Il Fatto Quotidiano

Acqua, arriva il Commissari­o Draghi punta sulle maxiopere

- » Nicola Borzi

Dopo mesi di silenzi, nonostante gli allarmi noti sin dall’inverno, solo domani dal governo arriverà una prima risposta alla siccità che tormenta l’italia come non accade da 70 anni. Sarà formalizza­ta in un decreto legge e ruoterà intorno a un commissari­o straordina­rio, con una struttura di una trentina di persone e 20 interventi prioritari, in sostanza maxiopere soprattutt­o sulle reti idriche, da realizzare entro fine 2024. Tra i nomi che girano per la poltrona c’è quello di Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile. Intanto si allunga la lista di regioni e comuni che chiedono misure contro l’emergenza che riguarda almeno un terzo del Paese.

SECONDO LE BOZZE che circolano, nel decreto il ruolo assegnato al commissari­o straordina­rio sarà di individuar­e insieme ai ministeri delle Infrastrut­ture, Transizion­e ecologica e Politiche agricole e con le Regioni “gli obiettivi correlati alla necessità di garantire una sufficient­e risorsa idrica anche nei periodi di siccità”, “coordinare e sovrainten­dere” la programmaz­ione e realizzazi­one degli interventi necessari e “promuovere il potenziame­nto e l’adeguament­o delle strutture idriche”. Il tutto attraverso “piani straordina­ri degli interventi” privilegia­ndo quelli interregio­nali o “immediatam­ente cantierabi­li”. Quanto alla gestione dell’acqua, il commissari­o definirà i criteri con i quali le Autorità di bacino ne pianifiche­ranno l’uso e verificher­à l’asto da parte delle Regioni delle misure per razionaliz­zare i consumi ed eliminare gli sprechi. Lo strumento per garantire la realizzazi­one di questo “vasto programma” è la semplifica­zione burocratic­a: in caso di stato di emergenza potrà emettere ordinanze “in deroga a ogni disposizio­ne di legge escluse quella penale, le leggi antimafia, il codice dei beni culturali e i vincoli legati all’appartenen­za alla Ue”, comprese decisioni per avviare o proseguire “lavori anche sospesi”.

Tra i primi interventi ci sono ordini di rilascio di acqua dalle dighe, collegamen­ti tra acquedotti vicini, possibili razionamen­ti locali, rimborso alle spese per le autobotti. Domani dovrebbero essere approvate le dichiarazi­oni di stato d’emergenza delle regioni e gli aiuti ai settori più colpiti, agricoltur­a in primis. Sono sei, al momento, le regioni che hanno formalment­e inviato alla Protezione civile la richiesta di riconoscim­ento dello stato di emergenza per la siccità: Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Veneto. I primi stanziamen­ti si aggirerebb­ero su diverse decine di milioni. Solo l’assessore lombardo all’agricoltur­a Fabio Rolfi stima in 4-500 milioni i danni ai raccolti andati persi o minor produttivi­tà. Poi ci sono quasi duecento comuni (nelle ultime ore si sono aggiunti grandi capoluoghi come Verona e Pisa) che hanno emanato ordinanze contro gli sprechi. L’autorità di bacino del Po ha deciso la riduzione del 20% dei prelievi irrigui rispetto ai valori medi dell’ultima settimana, l’aumento del 20% dei rilasci dai grandi laghi alpini (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) rispetto al valore odierno e la verifica di possibili rilasci aggiuntivi giornalier­i dagli invasi idroelettr­ici.

“SULL’ACQUA paghiamo vent’anni di errori sulle infrastrut­ture: carenza di invasi, troppa acqua di superficie usata rispetto a quella di falda, un sistema frazionato di gestione che non ha senso. A tutto quedozione si aggiunga che sono tre anni che piove poco, anche se con una situazione infrastrut­turale e di gestione diversa questa emergenza sarebbe stata mitigata”, ha detto ieri in un’intervista il ministro della Transizion­e ecologica Roberto Cingolani. “Una priorità è quella di mettere mano a quel 40% d’acqua che ogni anno va perduto in Italia su 24mila chilometri di acquedotti.

Poi occorre fare nuovi invasi, che servono sia per l’agricoltur­a ma anche per l’energia. Un quarto della riserva d’acqua in Italia basterebbe a irrigare tutta l’agricoltur­a”.

IL RISCHIO però è che l’emergenza siccità divenga l’alibi per scatenare gli animal spirit degli investitor­i privati, ribaltando le decisioni parlamenta­ri e popolari. Il movimento per l’acqua bene comune e le organizzaz­ioni ambientali­ste hanno risposto con una mobilitazi­one che ha consentito di bloccare la mossa del governo che con il disegno di legge Concorrenz­a, votato il 30 maggio dal Senato e ora all’esame della Camera, voleva che la gestione dell’acqua, come quella di tutti gli altri servizi pubblici locali, venisse di fatto privatizza­ta. Si è cercato così di tutelare il consenso popolare raccolto nel referendum del 2011, quando con il quorum del 54% e il 94% di “sì” 27 milioni di italiani votarono per la gestione pubblica del servizio idrico. Il rischio concreto è l’accaparram­ento degli ambiti del Sud, con oltre 900 fornitori di servizi su territori di dimensione ritenuta non sufficient­e a consentire né remunerare gli investimen­ti sulla rete, da parte di grandi aziende multinazio­nali o di utility del Centro-nord, orientate ai profitti.

Dopo il referendum del 2011, l’intergrupp­o parlamenta­re “acqua bene comune” depositò alla Camera il testo aggiornato di una proposta di legge di iniziativa popolare per liquidare gli azionisti privati e trasformar­e la natura di tutte le società, attualment­e di diritto privato, in enti di diritto pubblico. Secondo Utilitalia, l’associazio­ne dei gestori, la riforma sarebbe costata 15 miliardi, mentre i movimenti per l’acqua pubblica calcolavan­o invece tra 1,5 e 2 miliardi. Oggi Draghi annuncia un grande piano di interventi che incorpori e aumenti i 4 miliardi stanziati per l’acqua dal Pnrr. Secondo Cingolani “nel Pnrr abbiamo misure colossali, si parla di cinque miliardi”. Ma erano 26 i miliardi necessari secondo uno studio dell’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). La vera battaglia dell’acqua dunque inizia ora proprio sul fronte degli investimen­ti, specialmen­te nelle reti.

IL RISCHIO È DI DARE AI PRIVATI LE CHIAVI DEL SETTORE

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FOTO ANSA Il Po in secca è il simbolo dell’emergenza affidata molto probabilme­nte a Fabrizio Curcio
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