Il Fatto Quotidiano

CHE STORIA, LA PASTASCIUT­TA Gli spaghetti al sugo in mostra

- » Maurizio Di Fazio

Nacquero come una variante del pane, ma gli antichi non gli conferivan­o la dignità di un pasto autonomo. Per millenni sono stati concepiti in bianco, col formaggio, la salsa magica è dilagata solo nell’800. Poi si sa come è andata. Oggi rappresent­ano il nostro marchio identitari­o più forte, l’ammiraglia della dieta mediterran­ea, il passeparto­ut globale dell’i talian food, in centinaia di formati e migliaia di ricette regionali. E ora una mostra celebra la Storia illustrata degli spaghetti al pomodoro: dove allestirla se non a Forlimpopo­li (Forlì-cesena), nella città, anzi, proprio nella casa natale di Pellegrino Artusi, il sommo gastronomo autore de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene? A marzo ne è stato celebrato il centenario dalla morte: tra l’altro, il padre dell’arte culinaria nazionale fu il primo a inserire ben dieci ricette “alla meridional­e” per condire la pasta. Muovendo da un intruglio alchemico di cipolla, aglio, sedano, basilico, prezzemolo, olio, sale e pepe.

ALLORA LA PASTASCIUT­TA veniva liquidata come una specialità locale napoletana: quanta acqua di cottura è passata sotto i ponti. L’inaugurazi­one dell’evento espositivo è prevista per oggi; il finissage il 22 novembre. Sempre a proposito di ricorrenze: il 25 ottobre è la “Giornata mondiale della pasta”, ormai associata al rosso, con una spruzzata di parmigiano. Insieme alla pizza, è il più potente antidepres­sivo naturale, economico e nemmeno troppo calorico.

La mostra, a cura del libraio antiquario milanese Andrea Tomasetig, prende le mosse dal saggio di Laterza Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro, scritto da Massimo Montanari, docente e storico dell’al i m e nt a z i on e . Cento pagine erudite, salate il giusto, sulla saga e sulle tante ibridazion­i della portata tricolore per antonomasi­a. La genesi inmesopota­mia, il ruolo subalterno nei banchetti greco-romani, gli arabi, la pasta fresca o secca, Marco Polo e la Cina, la Sicilia dei “ma n gi amaccheron­i”, le mani e la forchetta, la scoperta del pomodoro in Messico e quello in salsa spagnola, il “pepe d’india”, il burro e l’olio d’oliva. Montanari si è occupato delle didascalie, mentre le immagini sono farina del sacco dell’incisore Luciano Ragozzino. “Per ché da un libro così non fare una mostra? Ci siamo detti. Bella idea, ma ci voleva un artista all’altezza. La gastronomi­a è un tema difficile da trasporre nel linguaggio dell’ar te contempora­nea – spiega al Fatto Tomasetig –. Per fortuna c’è Ragozzino. L’ho conosciuto e apprezzato nella magica officina brianzola di Alberto Casiraghy. Per gli spaghetti ha usato una delle tecniche in cui è maestro, l’acquerello. Il risultato sono queste 18 tavole più morbide delle acqueforti e godibili per il colore, ironiche e puntuali nel contrappun­to grafico ai testi.

Sono certo che i visitatori da oggi in poi guarderann­o con altri occhi un bel piatto di spaghetti al pomodoro”. Metafore iconografi­che di doppio livello che si attorcigli­ano alle papille gustative della memoria. Ecco gli spaghetti che avvolgono lo Stivale congiungen­dosi con la sua geografia. Pulcinella che li porta alla bocca con voluttà. Le nozze tra il pomodoro e il peperoncin­o testé arrivati dall’america. La statua della libertà che imbraccia una forchettat­a fumante. Il fragoroso pesce d’aprile del 1957 della Bbc, che annunciava agli inglesi l’ottimo raccolto dei fantomatic­i alberi di spaghetti nella valle del Po. I vermicelli in uso ai tempi di Dante, è ancora il suo settecente­nario. Il tributo che lo stesso Artusi rese nel suo o

pus magnum, aggettivo quantomai pertinente, al poeta fiorentino. Le parole di Monica Alba e Giovanna Frosini che corredano due ulteriori tavole di Ragozzino.

La svolta iniziale e iniziatica avvenne intorno al 1500-600, grazie all’introduzio­ne delle “due macchine-chiave dell’industria pastaria, la gramola, cioè l’impastatri­ce meccanica, e il torchio, ispirato a quello per pigiare l’uva, che pressava la pasta nei fori di una trafila metallica onde ottenere le forme volute – sintetizza Montanari –. I maccheroni furono così promossi a cibo base partenopeo, e il binomio pasta- formaggio sostituì il tandem cavolo-carne”. Il rango degli spaghetti era mutato per sempre. Non sarebbero mai più mancati nelle dispense delle abitazioni borghesi e di quelle popolari, nei castelli e nelle stamberghe, nei ristoranti stellati o nelle osterie con mezza porzione. Spessi o sottili, standard e integrali, lunghi o corti. “Maccarone, m’hai provocato e io te distruggo”, sibilava Alberto Sordi in Un americano a Roma. Totò li fagocitava estaticame­nte e manualment­e, fino allo spasimo, in Miseria e nobiltà. “La vita è una combinazio­ne di pasta e magia” (Federico Fellini di

xit). Buona visione, e buon appetito.

A Casa Artusi si celebrano penne e maccheroni, da Pulcinella a NY

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ?? Italia da gustare
Italia da gustare
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy