E Al Sisi dà altre cinque licenze all’eni
Alle 12.15 di ieri mattina è iniziata la camera di consiglio per il processo Regeni: il gup di Roma, Roberto Ranazzi, doveva decidere sul rinvio a giudizio dei quattro 007 egiziani accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore di Fiumicello. Esattamente dieci minuti dopo, Eni ha diramato un comunicato stampa: la compagnia controllata dal governo italiano ha annunciato di aver ricevuto dal regime di Abdel Fattah Al Sisi cinque nuove licenze di esplorazione petrolifera. La coincidenza temporale ricorda cosa è in gioco nel processo Regeni. Da una parte c’è la necessità di trovare le persone accusate di aver causato la morte di un cittadino italiano, dall’altra gli enormi interessi economici in Egitto dell’italia, che in questo caso più che mai equivale a dire gli interessi di Eni.
I nuovi permessi concessi alla società guidata da Claudio Descalzi, di cui il governo egiziano aveva in realtà già dato notizia la scorsa settimana, sono solo l’ultimo capitolo di una storia che va avanti dai tempi di Enrico Mattei. La compagnia controllata dal ministero dell’economia ha avuto adesso in concessione cinque nuove licenze esplorative, quattro delle quali in qualità di operatore. Le zone da perlustrare alla ricerca di gas e petrolio sono sparse tra il Deserto occidentale, il Golfo di Suez e il Mediterraneo orientale. In totale quasi 8.500 chilometri quadrati dati in concessione a Eni e alle sue aziende partner, la britannica Bp e l’americana Apex International. “Le licenze sono collocate all’interno di bacini prolifici – scrive il gruppo italiano nel suo comunicato – con un contesto geologico petrolifero collaudato in grado di generare idrocarburi liquidi e gassosi, e possono contare anche su impianti di produzione e lavorazione vicini, oltre a un mercato esigente che consentirà una rapida valorizzazione delle potenziali scoperte esplorative”.
UN’OTTIMA notizia per Eni, che con Al Sisi sta facendo già grandi affari da anni. Il colpaccio porta il nome di Zohr, enorme giacimento di gas situato proprio nel Mediterraneo orientale, dove ora la compagnia italiana ha ottenuto le nuove licenze. Avviato nel 2017, con Descalzi e Al Sisi già nei rispettivi ruoli di comando, è il più grande giacimento di gas mai scoperto in quel tratto di mare. Ha trasformato l’egitto nel Paese più importante per la compagnia italiana: a livello mondiale, oggi è la nazione dove la multinazionale estrae più idrocarburi. Ma non c’è solo Eni. Le esportazioni verso Il Cairo nel 2020 hanno generato per le aziende italiane 3 miliardi di euro di fatturato, in aumento di oltre un quarto rispetto al 2019. In ambito militare va conteggiata, poi, la commessa ricevuta da Fincantieri, altro colosso e azinda strategica di Stato, per le due fregate di classe Fremm da circa 1,2 miliardi di euro vendute dall’italia all’egitto durante il governo Conte 2. L’export militare è l’altro grande affare che ha preso il volo negli ultimi anni. Da quando Al Sisi è arrivato al potere, nel 2014, l’italia è diventato il fornitore d’armi preferito del regime. Gli ultimi dati (le autorizzazioni rilasciate per “esportazione di materiale d’armamento” nel 2020) dicono che abbiamo venduto all’egitto armi per un valore di 991,2 milioni di euro: un quarto del totale che l’italia ha esportato nel mondo.