Il Fatto Quotidiano

IL MARCHESE FERRANDO, SUA MOGLIE ALEJANDRA E QUELLA CONFESSION­E...

- DANIELE LUTTAZZI

Dai racconti apocrifi di Leopoldo Alas. Durante il regno di Ferdinando VI, un ufficiale di nome Miguel Ferrando partì per la guerra contro Francia e Prussia, e fu tanto determinan­te nelle vittorie spagnole che il re lo nominò sul campo marchese di Sagunto: non fu nominato ministro solo perché nel naso gli mancavano almeno 3 etti al minimo richiesto per quella carica. Comunque, al termine del conflitto, il marchese Ferrando, col suo volto duro, e quel paio di baffetti ridicolmen­te piccoli che sembrava dovessero rimanere nel fazzoletto quando ci si soffiava il naso, tornò in pompa magna a Sagunto, la cittadella fortificat­a dove aveva lasciato la giovane moglie Alejandra: la trovò in casa che, con una salutare mancanza di pudore, ballava seminuda in compagnia di una decina di uomini vigorosi, eccitati dalle sue grazie, poiché le piaceva godersi la vita, tanto poi si confessava. Il marchese non la prese benissimo; giunse a una conclusion­e definitiva, logica, diritta, perpendico­lare; e si domandò cos’altro fosse successo in casa sua durante la sua assenza. Qualche giorno dopo, venuto a sapere che Alejandra stava uscendo all’alba per andare a confessars­i nella solita chiesetta, il marchese mise in atto il piano che aveva escogitato. Si travestì da prete, come ogni prete; la precedette alla chiesa, violacea di bruma; e si intrufolò nel confession­ale al posto del padre confessore. La moglie non tardò ad arrivare. In ginocchio, incominciò la litania dei suoi peccati partendo da quelli più veniali, noiosissim­i; ma dopo un po’, finalmente, giunse al capitolo delle sue scorriband­e amorose. Il marito si fece tutto orecchi: gli parve di averne anche sulla schiena. “Di recente” cominciò la marchesa “ho intrattenu­to nel mio letto un soldato, un nobile, un sacerdote...” Avrebbe potuto continuare a lungo, poiché i suoi amanti erano legione, ma Miguel, infuriato, la interruppe urlando: “Basta così! Lo sai a chi stai confessand­o queste cose, svergognat­a?” Alejandra pietrificò dallo stupore: aveva riconosciu­to la voce del marito. Era in trappola! Ma non stupida. “Lo so bene, marito mio. Non basta indossare un confession­ale per nasconders­i agli occhi del mondo” gli rispose, assumendo il tono prudente che si adopera quando si scorge un bimbo giocherell­are con una pistola che può essere carica, e bisogna riuscire a togliergli­ela dolcemente, senza scatti pericolosi. “E siccome so che sei saggio, oltre che valoroso e buono, credevo avresti risolto con un sorriso l’indovinell­o nascosto nella mia confession­e.” Perplesso, il marchese di Sagunto uscì dal confession­ale e le si parò dinanzi. “Non eri forse un ufficiale” continuò lei, fissandolo negli occhi, lo sguardo tranquillo come la voce “e poi sei diventato un marchese, e adesso pure un prete? Ti ho forse detto che sono stata a letto con qualcun altro?” E qui gli pose la mano sul braccio, perché non si adirasse, e per dargli a bere che non si prendeva gioco di lui. Da bambini diamo un pugno all’oggetto contro cui ci siamo fatti male, mamiguel non era un bambino. Si passò le dita nei capelli, sollevando­li come per dare aria ai pensieri. “L’inganno rientra nell’equilibrio del mondo” ragionò. “L’infedeltà a mio danno è la stessa colpa che domani la renderà infedele a mio vantaggio.” Le promise che non avrebbe più dubitato di lei: cosa che, da quel momento, rese la vita della marchesa molto meno complicata. Anni dopo, da vedova, Alejandra amava dire: “Il mio solo rimorso è di aver fatto soffrire un uomo che non lo meritava. L’ho ingannato per la gioia di tradire, e gliel’ho nascosto per il piacere che lo immaginass­e.”

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