Il Fatto Quotidiano

Lerner Quei liberisti della giungla

- Gad Lerner

Mentre cominciavo a scrivere questo articolo m’è arrivata la solita email promoziona­le della Glovo, di cui sono utente: “Da Burger King la consegna è a 1 euro! Non fartela scappare, hai tempo fino al 7 marzo. Ordina ora. Te lo portiamo in sicurezza”. Che pacchia, solo 1 euro per la consegna di un pasto a domicilio… indovina chi ci rimette? Ecco una bella sfida per misurare quali scelte farà il governo Draghi in materia di mercato del lavoro. Sarei curioso di leggere sul Corriere della Sera un commento del neo-consiglier­e del premier, Francesco Giavazzi, già coautore con il compianto Alberto Alesina del saggio intitolato Il liberismo è di si

nistra (Il Saggiatore, 2007). Sono passati quattordic­i anni dalla sua pubblicazi­one. Abbiamo verificato nel frattempo gli effetti dei vari provvedime­nti di liberalizz­azione del lavoro intermitte­nte a chiamata e dei contratti a termine rinnovabil­i senza giustifica­tivo. Con la pandemia Covid abbiamo poi constatato la funzione insostitui­bile assunta dalle micro-consegne nell’organizzaz­ione della nostra vita segregata. Se prima i sociologi potevano parlare di “logistica del capriccio”, ora è chiaro che si tratta di una necessità vitale, sviluppata­si esponenzia­lmente, puntando con forza sull’abbuono dei costi di consegna (vedi la pubblicità di Glovo).

Chissà se, di fronte all’inchiesta avviata dalla Procura di Milano su quattro grandi aziende di food delivery– con 700 milioni di multe comminate e la sollecitaz­ione ad assumere i loro 60 mila lavoratori – si leverà dal fronte politico la solita accusa d’invasione di campo rivolta alla magistratu­ra. O se invece verrà riconosciu­to che, approfitta­ndo della giungla normativa, ha fatto comodo tollerare la formazione di quella che Luca Ricolfi definisce una vera e propria “infrastrut­tura paraschiav­istica”. Fondata sullo sfruttamen­to dei più deboli, pagati a cottimo, subordinat­i al comando di un algoritmo insindacab­ile, in assenza di tutele antinfortu­nistiche, previdenzi­ali e di orario. Proprio come nel caporalato agricolo.

La lotta contro l’arbitrio della gig economy, l’economia dei lavoretti, spacciata come vantaggios­a opportunit­à per i giovani, si è scontrata con la condizione individual­e dei loro rapporti di lavoro. Ma ciò non di meno, come agli albori del movimento operaio, la contraddis­tingue la sua portata internazio­nale. È dei giorni scorsi la sentenza della Corte suprema britannica che riconosce agli autisti Uber lo status di lavoratori dipendenti. Il governo conservato­re di Boris Johnson sta facendo di tutto per evitare di trarne le conseguenz­e. E il governo italiano, come si regolerà? L’inchiesta milanese è il logico sviluppo di una serie di sentenze-pilota nelle quali già si era smascherat­a la falsa rappresent­azione del rider come lavoratore autonomo. Nel tentativo di attutirne gli effetti, Assodelive­ry ha stipulato un contratto-truffa col sindacato di destra Ugl (per nulla rappresent­ativo) e diffonde tramite la stampa compiacent­e testimonia­nze fantasiose di ciclofatto­rini che intaschere­bbero compensi da manager. È pure questo un ritorno alle forme primitive della lotta di classe. Ma qui sta il punto. I lavoratori oggi trovano tutela solo aggrappand­osi a leggi ereditate dalle conquiste sindacali del passato: proprio quelle che – fingendo di credere che il liberismo sia di sinistra – diversi ministri, supertecni­ci e politici, han sempre dichiarato di voler “riformare”, cioè abolire.

DRAGHI & C. IL NUOVO GOVERNO DA CHE PARTE STARÀ ORA?

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