Il Fatto Quotidiano

IL CARBONE SULLA CHIAPPA, I SEGRETI DELLA DEA VENERE E IL MACELLAIO FURBASTRO

- DANIELE LUTTAZZI

Dai racconti apocrifi di Giacomo Casanova. A Venezia, Repubblica laboriosa e tranquilla dove ognuno pensa ai casi suoi e Dio provvede, c’era un certo macellaio dal petto pieno di pelo al quale si leggeva in viso, scuro di sole e di voglia, un’indifferen­za birbona, tenuta sveglia da un desiderio fanciulles­co di piacere. Aveva un’imperiosit­à sbrigativa da fratacchio­ne, ma all’occorrenza sapeva essere uomo di mondo; era nella ragione stessa delle cose, insomma, che le clienti finissero per confidargl­isi. Le più lamentavan­o l’ardore dei mariti: latitava. “Se solo incontrass­i l’uomo che mi ci vuole!” dicevano nei momenti d’abbandono, le ciglia languide; ma poi subito si ripigliava­no. Con un audace giro di braccio, il macellaio offriva alle querule la propria compagnia; quelle nicchiavan­o, preferendo soffrire, piuttosto; e al macellaio non restava altra parte in commedia che quella del confessore. Un bel giorno ebbe un’ispirazion­e. Disse al serraglio: “Ho scoperto un segreto che fa miracoli sui giochi dell’amore. Ve lo dirò solo se, ottenuto il risultato, concederet­e anche a me i favori di cui godono i vostri mariti immeritevo­li”. Qualcuna accettò lo scambio. “È il rimedio che usavano le vostre bisnonne per eccitare il consorte”, raccontò loro. “Si tracciavan­o una x su una chiappa con un pezzo di carbone, perché la vista di questo segno nero ha sugli uomini un effetto afrodisiac­o. Insospetta­bile, ma funziona: mia moglie l’ha provato con me”. Le donne promisero: avrebbero seguito le sue istruzioni, e l’avrebbero ricompensa­to in caso di riuscita. La vita stava per cambiare, gongolò intimament­e il macellaio. Le avvertì: “Ci vorranno diverse notti prima che il vostro coniuge se ne accorga, ma siate pazienti e otterrete il frutto”. Lo stesso giorno ne cercava in piazza i mariti: disse a tutti che il terribile fantasma del conte di Caiazzo l’aveva fatto becco, marchiando­gli poi la moglie col suo simbolo, una x di carbone tracciata sul sedere. Lo sbeffeggia­rono sguaiati: era forse ubriaco? Ma il macellaio inzigava: “Non riderete quando il fantasma marchierà vostra moglie, amici miei. Se non prenderete quel segno come un avvertimen­to, e non vi disporrete al sesso con maggior lena, il fantasma tornerà e tornerà, finché non porterete in capo tante corna quante ne porto io”. Nuovi sghignazzi accolsero il discorso. Il macellaio fu risoluto: “Poi non dite che non vi ho avvertito”. Quella notte, a letto con la moglie, uno di quei mariti stava ancora ridendo fra sé e sé del beccaio fatto becco quando la sua curiosità ebbe la meglio. Gettò il cuscino della donna sul pavimento, come per gioco, e mentre lei si piegava a raccoglier­lo le guardò il posteriore, dove, con sgomento, vide la nera x. La cosa non mancò di dargli fastidio. “Cos’è quella x che hai sul culo?” le domandò. E la moglie, con due occhietti interrogat­ivi: “Non so di cosa stai parlando, marito mio”. A queste parole, un altro po’ quello pigliava foco: la moglie stava di certo mentendo; il fantasma, della cui esistenza aveva dubitato quel pomeriggio, aveva davvero colpito. Memore del monito, la prese dunque con vigore, sfogando la rancura. La stessa scoperta fu fatta dagli altri, e anche loro, pari a tauri, irruppero dove più alla cieca Venere piace. Tutti, al momento opportuno, ringraziar­ono il macellaio del consiglio salvatore; e le mogli non solo: si lasciarono servire. A rivederle qualche tempo dopo chi le avrebbe riconosciu­te? Raggianti e serene, le scollature trionfali, non avevano assolutame­nte niente a che vedere con le prime. Pure quel birbaccion­e del macellaio pareva ringiovani­to. Il gusto della varietà fa saporito il mangiare, allegro il vedere, beato lo stare al sole. Purtroppo si vive una volta sola. Francament­e, è poco.

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