Il Gps inguaia Palamara: incontri col pm del lobbista
IL VERBALE Agli atti i dati sugli appuntamenti coi magistrati di Roma e Messina. L’interrogatorio di Amara: “L’ex pm raccoglieva informazioni”
Ginterrogatori di Piero Amara a Perugia – in buona parte coperti da omissis – sembrano l’inizio di un gran ballo al quale sarà invitata una fetta di magistratura italiana. L’ex legale esterno dell’eni, che ha corrotto più di un magistrato tra Roma e Siracusa, e per questo è indagato e a Messina ha già patteggiato una pena, il 4 e il 17 febbraio scorso - interrogato anche su altre vicende - racconta alla procura di Perugia la sua versione dei fatti sul caso Palamara. È assistito dal suo avvocato, Salvino Mondello, e parla da indagato in procedimenti connessi. Per i pm perugini è un punto a favore: le sue rivelazioni saranno riscontrate dall’accusa in più di un punto e consentiranno di rimodulare la contestazione a Palamara: corruzione in atti giudiziari.
INVISCHIATO
in più di un’indagine ormai da tempo, Amara ha atteso davvero a lungo prima di mettere sul tavolo i fatti che ora leggerete. Le sue parole giungono giusto dopo che il gip di Perugia aveva chiesto all’accusa di riqualificare le contestazioni a Palamara: è legittimo – al di là del contenuto – chiedersi perché non l’abbia fatto prima. Ma veniamo alla sua deposizione: Amara sostiene di aver ottenuto notizie sulle indagini che lo riguardavano attraverso l’i mprenditore Fabrizio Centofanti che, a sua volta, le riceveva da Palamara, il quale aveva due fonti: l’attuale procuratore generale di Messina Vincenzo Barbaro. “Tutto inventato – commenta Fava – non ho mai riferito nulla a Palamara, che non mi ha mai chiesto nulla su Centofanti”. Smentisce anche Barbaro: “Non ho mai fornito notizie a Palamara. Fu lui una volta, come ho scritto in una relazione di servizio, a dimostrarmi di essere informato su un’inchiesta che riguardava un suo amico, ma non mi chiese informazioni e non gliene diedi il tempo”. La procura ha fatto alcuni riscontri sui movimenti di Barbaro: il 10 ottobre 2017 è a Roma, poi farà un relazione di servizio in cui segnalerà che Palamara è a conoscenza dell’i nchiesta in cui è indagato un suo “amico”: che fosse indagato a Roma già era noto, ma non a Messina, quindi la procura sostiene che Palamara fosse a conoscenza di un dato indebitamente acquisito. Il 14 febbraio e 15 marzo 2017 Barbaro è a Roma e in quei giorni tra le 20 e le 21 il Gps dimostra che Centofanti è una volta vicino casa Palamara e un’altra vicino al Csm. Bisogna ricordare che Fava voleva arrestare Amara e che Barbaro non solo l’arrestò, ma è intervenuto sul patteggiamento
Perugia Il legale ha fatto i nomi di Barbaro e Fava E parla di un “tenente donna della Gdf che fece rivelazioni importanti”
del suo amico Giuseppe Calafiore chiedendo sanzioni più severe. E Amara parte proprio da qui: “Barbaro ha impugnato il patteggiamento di Calafiore e temo che ci sia un intreccio sistemico che possa danneggiarmi”. E ancora: “Prima di arrestarmi (...) Centofanti... mi disse che Barbaro si era rivolto a Palamara perché l’appoggiasse” per “un incarico direttivo... Barbaro aveva riferito che a carico mio di Calafiore e Centofanti non c’era nulla... (...) Dopo i nostri arresti nel febbraio 2018 (...) Barbaro (...) avrebbe riferito a Palamara: ‘Hai visto, fino a che ci sono stato io non è successo niente, poi è arrivato De Lucia (procuratore di Messina, nd r) ed è successo quello che è successo”. Il Fatto può però aggiungere un dettaglio: Barbaro il 7 febbraio 2018 riceve un sms da suo collega che, proprio sull’inchiesta che riguarda Amara e gli arresti, fornisce una versione diversa: “Caro Vincenzo mi pare che l’operazione sia andata bene, quanto meno grande armonia, cosa non sempre scontata di questi tempi. Messina può andare più in profondità di altri uffici... hai dato il calcio di inizio...”.
SU FAVA,
Amara racconta:: “Settimanalmente, nel corso delle loro partite a tennis, informava Palamara delle indagini in corso nei nostri confronti (...) Ha riferito a Palamara del collegamento investigativo con Messina, che era costituito un pool di magistrati e delle riunioni periodiche con la Guardia di Finanza”. Poi aggiunge: “Un tenente donna della Gdf ( della quale non fa il nome, ndr) ha fatto a me e Centofanti delle rivelazioni importanti. (...) riferì che era scoppiata una guerra all’interno della magistratura e che Fava intendeva colpire Pignatone ( Giuseppe, all ’epoca procuratore capo di Roma, ndr). Confidò che Fava era al corrente della nomina che avevo fatto come consulente del fratello di Pignatone (...) che intendeva indagare me per colpire Pignatone (...). Fava (...) riferiva a Palamara che Pignatone non mi avrebbe fatto arrestare in virtù del rapporto che, secondo lui, avevo avuto con il fratello (...) Non riferiva tali notizie per aiutare me ma per criticare l’operato di Pignatone”. In un altro passaggio spiega che, poiché non fu avvertito da Palamara del suo futuro arresto, Centofanti avrebbe commentato: “Guarda questo pezzo di merda!”.