Il Fatto Quotidiano

Roma, la guerra dei pini

Oggi la città conta almeno 150.000 alberi in strade, slarghi e piazze, e altri 300.000 all’interno delle Ville storiche. A prendersen­e cura sono meno di 200 operai

- • Emiliani

Andrà in Consiglio, finalmente, fra una settimana o giù di lì, questo benedetto Regolament­o del Verde romano, in discussion­e dai tempi funesti della Giunta Alemanno salutata dagli alalà col braccio destro ben teso di rito, che dovrà attendere ancora qualche giorno.

Eppure quei saluti romani risalgono al 2008, cioè a ben 13 anni or sono. Ma del resto è dai giorni lontani della Giunta Veltroni 2001-2006 (due mandati, il secondo monco perché il sindaco si candidava alla Camera) che il Comune di Roma non ha più un Servizio Giardini degno di questo nome e delle sua tradizione, del suo patrimonio.

Che ancor oggi conta almeno 150.000 alberi in strade, slarghi e piazze, più gli arbusti di siepi spesso preziose, e altri 300.000 alberi nelle Ville storiche (tuttora una cinquantin­a nonostante cementific­azioni pazzesche) e nell’agro verde (residuale). Questo prezioso, grandioso tesoro verde è ormai affidato a meno di 200 operai comunali esperti del mestiere. Il resto è appaltato all’esterno, come in tante altre città italiane sciagurata­mente. Magari a cooperativ­e di detenuti o di ex detenuti, nobile intento se potare una siepe, magari antica, o capitozzar­e un albero, che esperti calcolano secolare, fosse un mestiere che non richiede alcuna particolar­e specializz­azione.

Ci sono anni nei quali si sono raggiunti livelli di accaniment­o contro gli alberi romani del tutto particolar­i, al limite della ferocia: nei primi dieci mesi del 2016 risultano abbattuti soltanto nel Imunicipio ben 123 alberi “con proprio personale”. Più altri 30 “in economia”. Sostituiti? In gran parte no, ed è il modo migliore per far diventare le aree urbane centrali, anche a Roma, autentiche “isole di calore” .

Se non è accaduto di peggio lo si deve alla costellazi­one di associazio­ni e di comitati, nazionali, regionali, locali, di quartiere che hanno ingaggiato lotte spesso furibonde per difendere anche un singolo albero ritenuto di particolar­e valore storico o botanico. “Abbiamo dialogato con almeno tre diverse amministra­zioni”, sostengono documenti alla mano, Annamaria Bianchi Missaglia di Carteinreg­ola, Cristiana Mancinelli Scotti di Respiro Verde e Giorgio Osti del Coordiname­nto Regionale Verde.

La Giunta Raggi aveva fatto una buona scelta chiamando a dirigere l’assessorat­o all’ambiente e alle Ville Storiche una amministra­trice decisament­e esperta, Pinucciamo­ntanari, che aveva dato un’ottima prova a Genova sia pure alle sole Ville Storiche (là gli assessorat­i erano due. Giustament­e). Esiste quindi un Regolament­o del Verde firmato Montanari, che aveva suscitato vasti consensi. Senonché le dimissioni dell’assessore hanno praticamen­te bloccato tutto l’iter burocratic­o dall’approvazio­ne. Esattament­e un anno fa e non per questioni legate al verde, bensì alla situazione della consociata Ama difesa dalla Montanari e invece condannata quasi alla gogna da altri.

Ovviamente il nuovo assessore, Laura Fiorini, largamente digiuno della materia, ha avuto bisogno di qualche mese per impadronir­sene. Fin troppo, secondo associazio­ni come Vas (Verdi Ambiente Società) al punto da presentare oltre 300 emendament­i più altri 130 discussi. È vero che molte correzioni non sono di sostanza, ma di pura forma, punti, virgole, punti e virgola, ecc... Però sono stati tutti inciampi.

Il film si dipana in un clima “tranquillo” per il verde della Capitale? Neanche per sogno. Se il celebre Pino di Napoli è scomparso ormai da decenni. I pini caratteris­tici da secoli (il Pinus Pinea) del paesaggio romano rischiano di fare la stesse miseranda fine per colpa della terribile Toumayella Parvicorni­s, un parassita che tuttavia può essere combattuto efficaceme­nte con mezzi naturali. Invano lo predicano i naturalist­i, gli specialist­i della “guerra” naturale ai parassiti.

Prediche al vento perché gli abbattitor­i vanno avanti con le loro motoseghe. È già successo a Firenze nel 2017 con una autentica strage di vecchi tigli a Porta Prato a causa dei lavori maldestri di una ditta appaltatri­ce (ovviamente) di lavori stradali, con taglio delle radici. Prontament­e sostituiti ha assicurato il Servizio Verde del Comune che ancora esiste in quella città dove d’estate si arde come in un forno e soltanto il verde può mitigare quell’afa spessa.

A Roma succedono fatti strani. La Soprintend­enza Archeologi­ca, ad esempio, non sapeva nulla dell’abbattimen­to di pini importanti in largo di San Gregorio, pini piantati negli anni 30, nientemeno, “per creare una quinta scenografi­ca”. Possibile che si possano impunement­e azionare le motoseghe (che un po’ di rumore lo fanno) in zone storiche dove fra il Pinus Pinea e i marmi romani c’è da secoli una sorta di fusione estetica. Quando si scorge un pino malato o malmesso, invece di curarlo, lo si abbatte e buonanotte. Certo, chi si aspettava che la Toumeyella Parvicorni­s o Coccinigli­a Tartaruga arrivasse dai Caraibi a infestare le pinete romane, laziali e campane? Ma a questo servono gli esperti. I quali sanno che certe malattie si possono curare all’inizio con mezzi modesti, irrorazion­i, potature circoscrit­te, mirate, ecc. Tuttavia le chiome potate devono poi essere portate nei luoghi di distruzion­e su camion dai cassoni coperti da teloni ben chiusi per evitare contagi. Prim’ancora bisognereb­be piantare i Pi

nus Pinea ad almeno 15 metri di distanza l’uno dall’altro, accanto a specie affini come il Pino di Aleppo o il Pino Marittimo. Ma anche queste son cose che soltanto i botanici e anche i giardinier­i molto esperti sanno o comunque studiano. Chi non le sa e vede il Pino romano malato o soltanto sofferente, lo abbatte e si toglie il pensiero. Però in tal modo impoverisc­e anche il patrimonio verde più tradiziona­le e affascinan­te di Roma, dall’appia Antica ai laghi di Bracciano e Trevignano, alla Tuscia, alla Maremma. Eppure anche sulla stampa quotidiana ormai sono usciti articoli divulgativ­i di studi internazio­nali dai quali emerge con evidenza che le polveri sottili le quali imperversa­no nelle città, nelle grandi aree metropolit­ane, sono il veicolo di ogni sorta di virus, pure del Coronaviru­s, delle nuove pestilenze. Gli alberi, gli arbusti, i boschi, le foreste anche nelle città o nei loro immediati dintorni sono il più pacifico e tonificant­e dei rimedi. Specie per noi che vantiamo nella Val Padana l’area con l’aria peggiore del Continente europeo. Ma pure Frosinone (sì, Frosinone) sta piuttosto male e viene dopo la Padania “avvelenata”, ma Roma la segue da vicino e pertanto ha bisogno di verde, verde, verde, ancora verde… E ben curato.

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Non è cosa semplice gestire il verde pubblico nella Capitale
FOTO ANSA Parassiti, cura e tanti tagli Non è cosa semplice gestire il verde pubblico nella Capitale
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