Michetti non vola, Meloni “cacciata” dal Ghetto ebraico
Avrebbe voluto volare sopra la città come un imperatore. Per ammirarla e soprattutto sognarla. Ma anche il meteo gli è andato contro. È stato il vento, troppo forte, ad impedire a Enrico Michetti di salire su una mongolfiera. Voleva una chiusura in grande stile ma ha dovuto ripiegare su una depressa, quanto piccola, piazza Campo de’fiori dove i volti dei dirigenti e degli elettori del centrodestra sono terrei, ormai convinti di andare dritti verso la sconfitta contro Roberto Gualtieri. Il vento ha fatto andare su tutte le furie il tribuno radiofonico: “Ma non è possibile, tutte a me succedono” è stato lo sfogo di Michetti coi suoi. Proprio nel giorno di una nuova gaffe: ieri è uscito un audio di un discorso del 2017 di Michetti a Radio Radioin cui attaccava Papa Francesco sui migranti e diceva che in Vaticano vogliono “una grande ammucchiata” sull’accoglienza. Parole che stonano con il Michetti democristiano che si paragona ad Alcide De Gasperi.
CHE L’ULTIMO giorno di campagna elettorale del centrodestra fosse partito col piede sbagliato lo si era capito fin dalla mattina quando in Fratelli d’italia è andato in scena un mezzo psicodramma. Giovedì sera Giorgia Meloni, per spazzare via le ombre dei rapporti tra neofascismo e il suo partito, aveva annunciato per ieri un sopralluogo con una delegazione dei parlamentari di FDI alla Sinagoga per ricordare il rastrellamento nazista del 16 ottobre 1943. Ma poi di mattina è arrivato il dietrofront: niente sit-ine niente corona di fiori al Ghetto. Motivo: la presenza di Meloni e dei parlamentari di FDI non era gradita alla comunità ebraica. “Inopportuna” a due giorni dalle elezioni e soprattutto alla luce delle ultime inchieste – come quella di Fanpage – sui rapporti tra il mondo neo-fascista e FDI ma anche delle dichiarazioni antisemite di Michetti contro la “lobby” ebraica del 2020 ripescate nelle ultime ore. E così è stata la presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello a chiamare al telefonomeloni e farle sapere che la sua presenza al Ghetto non era gradita. Avrebbe spaccato la comunità ebraica. A ora di pranzo poimichetti è stato oggetto di minacce: il suo comitato elettorale è stato imbrattato con scritte in rosso (“fascista” e “ricordati di piazzale Loreto”) e una stella a cinque punte. La solidarietà è arrivata da tutti i leader di partito.
CHE L’ATMOSFERA sia pesante nel centrodestra si capisce anche dalle campagne separate dei leader. Matteo Salvini, capita l’antifona e prevedendo un pesante flop, ha deciso di girare al largo di Roma negli ultimi giorni. È stato al Nord e nelle città dove al ballottaggio ci sono i candidati leghisti, da Treviglio a Varese fino a Torino dove la partita è più aperta. Però ieri ha messo le mani avanti: “La notizia è se vinciamo”. E poi da Torino, con il candidato Paolo Damilano accanto, si è detto già soddisfatto per essere arrivati al ballottaggio. Sicché la campagna elettorale si chiude con poco entusiasmo. A Campo de’ Fiori la piazza è mezza vuota. Vittorio Sgarbi se la prende con chi impone vaccini e green pass. Silvio Berlusconi, pregato di intervenire, manda un saluto da Arcore e ripete, come una macchina rotta, di “andare a votare”. E Salvini, da Varese, si esercita in un improbabile romanesco: “Daje!”. Vengono scongelati anche Simonetta Matone e Guido Bertolaso (anche lui con videomessaggio). Meloni sale sul palco e il suo è quasi un discorso della sconfitta: per tutto l’intervento grida al complotto e alla “bravura della sinistra, più cattiva, in campagna elettorale”. Da piazza del Popolo Gualtieri, con Zingaretti e Bettini, parla di “vento positivo”. Il comizio del centrodestra lo chiude Michetti. Alza i toni, titilla i voti della Raggi e paragona queste elezioni a quelle del 1948 tra Dc e Pci. In caso di vittoria ha già organizzato un giro per la città con un pullman scoperto come quello della Nazionale dopo gli Europei. Ma potrebbe rimanere nel deposito.