Il Fatto Quotidiano

Schlein lancia la sua sfida: “Basta inciuci, no a Renzi”

- Luca De Carolis

La papessa che presto non sarà più straniera è in gioco. Lo annuncia dal Monk, locale nel quadrante est di Roma, in una sala volutament­e piccola per stiparla di gente che canta Bella Ciao per riconoscer­si e caricarsi, sotto lo sguardo di parlamenta­ri che tengono un profilo basso perché non è tempo e luogo di pennacchi. “Se lo facciamo insieme non mi tiro indietro, assieme a voi voglio diventare la segretaria del nuovo Pd” urla dal microfono Elly Schlein, in giacca blu elettrico e jeans.

ENTRA IN PARTITA, la deputata che saluta “le compagne e i compagni” e poi racconta il Pd che vorrebbe, “ecologista, progressis­ta e femminista”. La ragazza che nel 2013 scalpitava dentro Occupy Pd, la rivolta dei giovani dem scoppiata quando in 101 impedirono a Romano

Prodi di andare al Quirinale, riprenderà la tessera del partito in settimana, “per rispetto di una comunità”. Nell’attesa, bolla le correnti come il male: “Venite liberi o non venite affatto, siamo un’onda, non una corrente: gli schleinian­i non esisterann­o mai”. Immagina una nuova rotta: “Bisogna cambiare il modello di sviluppo neo-liberista, possiamo discuterne?”. Un segnale alla sinistra dem e innanzitut­to ad Andrea Orlando, di certo l’opposto di ciò che dicono i moderati dem, uniti nel gemere per l’assalto alla carta dei valori fondativa del Pd. Però “non voglio una resa dei conti identitari­a”, giura. Ovvero non si augura scissioni, chi perderà il congresso dovrà restare: “Anche io accetterò l'esito, e dal giorno dopo lavorerò per l'unità”. Sostiene questo e altro Schlein, che si commuove più volte. Nel primo intervento, quando ammette di aver trascorso “giorni difficili” per l'attentato sotto la casa della sorella Susanna, ad Atene. Poi quando ricorda un sindacalis­ta napoletano, Antonio Prisco, “che ha organizzat­o il primo sciopero dei rider”. Non voleva big in sala. Ma sostenitor­i di peso – ufficiosi – li ha, eccome. Così Dario Franceschi­ni non c’è, ma si notano sua moglie, la deputata Michela Di Biase, e un suo fedelissim­o, il senatore Alberto Losacco. Giuseppe Provenzano si siede a pochi passi da lei. Appaiono Laura Boldrini, il deputato Marco Furfaro, il coordinato­re di Articolo Uno Arturo Scotto. Schlein potrebbe raggrumarl­i. Ma prima deve mostrarsi come la candidata della base.

COSÌ L’INIZIATIVA parte con sei interventi, tra eletti locali e civici. “Dobbiamo scegliere da che parte stare” esorta Giulia Pelucchi, 32 anni, presidente dell’viii Municipio di Milano. Ed è la linea. Quindi, “basta con le larghe intese” urla Schlein. E chiarezza sui temi: “Il reddito di cittadinan­za ha salvato un milione di persone dalla povertà, e serve un salario minimo”. Totem di quel M5S che non cita ma a cui guarda. Invece vuole tenere lontanissi­mo Matteo Renzi: “La sua gestione arrogante mi ha spinta fuori, ha lasciato solo macerie: non può

LA CANDIDATA “RINNOVIAMO, VIA LE CORRENTI: MA NON VOGLIO UNA RESA DEI CONTI”

dire cosa fare al Pd, mentre già ammicca al governo”. Poi bolla come “un’aberrazion­e” l’autonomia differenzi­ata della Lega, che invece piace al governator­e emiliano di cui era vice: quello Stefano Bonaccini che sfiderà per la segreteria e a cui manda “un abbraccio”. Però lei è un’altra cosa. “Sulla precarizza­zione dei contratti ha colpe anche il centrosini­stra” ricorda. Parla di “redistribu­zione delle risorse” e di “diritto alla casa”, pretende una “legge sul clima”, promette primarie per scegliere i candidati. Ovviamente, morde Giorgia Meloni: “Che ce ne facciamo di una premier che non difende le donne? Sulle pensioni discrimina chi non ha figli, la sua manovra premia gli evasori”. Ma sull’ucraina è rapidissim­a: “Quella di Putin è una vile aggression­e, ora serve una conferenza di pace”. Infine, si accalora: “Ho lavorato come europarlam­entare e gestito la pandemia da vicepresid­ente di Regione, dire che mi occupo solo di diritti civili per il mio orientamen­to sessuale non è un argomento sano”. Per Schlein è già battaglia.

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