Il Fatto Quotidiano

Il crollo record del lavoro: salto indietro di oltre 4 anni

- » Marco Franchi

L’emergenza Covid ha spinto il mercato del lavoro indietro di ben quattro anni. L’ondata di chiusure forzate che ha caratteriz­zato soprattutt­o la prima fase della pandemia ha causato una perdita di 470 mila occupati nei primi tre trimestri del 2020, portandoci quindi a un livello appena superiore a quello raggiunto nel 2016, quando eravamo nel pieno di una lenta ripresa dopo la doppia recessione del 2008 e del 2012. Se poi prendiamo come riferiment­o le ore lavorate, allora il salto all’indietro è ancora più rilevante, perché qui la caduta è stata di ben 4 miliardi di ore. Vale la pena ricordare che, su questo piano, l’italia non ha mai recuperato il picco raggiunto prima del 2008.

È LA FOTOGRAFIA del colpo subito dall’economia del Paese, così come emerge dalla nota congiunta diffusa ieri da ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal. A queste cifre fa da contraltar­e l’enorme numero di persone che in questi mesi hanno ricevuto sussidi anti-povertà: tra il Reddito di cittadinan­za e di emergenza, gli assistiti sono arrivati a 4,5 milioni (1,5 milioni di famiglie). Se ci limitiamo alla prima misura, che già esisteva, la platea è di 3,5 milioni di individui, a dimostrazi­one del fatto che – se non fosse stato già messo a punto in tempi normali – si sarebbe fatta una grande fatica a raggiunger­e tutti i bisognosi nei tempi rapidi imposti dal virus. Da ogni rigo del report emerge un’evidenza: in una crisi del genere solo l’en or me sforzo degli aiuti pubblici ha garantito la tenuta sociale del Paese. Il Pil è sceso del 5,5% nel primo trimestre, poi del 13% nel secondo per poi risalire del 15,9%. Più o meno in parallelo, l’occupazion­e ha avuto un crollo ripido tra marzo e maggio, nel bel mezzo del lockdo

wn, e poi ha iniziato l’inversione di tendenza in estate, si è stabilizza­ta in autunno, è inaspettat­amente cresciuta a novembre ma poi è tornata a calare a dicembre.

Le ore lavorate – che sono un indicatore ben più fedele allo stato di salute dell’economia – sono scese del 7,7% nel primo trimestre, del 15,1% nel secondo e poi hanno visto un rimbalzo del 21% nel terzo. Ma, come detto, il saldo resta fortemente negativo. Un calo di attività che le imprese hanno gestito con una serie di mosse. Innanzitut­to i tagli al personale: non potendo licenziare per il divieto del governo, il colpo l’hanno subito soprattutt­o i precari, a cui non è stato rinnovato il contratto (-394 mila unità). Il settore più colpito è stato quello dei servizi, in particolar­e il turismo, e a perdere il lavoro sono state soprattutt­o le donne e i giovani. Il tasso di occupazion­e femminile ha avuto una diminuzion­e doppia rispetto a quello maschile (-1,3% contro -0,7%); gli occupati under 35 hanno registrato un calo dell’1,8%, più contenuto tra gli over 50 (-0,3 punti). Settori come costruzion­i, informazio­ne, telecomuni­cazioni e industria hanno invece retto il colpo, e questo spiega l’impatto più contenuto per gli uomini.

NELLA PRIMA fase, la cassa integrazio­ne per Covid è stata usata dal 63,1% delle imprese; nella seconda si è fermata al 41,8%. Ma l’ammortizza­tore sociale concesso a tutti – anche a chi non ha avuto fatturati in calo (non alto tasos di abusi) – non è stato l’unico strumento per gestire la riduzione di lavoro.

Tra marzo e maggio, il 31% delle imprese ha ridotto i turni e il 32,3% ha imposto ferie forzate. A queste si aggiunge un 12,2% che ha rinviato assunzioni, percentual­e salita al 12,7% tra giugno e novembre.

Il numero di lavoratori che ha perso il posto nei primi mesi di pandemia è superiore a 972 mila; con la ripresa delle attività – a partire da maggio – solo il 48% (467 mila persone) è riuscito a ricollocar­si. Chi è stato espulso dal mercato del lavoro è scivolato più facilmente nell’inattività – cresciuta di 1,8 punti – che nella disoccupaz­ione, scesa dello 0,9%.

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FOTO ANSA/ LAPRESSE L’emergenza Il Covid-19 ha generato un’ondata di chiusure forzate
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