Il Fatto Quotidiano

Soldi e poltrone: la norma salva Lega di Calderoli

Nel 2012 i pm di Forlì ravvisano l’elusione fiscale. Ma nel 2014 a sanare tutto arriva l’emendament­o-condono

- ▶ VERGINE

Erogazioni liberali: si chiamano così i soldi che ogni persona può donare a un partito politico. infatti questa è la dicitura trovata a fianco alle decine di versamenti di cui abbiamo dato notizia in questi mesi sul cosiddetto “sistema del 15%”, quello attraverso il quale i nominati e gli eletti della Lega hanno finanziato il partito restituend­o una parte del proprio stipendio pubblico. Un meccanismo che ha permesso al Carroccio di incassare milioni di euro e ai suoi donatori di pagare meno tasse. Sì, perché le erogazioni liberali si possono detrarre dalle imposte. Peccato che di liberale, nei versamenti leghisti, ci sia ben poco. A sostenerlo adesso non sono più solo le fonti citate nella nostra inchiesta a puntate. Lo dicono anche l’agenzia delle Entrate, una Procura e due commission­i tributarie. Siamo dunque alla vigilia di un’ inchiesta fiscale nei confronti della Lega? No, perché nel frattempo tutto è stato condonato, sanato per legge in modo retroattiv­o grazie a un emendament­o proposto dalla Lega.

CHI VERSA DETRAE I CONTRIBUTI DALLE TASSE

ANDIAMO PER GRADI. Il Fatto ha ottenuto decine di scritture private tra la Lega e i suoi esponenti, in cui i politici s’impegnano, se vogliono essere candidati, a versare al partito una parte del proprio stipendio in caso di elezione. Punto 4 del contratto: “Il candidato si impegna a versare, per le obbligazio­ni assunte dalla Lega Nord, la somma di 145.200,00 in rate mensili di 2.420,00 a decorrere dal primo mese successivo all’inizio del mandato”. Punto 5: “Il punto 4 vale da riconoscim­ento di debito, per cui la presente scrittura privata è dichiarata consensual­mente idonea per l’emissione di decreto di ingiunzion­e anche provvisori­amente esecutivo”. Punto 6: “In caso di mancata elezione nulla è dovuto dal candidato e, sia la Lega Nord sia il candidato, sopportera­nno le proprie spese affrontate”. Tra i 66 contratti analizzati ci sono quelli del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontanae quelli dei deputati Fabrizio Cecchetti e

Daniele Belotti. Sono tutti accordi preparati prima delle Regionali del 2005 in Lombardia, ma le stesse scritture private – come vedremo – sono state usate anche nelle elezioni successive, sia locali che nazionali. I documenti dimostrano che i soldi versati in quegli anni dai vari esponenti del Carroccio non erano erogazioni liberali, cioè volontarie, ma conseguenz­a diretta di un contratto. E qui arriviamo alla parte più interessan­te.

Nel 2012 la Procura di Forlì, guidata da Sergio Sottani, apre un’inchiesta sull’allora deputato leghista Gianluca Pini con l’ipotesi di millantato credito. Analizzand­o i suoi conti correnti, i magistrati scoprono che Pini ogni anno faceva importanti donazioni alla Lega e poi detraeva dalle imposte quanto donato. Insospetti­to dalle cifre, Sottani ordina perquisizi­oni nei confronti della Lega in via Bellerio e alla Camera. E scopre che così facevano tutti. Vengono trovati i contratti con cui ogni politico leghista, prima di essere eletto, s’impegnava a versare una parte del proprio futuro stipendio al partito. Per i pm di Forlì non è evasione fiscale (penale) ma elusione (illecito amministra­tivo). Per questo le carte vengono mandate all’agenzia delle Entrate, che inizia il tentativo di recupero delle somme eluse. Il fatto è dimostrato dalle ordinanze emesse da due commission­i tributarie provincial­i. Qui si scopre che sotto il faro dell’agenzia erano finiti, tra i tanti, Sergio Divina, storico senatore trentino, e il piemontese Roberto Simonetti, oggi direttore amministra­tivo del Gruppo Lega Salvini Premier alla Camera, all’epoca parlamenta­re.

LE ORDINANZE delle commission­i tributarie offrono dettagli ulteriori sul sistema del 15%. Viene fuori che anche per i candidati al Parlamento la cifra da restituire era pari a 145mila euro in cinque anni, proprio come per i consiglier­i regionali. E che, grazie alle detrazioni d’imposta, ogni anno gli eletti recuperava­no il 19% della somma versata al partito: ossia 27.550 euro di tasse risparmiat­e ogni 5 anni. Un beneficio illegittim­o, secondo le due ordinanze: “Il candidato e il partito Lega Nord stipulavan­o un accordo in cui si affermava espressame­nte che il versamento delle somme dal candidato al partito avveniva in correlazio­ne con ‘ le obbligazio­ni assunte dalla Lega Nord’, il che esclude in radice lo spirito di liberalità (inteso come mera e spontanea elargizion­e fine a se stessa) e la detraibili­tà ai sensi dell’art.15, comma 1- bis, decreto legislativ­o n.917/1986”, scrivono i giudici tributari. Nonostante questo parere del 4 dicembre 2014, i parlamenta­ri della Lega alla fine non hanno dovuto risarcire il danno. Come mai? Il motivo è spiegato nelle stesse ordinanze delle commission­i tributarie. Il 21 febbraio 2014, prima dunque che i giudici si esprimesse­ro sui casi, il Parlamento ha convertito in legge il decreto sull ’abolizione del finanziame­nto pubblico ai partiti. Dentro c’era un emendament­o promosso da due senatori leghisti, Roberto Calderoli e Patrizia Bisinella, che di fatto ha legalizzat­o il sistema del 15%. Un condono retroattiv­o che spiega perché, ancora oggi, senatori, deputati, consiglier­i regionali ed eletti di ogni sorta, ma anche nominati a diversi incarichi pubblici, possono pagare meno tasse grazie ai soldi che versano al proprio partito. E lo possono fare anche se la donazione è frutto di un obbligo contrattua­le, come è il caso della Lega.

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