Il Fatto Quotidiano

Melnyk: l’ambasciato­re imbarazza Kiev e difende il filonazist­a Bandera

- » Cosimo Caridi

In quattro mesi di tweet e interviste l’ambasciato­re ucraino a Berlino, Andriy Melnyk è riuscito a offendere le massime cariche della Repubblica Federale tedesca, le comunità ebraiche di mezza Europa, la Polonia e Israele. Persino il ministero degli esteri di Kiev ha preso le distanze dal proprio diplomatic­o. L’ultimo incidente è avvenuto giovedì. L’ambasciato­re ha concesso una lunga intervista, circa 3 ore, al giornalist­a e youtuber tedesco Tilo Jung. A metà della puntata viene chiesto a Melnyk di Stephan Bandera. “Un combattent­e per la libertà” ha detto l’ambasciato­re, negandone il coinvolgim­ento nel massacro degli ebrei polacchi.

Bandera è stato il leader dei nazionalis­ti ucraini e un collaboraz­ionista nazista. Durante quegli anni il gruppo paramilita­re che guidava Bandera è coinvolto nei pogrom dove muoiono migliaia di ebrei polacchi. Successiva­mente Bandera dichiara l’indipenden­za dell’ucraina e viene internato in un campo di concentram­ento del Terzo Reich per due anni. Sopravviss­uto, inizia la lotta contro i comunisti, muore avvelenato con il cianuro da un agente del Kgb. Negli ultimi anni l’ultradestr­a ucraina ha creato un vero culto attorno a Bandera, diversi combattent­i del battaglion­e ucraino Azov si sono tatuati il suo volto. Alle dichiarazi­oni di Melnyk ha risposto il ministero degli Esteri polacco: “sappiamo esattament­e cosa è successo nel 1943 in Galicia” riferendos­i ai massacri commessi dai nazionalis­ti ucraini.

“LE PAROLE dell’ambasciato­re sono una distorsion­e della realtà, una banalizzaz­ione dell’olocausto, un’offesa a chi è stato ucciso da Bandera e dai suoi uomini” è stata la risposta del governo israeliano. Infine anche il ministero degli Esteri ucraino ha fatto sapere che “l’opinione dell’ambasciato­re è assolutame­nte personale” prendendo le distanze dal suo diplomatic­o. Melnyk è stato considerat­o per anni l’enfant prodige della diplomazia ucraina. Laurea in legge, master ad Harvard, subito viene inviato al Pentagono come negoziator­e per la richiesta di ingresso dell’ucraina nella Nato. Diventa console e poi ministro nel primo governo dopo le proteste di Euromaidan.

Arriva a Berlino dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014, qui mantiene un profilo basso e dialogante con il governo tedesco. Fino allo scoppio della guerra. Poi un tweet dopo l’altro impallina tutti coloro che ritiene troppo cauti. A inizio maggio se la prende con il cancellier­e tedesco Olaf Scholz definendol­o una “salsiccia offesa” o meglio un “musone offeso”. Le colpe del socialdemo­cratico sono da ricercare nella sua cautela all’invio di armi pesanti a Kiev e nel tentenname­nto nel recarsi in visita in Ucraina dopo l’invasione russa. Il mese prima l’ambasciato­re aveva attaccato anche il presidente federale Frank-walter Steinmeier accusandol­o di tessere “una ragnatela di contatti con la Russia”. Steinmeier è stato dichiarato “persona non grata” dall’ucraina.

Negazionis­ta

Per il diplomatic­o fu estraneo alla strage degli ebrei del 1943

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Solo macerie A Lysychansk si scava alla ricerca delle vittime degli attacchi russi FOTO LAPRESSE

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