Biden ci ripensa: 11 licenze per cercare gas e petrolio
Il presidente promise di non autorizzare nuovi impianti off-shore: i prezzi dell’energia e i dem legati al fossile lo hanno spinto a rimangiarsi tutto
Più che l’ambiente poterono l’impazzimento dei prezzi energetici e le necessità politiche: ne viene fuori una cosa che non tutela il primo e non avrà effetti visibili sui secondi. Si parla dell’annuncio a sorpresa dell’amministrazione Biden che, rimangiandosi la sua promessa elettorale di lotta senza quartiere al climate change e blocco totale di nuove trivellazioni, propone un programma che vieta sì nuovi impianti off-shore fuori dalle coste atlantica e pacifica, ma consente una loro (piccola) espansione nel Golfo del Messico e al largo dell’alaska mettendo in vendita 11 nuove licenze per gas e petrolio nei prossimi 5 anni. Abbastanza da scontentare il mondo ambientalista, non abbastanza per far felice la potente lobby dei fossili Usa, tanto più che il governo si riserva comunque la possibilità di non autorizzarne nessuna.
L’ANNUNCIO ARRIVA
dopo che giovedì il governo – spinto anche da alcune sentenze locali – aveva assegnato concessioni per ricercare idrocarburi in 285 chilometri quadrati in sette Stati occidentali. Nello stesso giorno, poi, una sentenza della Corte Suprema aveva dato un altro colpo alle promesse ambientaliste del presidente: i sei giudici “federalisti” (su nove) che avevano già affossato il diritto all’aborto, hanno stabilito che l’agenzia federale per la protezione ambientale non ha il potere di imporre limiti generali alle emissioni delle centrali a carbone, che restano invece (come le leggi sull’interruzione di gravidanza) nella disponibilità degli Stati.
L’inviato presidenziale per il clima, John Kerry, sostiene che in ogni caso Washington “è determinata a raggiungere i suoi obiettivi ambientali e può riuscirci”, ma la transizione ecologica negli Stati Uniti, il maggior inquinatore mondiale, potrebbe aver subito una battuta d’arresto decisiva anche senza Donald Trump alla Casa Bianca: a quel punto anche l’assai più burocratico Green Deal europeo, già messo in discussione dalle mille eccezioni dovute a guerra e suoi corollari, non potrebbe reggere.
La svolta di Biden, hanno spiegato i media Usa, ha due chiavi di lettura. La prima e la più ovvia è l’inflazione, in particolare quella energetica (non si va alle elezioni, e quest’anno ci sono quelle di midterm, con la benzina alle stelle). La transizione ecologica è già di suo inflattiva: un’economia basata sui fossili sceglie di bloccare i
Giovedì assegnate licenze su 285 km quadrati in sette Stati occidentali nuovi investimenti e lo fa in regime di libero mercato (i prezzi non possono che alzarsi per ora e per il futuro). La guerra in Ucraina ha fatto il resto, togliendo quasi di mezzo – via sanzioni – uno dei più grossi produttori mondiali di idrocarburi (e il più conveniente). Per il gas gli Usa non hanno particolari problemi: sono esportatori netti e con l’impianto Gnl di Freeport, Texas, chiuso per un incidente i prezzi sono scesi (vale il 17% dell’export statunitense, gas che per mesi resterà sul mercato domestico). Il petrolio, assai più importante, è un altro paio di maniche, al punto che molti stanno proponendo limiti alle esportazioni per tenere bassi i prezzi in patria. E veniamo alle trivelle: il 15% del greggio Usa arriva da impianti situati nelle acque federali, quelle su cui Biden sta facendo parziale marcia indietro adesso.
LA SECONDA CHIAVE
di lettura, fornita dal Wall Street Journal, è di minor cabotaggio, ma non meno rilevante, quasi un classico per la politica statunitense: l’apertura, ancorché moderata, a nuove prospezioni è un modo per assecondare le richieste del senatore Joe Manchin, democratico della West Virginia che spesso vota coi repubblicani. E Manchin ha subito salutato “l’occasione di rimettere in cammino il nostro sistema di concessioni”: quelle off-shore programmate da Trump, e poi bloccate dalla sua sconfitta elettorale, erano 87. Perché tutta questa attenzione? In Senato oggi siedono 50 democratici e 50 repubblicani, Biden ha la maggioranza solo grazie al voto decisivo della vicepresidente Kamala Harris: potrebbe, però, perdere anche questo piccolo vantaggio alle elezioni di novembre, quando vanno al rinnovo 35 seggi su 100. Questa parziale concessione servirebbe, insomma, a ottenere l’appoggio determinante di Manchin su un nuovo pacchetto che, dice la Casa Bianca, includerà anche passi decisivi per la lotta al climate change.
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