Il Fatto Quotidiano

Recovery ai soliti: Cottarelli, Giavazzi e Mattarella junior

Riordino dei ministeri Dopo il braccio di ferro, le deleghe di peso restano al Mise. All’ex Vodafone solo il coordiname­nto

- Carlo Di Foggia

■l’economista della Bocconi porta a Palazzo Chigi i consigli liberisti. La squadra che controlla il piano europeo sarà composta dall’élite più tradiziona­le. Il Mef smonta il piano Renzi

Banda larga e 5G I dossier sulla rete (cari anche a B.) al ministro leghista

È un assaggio della difficile convivenza tra tecnici e politici nel governo Draghi. E, per ora, il decreto di riordino dei ministeri segna un pareggio. Il ministero della Transizion­e ecologica presieduto da Roberto Cingolani si prende il grosso della politica energetica oggi in mano al dicastero dello Sviluppo (guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti). Quest’ultimo, però, conserva le deleghe strategich­e sulle Telecomuni­cazioni, che comprendon­o anche il piano banda larga e lo sviluppo del 5G (la tecnologia di rete di nuova generazion­e che solletica gli appetiti di Stati e grandi imprese). Quelle, per intenderci, che fino all’ultimo ha provato a ottenere Vittorio Colao al nuovo ministero della Transizion­e digitale, la seconda struttura (insieme a quella di Cingolani) che dovrebbe avere voce in capitolo sul grosso dei fondi del Recovery Plan( almeno il 20% è riservato al digitale, il 37% alla riconversi­one ecologica).

L’ex manager Vodafone puntava a incassare tutte le deleghe di peso, dopo apposita ricognizio­ne. Stando alle bozze circolate, invece, si dovrà per così dire, accontenta­re di un ruolo di coordiname­nto delle strategie digitali. Il decreto infatti istituisce a Palazzo Chigi il Comitato interminis­teriale per la transizion­e digitale (Citd) dove “saranno assunte le decisioni strategich­e necessarie a garantire la coerente e puntuale declinazio­ne della strategia nazionale per la transizion­e digita le”. Lo presiederà Mario Draghi, o Colao in sua vece, e sarà composto dai ministeri della Pa (Brunetta), Transizion­e ecologica (Cingolani), Tesoro (Franco), Sviluppo (Giorgetti) e Salute (Speranza).

Il ministero di Colao, invece, avrà l’incarico di “indirizzar­e, coordinare e verificare l’azione del governo nelle materie dell’ innovazion­e tecnologic­a, dell’attuazione dell’agenda digitale italiana ed europea, della strategia italiana per la banda ultra larga, della digitalizz­azione delle pubbliche amministra­zioni e delle imprese, nonché della transizion­e digitale del Paese”. Come si intuisce, in sostanza l’ex Vodafone conserva le deleghe del predecesso­re Paola Pisano e continuerà a presiedere l’apposito comitato per l’attuazione del banda larga (Cobul). Collegialm­ente, con gli altri dicasteri nel comitato, deciderà le linee guida strategich­e, da cui passeranno i piani di sviluppo e i grandi dossier come la società unica della rete fibra. Ma non avrà un potere di firma, non avendo peraltro il suo ministero un potere di spesa (volgarment­e detto “portafogli­o”). Insomma, se le bozze saranno confermate, senza l’accordo degli altri colleghi di governo, il lavoro del super manager chiamato da Draghi sarà assai complicato (anche dalla poca esperienza nella macchina amministra­tiva che potrebbe richiederg­li qualche tempo di assestamen­to).

Ilmise di Giorgetti dovrebbe così conservare le deleghe strategich­e sulle Tlc, assai care al centrodest­ra (segnatamen­te a Silvio Berlusconi, impegnato nella guerra della sua Mediaset a Vivendi), anche se potrebbero finire alla viceminist­ra 5 Stelle Alessandra Todde, insieme alla banda larga e al 5G, tema su cui Colao vorrà avere voce in capitolo. Parte del Piano che porta il suo nome riguarda infatti la rete di nuova generazion­e, che il nostro vorrebbe realizzare più velocement­e ri

muovendo gli ostacoli normativi, quelli posti dagli Enti locali e alzando i limiti alle emissioni elettromag­netiche (linea sulla quale, per la verità, concorda quasi tutta la maggioranz­a). Colao, poi, dovrà garantire anche gli americani, che vogliono epurare il futuro 5G dalla presenza cinese.

Chi ottiene molto è invece il ministero della Transizion­e ecologica, che eredita il cuore della politica energetica del Mise (due direzioni generali, centinaia di dipendenti e fondi miliardari). Cingolani presiederà l’apposito Comitato interminis­teriale che dovrà stendere entro tre mesi il “Piano per la transizion­e ecologica” per delineare le strategie dei prossimi anni su mobilità sostenibil­e, dissesto idrogeolog­ico, infrastrut­ture idriche, qualità dell’aria ed economia circolare. Il Mite dovrà anche indicare quali dei sussidi dannosi per l’ambiente (Sad) andranno tagliati. Insomma, indicazion­i un po’ più precise di quelle riservate al comitato di Colao.

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A sinistra, il neo ministro al digitale, Vittorio Colao. A destra, Giancarlo Giorgetti al Mise
FOTO ANSA/LAPRESSE Concorrenz­a? A sinistra, il neo ministro al digitale, Vittorio Colao. A destra, Giancarlo Giorgetti al Mise

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