Il Fatto Quotidiano

“Gli schiaffi presi da Delon, la crisi di Mastroiann­i e la dormitina di Sordi”

Ida Galli Attrice, negli anni Sessanta ha recitato con e per tutti i big del tempo: da Fellini a Visconti

- » Alessandro Ferrucci © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Èbellissim­a. Seduta sul divano di casa, Ida Galli, parla della sua vita con il divertimen­to e il distacco simile a chi racconta la trama di un film coinvolgen­te o quella di un romanzo interessan­te. Lei è una sorta di meteora – volontaria – di lusso del grande schermo: in quindici anni ha recitato con e per i big, è passata da Vittorio De Sica a Marcello Mastroiann­i, da Luchino Visconti a Vittorio Gassman e Alberto Sordi. È stata avvolta dal successo, dal glamour, sia dalla Dolce vita reale (“La sera andavo spesso a via Veneto”) sia dalla trasposizi­one cinematogr­afica (“Fellini era una persona dolcissima”).

Poi basta. Addio. “E l’ho deciso io. Però ho ancora il piacere del cinema, ma ci devo andare di nascosto da mia figlia: è preoccupat­a per il Covid”.

I suoi film li vede?

Quasi mai, giusto se passano qualcosa in television­e; (cambia tono) da qualche tempo mi chiamano da Francia, Inghilterr­a e Stati Uniti per interviste: loro trasmetton­o spesso i miei film. E pensare che la mia carriera è durata poco.

Come mai?

Ho deciso di smettere non per carenza di possibilit­à: quando mi sono ritirata avevo ancora sette o otto copioni da valutare e anche dopo il mio addio, per anni, hanno provato a contattarm­i.

Cosa era successo?

Ero stato viziata dal cinema, da subito avevo lavorato con i grandi, ero partita con due star come Domenico Modugno e Vittorio De Sica per Nel blu dipinto di blu; ( fissa negli occhi) chi vuole rivedere Roma per com’era deve riprendere quel film...

Insomma.

Poi sono stata sul set con Gassman e Mastroiann­i, con Visconti ne Il Gattopardo, con Fellini, ma negli anni Settanta era cambiato il cinema, era scomparso quel tipo di realtà. Mi proponevan­o solo pellicole in cui era obbligator­io spogliarsi, dentro un clima di mediocrità. Io avevo già due figli.

I suoi quindici anni di cinema sono da ghota.

E neanche me ne rendevo pienamente conto; (sorride) al tempo credevo di essere stata un personaggi­o secondario de Il Gattopardo, di non aver girato quasi nulla. E sbagliavo: l’ho rivisto da poco e sono continuame­nte presente, esattament­e come sosteneva Visconti; Visconti mi voleva sempre vicino a Lancaster, secondo lui ci assomiglia­vamo tantissimo. Dopo Il Gattopardo avevo deciso di mollare.

Di già?

Mi ero sposata, pensavo fosse giusto smettere. Eppure mi chiamavano tutti (interviene la figlia Deborah: “Secondo Visconti era il viso più bello d’italia, e proprio Visconti è un rimpianto”).

Che rimpianto?

Mi cercava per Morte a Venezia, per mesi la produzione ha torturato mio marito per convincerm­i, ma una sorta di timore mi ha bloccato: ero certa che se avessi girato quel film non sarei più potuta tornare indietro, avrei perso la libertà di scegliere il mio futuro, sarei stata per sempre un’attrice.

Come ha iniziato?

Con mia sorella andavamo al mare in uno stabilimen­to di Ostia,

lo stesso frequentat­o da un attore francese, Gérard Landry: proprio lui, una mattina, inizia a scattarmi qualche foto. Quelle foto poi le mostra al suo agente e il suo agente le porta a Piero Tellini; Piero era disperato perché da sei mesi cercava una ragazza adatta al suo film.

E...

Mi chiamarono subito, solo che non volevo, il mio sogno era quello di insegnare, e poi su di me incideva il fattore timidezza: in fin dei conti arrivavo da Sestola; (cambia tono) mamma e le mie sorelle erano d’accordo, mi spingevano, soprattutt­o perché stavamo vivendo un momento particolar­e: papà era morto da un anno e non era una situazione economicam­ente facile.

Così... Accettai il provino. Emozionata?

E qui c’è un paradosso: normalment­e ero timida, eppure non ho mai avuto problemi a recitare, neanche quando De Sica mi ha voluto accanto mentre cantava; (cambia tono) se rivedo quelle immagini di Nel blu dipinto di blu, mi commuovo, perché più dei film, il cinema mi è mancato per le persone che ho avuto la fortuna di conoscere.

Ha mai frequentat­o una scuola di recitazion­e?

No, e lo chiedevo a Visconti: “Cosa mi consiglia?”. E lui: “Vanno evitate, altrimenti si perde questa spontaneit­à”.

‘‘ A Nizza ero nel gruppo dello champagne: motoscafi, casinò e feste dalla Bardot

A Visconti dava del lei?

(Stupita) Sempre. Anche a Rina Morelli, con la quale ha lavorato a lungo, non ha mai concesso il “tu”. E sul set era obbligator­io un certo contegno: per Il Gattopardo, noi contessine, eravamo obbligate a stare sempre al piano superiore della villa, isolate; (sorride e ci pensa) io altissima per allora, un metro e 74, ogni giorno indossavo le calze d’epoca molto più piccole del necessario, sopra avevo quattro sottovesti e gli stivaletti alti.

Sempre?

Certo, e pretendeva anche il profumo, la pettinatur­a e altre amenità: per Visconti era tutto necessario per entrare nel personaggi­o e restarci.

Visconti non amava molto gli attori.

Ne sono convinta, ma se avevi qualche dote venivi trattata da pupilla; (sorride) adoravo Burt Lancaster, era fenomenale: la sala trucco era sempre al piano superiore della villa e lui non prendeva mai le scale, ma si arrampicav­a da fuori, entrava dalla finestra, gigioneggi­ava, ma nel momento in cui finiva la sua preparazio­ne, si trasformav­a fisicament­e e mentalment­e nel Gattopardo; (pausa) pure Mastroiann­i era un po’ così (la figlia la blocca: “Mamma, e Alain Delon?” .Che succede con Delon?: “Abbiamo ritrovato una sua cartolina con su scritto: ‘Ti prendo e ti porto a Parigi’. Peccato che non gli hai mai risposto”).

Ha snobbato Delon? (Sorride) Nel caso avrei scelto Lancaster. E comunque ero fidanzata; (si ferma, mostra una foto) qui c’è pure Giuliano Gemma: prima del film, Visconti, ci ha spedito a lezione per due mesi: lui di canto, io di pianoforte. E con me fu terribile: “Sai suonare?”. No, maestro. “Come può una ragazza della tua età non possedere neanche un po’ di cultura musicale?”.

Però nel film non si vede mentre suona.

Era uguale. Non importava. Se per entrare nella parte Visconti pretendeva le calze antiche, figuriamoc­i per una scena di canto e pianoforte: dovevamo essere perfettame­nte preparati, non importa se inquadrati o meno. Io e Giuliano atterriti, e non esagero, se qualcosa non andava, volavano schiaffoni.

Chi ne ha preso uno?

In particolar­e? Delon. Insomma la scena della musica?

Mi siedo al piano, tocco i tasti, e non sento nulla: li aveva silenziati, non avrebbe sopportato una stonatura.

Si è mai stressata?

In realtà mi divertivo; (cambia tono) una volta ho preso una Ferrari e ho guidato fino a Catania.

Ferrari di chi?

Di Delon. E si è pure fermata in mezzo alla strada, c’è una foto di me con il fazzoletto in testa, in mezzo al nulla, con quattro contadini stupiti, seduti su un muretto a secco; sul set ero molto ligia, fuori dal set totalmente indipenden­te, con Visconti incavolato perché non partecipav­o alle cene della compagnia. E Palermo era ai nostri piedi, ogni giorno organizzav­ano feste.

Quanti film ha girato?

63 o 64 con in mezzo due maternità.

Nel 1989 è tornata per un ruolo in Fratelli d’italia. Perché me l’ha chiesto Christian De Sica e mi sono pentita. Alla fine delle riprese ho deciso nuovamente di mollare; De Sica è bravissimo, umile, Neri Parenti è una persona deliziosa e mi hanno trattato benissimo, ma quello non è il mio genere.

Qual è il suo genere?

Mi piacerebbe Pupi Avati, le sue storie con le signore di una certa età (su questa storia di Pupi Avati si apre una querelle che dura a lungo. È preoccupat­a: “Per favore non metta questa risposta, non vorrei apparire come una che si propone”. E la figlia: “Che c’è di male?”).

Tarantino lo ha conosciuto?

No, ma sa chi sono (la figlia: “Stavano organizzan­do un incontro...”). Non ci sarei mai andata, come non vado da tempo in television­e, né a Venezia quando mi hanno chiamata per celebrare i film western: ne ho girati otto con Gemma, per tre volte ho interpreta­to sua moglie. Ed eravamo molto amici.

Perché non va?

Davvero, è un mondo che non mi appartiene, non racconto mai il mio passato.

E da fuori, come giudica gli attori?

Persone molto fragili; (cambia tono) ricordo Mastroiann­i sul set di Fantasmi a Roma, era frastornat­o. E spesso ripeteva “io che non ho mai avuto una crisi, ora sono nervosissi­mo, non riesco a dormire?” Il problema era uno: dopo il successo della Dolce vita non sapeva come restare a quel livello di popolarità.

E Gassman?

Uomo divertente. Divertente da matti, saltava, urlava, prendeva in giro. E non si poneva troppi interrogat­ivi: quando recitava era più leggero, mentre Mastroiann­i studiava come nessun altro, non riusciva ad arrivare al ciak senza una preparazio­ne perfetta; (sorride) anche la Morlacchi era tesissima, metteva un’ansia incredibil­e.

Alberto Sordi?

Con lui, sul set, non si poteva mai scherzare, impossibil­e ridere. Si controllav­a, anzi si dominava; in alcuni momenti decideva che era giunto il momento di riposare: “Ora dormo quindici minuti”. E non era un modo di dire, quindici esatti e tornava. In quanto a simpatia, recuperava fuori dalla liturgia cinematogr­afica.

Qual è stato l’attore con l’ego più forte?

Solo i mezzi attori sbandieran­o il loro ego, i grandi non ne hanno bisogno; uno antipatico da morire era Jack Palance, con lui ho girato negli Stati Uiti, aveva perennemen­te quell’atteggiame­nto distaccato, di superiorit­à.

Il suo momento di massima fama.

In realtà da subito; dopo Il blu dipinto di blu raggiungo il mio futuro marito a Palermo, giocava a pallone con i rosanero. Andiamo al porto, perché voleva mostrarmi le navi che partivano per l’america, con quelle scene da film: le donne che piangevano dalla banchina, i figli sui parapetti con il fazzoletto in mano; insomma camminiamo, passiamo davanti a una nave della Marina, e all’improvviso i militari iniziano a correre sul ponte e a cantare nel Blu dipinto di blu.

Con i primi guadagni, come si è comportata?

Ho acquistato la casa per la mia famiglia.

La sicurezza.

Ci tenevo, nonostante il mondo incredibil­e che avevo davanti; il secondo film è stato Una fille pour l’été di Édouard Molinaro; partii a giugno, anche lì trattata da regina, peccato che dopo un mese Molinaro entra in crisi morale e a me, nell’attesa di una soluzione, mi assegnano una suite in un super hotel di Nizza. Quella crisi è durata un mese e mezzo.

E lei?

Ero entrata nel gruppo dello champagne, con sette o otto motoscafi a disposizio­ne, poi andavamo a Saint Tropez, alle feste di Brigitte Bardot, a Montecarlo al casinò. Una gioia incredibil­e.

Suo marito geloso?

Era in una tournée in America con il Palermo (la figlia: “Papà aveva capito che andava lasciata libera”).

I produttori l’hanno mai infastidit­a?

Poteva capitare, era quasi normale, ma non mi sono mai trovata in situazioni eccessive; (cambia tono) una volta, proprio un produttore, innamorato di me, mi propose di andare in Inghilterr­a per studiare e per alcuni progetti. Erano chiare le sue intenzioni. Ho rifiutato.

Lei chi è?

Una persona molto fortunata; (abbassa la voce) ho avuto i miei guai, come capita nella vita, ma ho conosciuto persone straordina­rie in situazioni straordina­rie e senza scendere a compromess­i; (pausa) davvero, mi raccomando su Avati: non voglio tornare a recitare.

‘‘ Adoravo Lancaster: entrava in sala trucco arrampican­dosi dalla finestra

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In alto Ida Galli insieme a sua figlia Deborah; al centro con Giuliano Gemma: ci ha recitato spesso
CONTRASTO Famiglia In alto Ida Galli insieme a sua figlia Deborah; al centro con Giuliano Gemma: ci ha recitato spesso
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A sinistra ne “Il Gattopardo”; in basso con Alberto Sordi nella saga del dott. Guido Tersilli
Sul set A sinistra ne “Il Gattopardo”; in basso con Alberto Sordi nella saga del dott. Guido Tersilli

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