Elogio dell’allegoria: mille “Similitudini” di Erasmo
Tra le centinaia di novità che settimanalmente vengono mandate in libreria, qualche volta si annida un’uscita d’ordine differente, che non solo non ha pretese competitive, ma in fondo non si qualifica neanche come novità. È il caso, per esempio, di un libretto che ha 500 anni circa ed è appena apparso per Einaudi, i Paralleli ovvero similitudini di Erasmo da Rotterdam, intellettuale piuttosto attempato, che però merita l’intitolazione del programma europeo di studio (Erasmus) come tributo alla sua giovinezza imperitura.
Vista da una contemporaneità bidimensionale, appiattita com’è sull’ossessione dell’attualità prêt-à-porter, può apparire ancora più paradossale poi che questa vivacità erasmiana si nutra della barbosissima cultura antica. Eppure la grandezza dell’autore dell’elogio della follia si consolidò già lungo tutto il 500 proprio per un’opera come gli Adagia, una raccolta di sentenze e proverbi estrapolati dal corpus greco e latino, commentati e presentati come summa utile alla fondazione di una cultura rinnovata. Per tutta la vita Erasmo lavorò incessantemente a quest’opera, fino a riunire nell’ultima edizione del 1533 ben 4.151 adagi, nella convinzione che il nuovo non potesse che nascere dall’antica saggezza. Era l’epoca del Rinascimento, e iniziava così la modernità.
Questi Paralleli che ora arrivano in libreria nella prima versione in italiano, non sono che i fratelli minori – ma non inferiori – degli Adagia, le “gemme”, come le qualifica lo stesso autore, che Erasmo ha estratto dalle opere di Plutarco, Seneca, Plinio, Aristotele e Luciano, e che ha lavorato stilisticamente per ricavarne massime morali che risplendano anche per la lucentezza retorica. Si tratta di “una vasta collezione” di pietre preziose, poco più di 1.300, che conferiscono alla saggezza antica una veste di bellezza moderna unendo l’utile etico al dilettevole estetico, secondo l’adagio oraziano dell’utile dulci. Ne risulta un “vademecum in cui si può imparare dagli antichi come vivere saggiamente, pensare chiaramente e scrivere attraentemente”, scrive il curatore Carlo Carena; ma anche una guida per districarsi nella vita pubblica, per riconoscere la psicologia degli adulatori, la dissennatezza dei governanti, la follia della nostra società dello spettacolo.
Faccia il lettore le opportune verifiche sulla validità di questa sapienza, per esempio leggendo il parallelo 9: “Come le donne incinte o afflitte da nausea poco dopo l’ingestione di cibi cattivi li rigettano: così il popolo stolto o mancante di magistrati migliori ne crea a caso e poco dopo li rimuove”; oppure il parallelo 49: “Come gli artisti inesperti erigono piccole statue su grandi piedistalli, rendendone così evidente l’esiguità: così la fortuna se attribuisce un compito importante a un animo meschino ne addita e rivela maggiormente la pochezza”; o ancora la similitudine 48:“Come il Ciclope accecato tendeva le mani qua e là senza un obiettivo preciso: così un grande re dissennato affronta tutto con molta baldanza ma sconsideratamente”; o il 79: “Come è difficile catturare le bestie che mutano colore facendolo assomigliare a quello del terreno: così non scoprirai facilmente i lusingatori, che si adeguano a ogni genere di vita e a ogni sentimento”.
Monumento alla Ragione, i Paralleli mostrano per contrasto come sulla terra sia la follia a farla da padrona. Il senno forse, scriveva Ariosto coevo di Erasmo, bisognerà prima o poi andarlo a recuperare sulla luna.