Pd, tutti parlano di scissione “Chi perde resti ad aiutare”
In un teatro fiorentino con due sedie da regista e una bicicletta sopra il palco, il sindaco Dario Nardella prova a lanciare la volata a Stefano Bonaccini nel nome del Pd come “partito dei sindaci e degli amministratori locali”, e non a caso Bonaccini annuncia un tour in cento città (prima tappa a Bari, il 10). Mentre stamattina in un locale a Roma Elly Schlein si candiderà alla segreteria dem “con un discorso molto chiaro sulle correnti”, assicurano. E c’è anche la sinistra del Pd, che a giorni si riunirà per stabilire chi dovrà rappresentarla nella corsa tra Matteo Ricci, Enzo Amendola e l’ancora recalcitrante Andrea Orlando.
NOMI E PROGETTI diversi. Accomunati dalla paura - o per taluni dalla voglia - del peggio: cioè della scissione, che fa rima con dissoluzione. Perché tutti sospettano che chi perderà questa volta tenterà di portarsi via il pallone. Magari andando assieme a Giuseppe Conte in un possibile contenitore progressista, oppure (ri)abbracciando Matteo Renzi e Carlo Calenda. E chissà cosa ne sarebbe del Pd che doveva coagulare i diversi riformismi. Di sicuro il rischio di spaccature irrecuperabili si è ripreso il centro del dibattito, dopo quanto detto venerdì all’huffington Post dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori : “Se i fondamenti del Pd non verranno stravolti rimarrò nel partito, altrimenti mi riterrò libero”. Ce l’aveva “con chi vorrebbe mandare al macero la Carta dei valori, gli stessi che vorrebbero Schlein segretaria”. Gori, dichiarato sostenitore di Bonaccini, ha poi aggiustato il tiro “Nulla contro di lei” - ma il già renzianissimo sindaco ha detto in pubblico ciò che si ripete nei corridoi. E che un veterano spiega così: “Chiunque vinca il congresso, ad oggi nessuno pare avere la forza e i numeri per tenere assieme tutto”. Per questo Bonaccini, nel sabato in cui certifica il ticket con Nardella il sindaco guiderà la sua mozione - trascorre quasi metà della conferenza stampa a ripeterlo: “Chiunque vinca deve pretendere che gli altri diano una mano, se non dovessi farcela io sarò a disposizione: di scissioni ne abbiamo già avute sin troppe”. Un invito analogo a quello espresso due giorni fa proprio da Schlein.
E anche Nardella ammette che il pericolo è quello: “Per evitare fratture servono idee e rispetto reciproco, bisogna tenere unito il partito attorno a un progetto”. Quello del governatore emiliano ha echi di rottamazione: “Serve una classe dirigente nuova, e bisogna attingere dai territori. Parte dell’attuale dirigenza fatica a sapere cosa accade nei bar o nelle fabbriche”. Ergo, “questo Pd va smontato e rimontato”. Ma io “sono il candidato di me stesso, non di qualche corrente” giura Bonaccini, che maledice la legge elettorale - “anche se l’abbiamo fatta noi” - e promette: “Basta candidati scelti da Roma, se resteranno le liste bloccate faremo decidere i territori”. E le alleanze? “Prima l’identità, vedrete che presto sia Conte che Renzi e Calenda si stancheranno di perdere da soli”. Oggi invece toccherà a Schlein, che ha come primo obiettivo quello di mostrarsi nuova. Sul palco darà spazio “a testimonianze di impegno politico dal basso, da
Ticket Bonaccini riceve l’appoggio di Nardella e annuncia un tour in cento città: “Saremo il partito dei sindaci”
dentro e fuori il Pd”, spiegano. Tradotto, niente big.
IL MICROFONO andrà a esponenti del mondo ambientalista, presidenti di municipio e forse a un amministratore vicino al candidato dem alla Regione Lombardia, Pierfrancesco Majorino. L’essenziale sarà schivare l’effetto correnti. Anche se a sostenerla ufficiosamente c’è Dario Franceschini. In sala potrebbero materializzarli esponenti del Pd romano: anche vicini a Nicola Zingaretti, in bilico tra la deputato e la sinistra. Con i rossi dem che ritengono l’ex governatore “ancora recuperabile”.