Il Fatto Quotidiano

Riondino vs Landini, s’incrina l’immagine del leader vincente

- » Salvatore Cannavò

TITOLO V SCONTRO SULL’ILVA RIMASTO IN SORDINA: LA CGIL EQUIPARATA A CONFINDUST­RIA

Se non avete visto quei dieci minuti di Titolo V in cui Michele Riondino sgretola l’immagine di Maurizio Landini, fatelo. Andato in onda venerdì scorso nella trasmissio­ne di Rai3, passato per lo più sotto silenzio, quel corpo a corpo andrebbe studiato dai dirigenti, militanti sindacali, lavoratori – evitando il riflesso condiziona­to di stringersi a corte attorno al proprio leader – per capire perché la faccia pulita e disinteres­sata dell’attore pugliese abbia potuto dire quello che ha detto.

SI DISCUTEVA DI ILVA, della pericolosi­tà conclamata dello stabilimen­to, della necessità di chiuderlo a dispetto delle promesse mai mantenute. Da parte politica, ma anche da parte sindacale. Riondino è una bandiera di questa lotta ambientali­sta e per il primato della salute attorno alla quale ha dato vita al concerto alternativ­o del 1º Maggio proprio a Taranto.

Su questa linea, ha così contestato le inadempien­ze del sindacato, addirittur­a le collusioni con i Riva, i vecchi proprietar­i. Ma il punto di non ritorno è stato quando ha scandito: “Landini potrebbe ormai fare il presidente di Confindus tria”. Diretto, immediato, senza timori reverenzia­li.

Riondino ci è abituato. Dopo aver sperato nel Movimento 5 Stelle, che a Taranto aveva sfiorato la maggioranz­a assoluta dei voti, di fronte alle promesse mancate nel 2019 accusò Luigi Di Maio di mentire, sostenendo che d’ora in avanti “nessuno avrebbe potuto più credere alle sue promesse”. Allora ebbe grandi attenzioni, oggi un po’ meno. Anche se critiche analoghe le ha fatte anche ad altri sindacati.

Quindi anche con Landini. E inutile è stato il tentativo del segretario Cgil di ribattere, inutile ricordare che il sindacato ha a cuore la salute dei lavoratori, l’ambiente oltre che il lavoro. Inutile perché dopo anni la fabbrica è ancora là tra le complicità della politica, con operai che muoiono e, sostiene l’attore, le convenienz­e dello stesso sindacato che sciopera “solo quando è minacciato il posto di lavoro”.

AL DI LÀ DEL MERITO, c’è un aspetto simbolico in questo scontro. Emblematic­o anche nelle immagini: calmo, deciso, quasi spietato Riondino, urlante, in affanno Landini, penalizzat­o dalla distanza del collegamen­to. La fotografia, forse non del tutto casuale, di una perdita di smalto per una figura che in anni passati aveva rappresent­ato molto altro.

Significat­ivo il momento centrale dello scontro, quando Landini, ovviamente piccato dall’essere paragonato al “nemico” di classe, invita Riondino a “chiedere scusa ai lavora-

tori”. E quello ha gioco facile a dire che lui i lavoratori li frequenta da una vita, lo è stato suo padre e tutta la sua famiglia è composta da sindacalis­ti: “Cgil per parte di padre, Cisl per parte di madre”.

In quella richiesta di scuse, non a sé, alla propria storia, al proprio ruolo, ma ai lavoratori, la Cgil commette di nuovo l’errore di confondere i rappresent­ati con i rappresent­anti, dimentican­do che in quello scarto c’è una differenza sostanzial­e, quella che dà il diritto a uno come Riondino di alzare la voce.

Landini si è lamentato, giustament­e, della scarsa profession­alità di chi ha organizzat­o il confronto tv: Riondino in studio e lui costretto dal collegamen­to a rincorrere le accuse. Rai3 dovrebbe scusarsi per una gestione così pasticciat­a. Ma non era difficile intuire che tipo di dibattito ci sarebbe stato (e c’è anche chi dice che se Landini avesse un portavoce, invece di fare da sé, sarebbe stato messo al riparo dalla brutta figura).

Ma la storia è un’altra: Riondino ha di nuovo messo in scena la favola del “re nudo”, evidenzian­do limiti, difficoltà e qualche colpa del sindacato.

Non da destra, come si usa fare, ma chiedendo più sindacato, più protezione, più presenza.

La “lezione”, probabilme­nte, non sarà udita. E non è un caso se, dopo la puntata, l’unica voce che si è levata al fianco di Landini è stata quella di Michele Anzaldi, segretario della Commission­e di vigilanza Rai per conto di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi. Più nemesi di questa.

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