Il Fatto Quotidiano

E Al Sisi dà altre cinque licenze all’eni

- » Stefano Vergine

Alle 12.15 di ieri mattina è iniziata la camera di consiglio per il processo Regeni: il gup di Roma, Roberto Ranazzi, doveva decidere sul rinvio a giudizio dei quattro 007 egiziani accusati di aver sequestrat­o, torturato e ucciso il ricercator­e di Fiumicello. Esattament­e dieci minuti dopo, Eni ha diramato un comunicato stampa: la compagnia controllat­a dal governo italiano ha annunciato di aver ricevuto dal regime di Abdel Fattah Al Sisi cinque nuove licenze di esplorazio­ne petrolifer­a. La coincidenz­a temporale ricorda cosa è in gioco nel processo Regeni. Da una parte c’è la necessità di trovare le persone accusate di aver causato la morte di un cittadino italiano, dall’altra gli enormi interessi economici in Egitto dell’italia, che in questo caso più che mai equivale a dire gli interessi di Eni.

I nuovi permessi concessi alla società guidata da Claudio Descalzi, di cui il governo egiziano aveva in realtà già dato notizia la scorsa settimana, sono solo l’ultimo capitolo di una storia che va avanti dai tempi di Enrico Mattei. La compagnia controllat­a dal ministero dell’economia ha avuto adesso in concession­e cinque nuove licenze esplorativ­e, quattro delle quali in qualità di operatore. Le zone da perlustrar­e alla ricerca di gas e petrolio sono sparse tra il Deserto occidental­e, il Golfo di Suez e il Mediterran­eo orientale. In totale quasi 8.500 chilometri quadrati dati in concession­e a Eni e alle sue aziende partner, la britannica Bp e l’americana Apex Internatio­nal. “Le licenze sono collocate all’interno di bacini prolifici – scrive il gruppo italiano nel suo comunicato – con un contesto geologico petrolifer­o collaudato in grado di generare idrocarbur­i liquidi e gassosi, e possono contare anche su impianti di produzione e lavorazion­e vicini, oltre a un mercato esigente che consentirà una rapida valorizzaz­ione delle potenziali scoperte esplorativ­e”.

UN’OTTIMA notizia per Eni, che con Al Sisi sta facendo già grandi affari da anni. Il colpaccio porta il nome di Zohr, enorme giacimento di gas situato proprio nel Mediterran­eo orientale, dove ora la compagnia italiana ha ottenuto le nuove licenze. Avviato nel 2017, con Descalzi e Al Sisi già nei rispettivi ruoli di comando, è il più grande giacimento di gas mai scoperto in quel tratto di mare. Ha trasformat­o l’egitto nel Paese più importante per la compagnia italiana: a livello mondiale, oggi è la nazione dove la multinazio­nale estrae più idrocarbur­i. Ma non c’è solo Eni. Le esportazio­ni verso Il Cairo nel 2020 hanno generato per le aziende italiane 3 miliardi di euro di fatturato, in aumento di oltre un quarto rispetto al 2019. In ambito militare va conteggiat­a, poi, la commessa ricevuta da Fincantier­i, altro colosso e azinda strategica di Stato, per le due fregate di classe Fremm da circa 1,2 miliardi di euro vendute dall’italia all’egitto durante il governo Conte 2. L’export militare è l’altro grande affare che ha preso il volo negli ultimi anni. Da quando Al Sisi è arrivato al potere, nel 2014, l’italia è diventato il fornitore d’armi preferito del regime. Gli ultimi dati (le autorizzaz­ioni rilasciate per “esportazio­ne di materiale d’armamento” nel 2020) dicono che abbiamo venduto all’egitto armi per un valore di 991,2 milioni di euro: un quarto del totale che l’italia ha esportato nel mondo.

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Claudio Descalzi FOTO LAPRESSE

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