“Di Astrazeneca basta la prima dose. Per 3 mesi”
Dosi Consegne in ritardo, ipotesi di limiti Ue all’export. Speranza: strette fino a Pasqua. Cts, scontro su teatri e cinema
Al ministero della Salute, di fronte agli ulteriori ritardi nelle consegne, sono orientati a raccomandare la seconda dose del vaccino Astrazeneca anche a più di tre mesi dalla prima. Per consentire alle Regioni di evitare scorte e accelerare il piano vaccinale. È il modello britannico, validato anche da un articolo dalla prestigiosa rivista
Lancetsecondo il quale il richiamo dopo 12 settimane (tre mesi appunto) ha un’efficacia dell’81,3% contro il 55% con la secondi dose in 6 settimane. Studi delle università di Edimburgo e Glasgow danno conto di una forte protezione, almeno per tre mesi, anche dopo una sola somministrazione. Insomma, se mancheranno le dosi, il rischio potrebbe essere minimo. L'hanno già corso in Gran Bretagna, di fronte a un aumento esponenziale dei contagi che ora si è ridotto anche grazie al lockdown. Ipotizzava 4 mesi tra le due dosi, già a metà gennaio sul Corriere della sera, il professor Giuseppe Remuzzi, farmacologo di fama internazionale e direttore dell’istituto Mario Negri. Il protocollo italiano prevede tre mesi, per andare oltre bisogna cambiarlo.
Astrazeneca ha scritto ieri che farà “tutto il possibile” per consegnare 5 milioni di dosi entro marzo all’italia, ma non ha smentito la notizie di un dimezzamento delle forniture previste per il trimestre aprile-giugno. Per noi sarebbero 11 milioni di dosi in meno: oltre cinque milioni di persone, considerando due dosi. E proprio su AstraZeneca il governo punta per rimediare alle insufficienti forniture di Pfizer/biontech emoderna. Questi ultimi vaccini saranno riservati agli over 80 e ai circa due milioni di italiani affetti dalle patologie più gravi. Ma ci vorrà una Conferenza Stato-regioni per formalizzare il passaggio e quello già faticosamente definito dall’aifa sulla somministrazione di Astrazeneca ai 56/65enni (fin qui era “consigliato” solo sotto i 55 anni).
EUROPA DRAGHI SENTE MICHEL L’UE VUOLE CORRERE AI RIPARTI
Si tratta poi di accelerare la campagna, che va a rilento in molte Regioni. E di mettere in campo una nuova strategia Ue: ieri Mario Draghi, in vista del Consiglio europeo, ha parlato con Charles Michel, l’ex primo ministro belga che guida l’organismo e si è detto “felicissimo” di lavorare di nuovo con l'ex presidente della Bce. Non ci sono conferme che tra i temi in discussione ci sia l'ipotesi di limitare le esportazioni fuori dall’ue di vaccini prodotti sul suo territorio.
Il ministro della Salute Roberto Speranza ha confermato al Senato e alla Camera la linea del governo: “Prudenza, non è ancora il momento delle riaperture”. Ha criticato anche la “proprietà esclusiva dei brevetti” dei vaccini. Maggioranze schiaccianti: 235 sì e 23 no a Palazzomadama, 359 sì e 27 no a
Montecitorio. Eppure sembrava di sentire lo Speranza del Conte 2: “L‘RT si avvia a superare la soglia di 1”. È certo, domani lo sapremo ufficialmente. Del resto i contagi aumentano (+ 16% negli ultimi 7 giorni, +40% in Lombardia) e cinque Regioni sono sopra la soglia del 30% nelle terapie intensive (e altrettante vedono aumentare i malati gravi). Sono le varianti inglese, brasiliana e sudafricana che preoccupano: si moltiplicano le zone rosse locali. L’unica nuova concessione ai partiti che chiedono “discontinuità” e “aperture” è quella del lunedì: le ordinanze che decidono i colori delle Regioni non entreranno più in vigore la domenica ma il lunedì, in modo da evi
tare stress a metà weekend quando si passa dal giallo all’arancione come accadrà a diverse Regioni alla fine di questa settimana. Draghi vuole che le misure siano note per tempo. A breve il nuovo Dpcm, durerà fino a Pasqua.
Mentre il ministro della Salute difendeva le chiusure, il ministro della Cultura e capodelegazione Pd Dario Franceschini perorava al Cts la causa della riapertura “a fine marzo” di teatri, cinema e sale da concerto. Esperti divisi: i dirigenti della Salute e il presidente dell'iss Silvio Brusaferro contrari; più favorevoli alcuni professori, accusati dai colleghi di eccessiva sensibilità alla richiesta di un politico potente. Parere rimandato a domani.