rappresentante nella Repubblica Democratica del Congo.
Dagli inizi del 900, sono 36 gli ambasciatori assassinati mentre operavano nelle nazioni dove erano stati assegnati dai propri governi. Per riflettere sulla vita dei diplomatici caduti che credevano davvero nei diritti umanitari e nella pace, è istruttivo seguire in un documentario e in un film intitolato Sergio (prodotto da Netflix) la vita in missione di uno dei migliori: il brasiliano Sergio Viera de Mello che venne ucciso in Iraq nel 2003 da u n’autobomba schiantatasi contro l’hotel dove risiedeva. Durante la sua lunga carriera di ambasciatore, contribuì a risolvere la crisi a Timor Est, si spostò alcuni anni in Congo, come Attanasio, e in seguito venne inviato a Baghdad all’inizio della seconda guerra del Golfo con un grado decisamente più alto: Alto Commissario delle Nazioniunite per i diritti umani e Rappresentante Speciale del Segretario generale dell’onu in Iraq. La compagna Carolina Larriera ha lanciato nel 10° anniversario dell’omicidio, 7 anni fa, una indignata e grave accusa: “Non sono stati solo i terroristi in Iraq a dilaniare la mia vita e quella di Sergio. Sono state anche le istruzioni provenienti dai leader principali dell’onu e degli Stati Uniti che hanno coperto con una coltre di silenzio le circostanze dell’attacco, e hanno cercato di riscrivere la storia della vita di Sergio Vieira de Mello”.
Il primo ambasciatore assassinato nella storia degli Stati Uniti è stato John Gordon Mein nel 1968, all’età di 54 anni. Allora il presidente era Lyndon Johnson che assegnò Mein alla sede diplomatica di Città del Guatemala quando nel Paese centroamericano era in corso una sanguinosa guerra civile in cui gli Stati Uniti erano “indire ttamente” c oi nvolti. Mein fu colpito da ribelli appartenenti alle forze armate ribelli ( Far) a un isolato dal consolato. I funzionari statunitensi credevano che le Far intendessero rapirlo per negoziare uno scambio, ma invece gli spararono quando tentò di scappare. Una storia che ricorda quella di Attanasio.
L’assassinio più mediatico e controverso della storia recente è stato quello dell’ambasciatore statunitense in Libia, John Chris Stevens, 52 anni, durante l’amministrazione Obama in cui la futura candidata presidenziale Hillary Clinton occupava la carica di segretario di Stato. Vale la pena sot-
DIPLOMATICI IL CASO DI VIEIRA DE MELLO ISPIRÒ UN DOC; STEVENS INGUAIÒ HILLARY
tolinearlo perché Clinton fu accusata di non aver saputo gestire l’affaire e di avere addirittura manipolato la vicenda. Il letale attacco avvenuto nel 2012 contro il compound dell’ambasciata Usa a Bengasi fu portato a termine da un grande numero di persone armate ed esperte e non da semplici musulmani del luogo furiosi a causa di uno sconosciuto film sulla vita di Maometto. Questa era stata la prima versione ufficiale dalla Segreteria di Stato che successivamente ammise che non era in corso alcuna protesta prima dell’attacco. Secondo le inchieste, i veri colpevoli sono i jihadisti del gruppo estremista islamico Ansar al-sharia, ma alcuni analisti sostengono che ancora oggi tante cose non tornano nelle dichiarazioni ufficiali delle istituzioni americane.
Ma morire in missione, talvolta, può accadere anche in teatri non di guerra e, in teoria, civili e pacifici, come Roma. Qui l’ambasciatore turco presso la Santa Sede, Taha Carim, nel 1977 fu ucciso da un gruppo armato armeno.