Il Fatto Quotidiano

Sinistra Il Pd è una cosa indistinta, meglio prendere atto che è morto

- FABRIZIO D’ESPOSITO

ELLY SCHLEIN, STEFANO BONACCINI, Dario Nardella, saranno i candidati per elezione del nuovo segretario nazionale del Pd. I problemi e lo smarriment­o di quel partito sono alla base di una crisi storica della sinistra. Lavoro, temi sociali sono l’emblema di una visione della società italiana non più adeguato. Ci vuole un cambiament­o radicale e culturale di tutta la struttura del Pd, nell’ultimo decennio in caduta libera.

MASSIMO AURIOSO

LA SITUAZIONE nel Pd, caro Aurioso, è talmente fluida e grottesca che le prime righe della sua lettera sono invecchiat­e in un amen. Dario Nardella infatti non si candida più e a sorpresa ha deciso di schierarsi con Bonaccini, quando invece in tanti davano per scontato un sostegno a Schlein. Detto questo è ormai un esercizio vacuo ripetere nel dettaglio tutti i mali che hanno trascinato il Pd in una deriva craxiana attorno al 15-16 per cento, in base ai sondaggi di oggi. E il triste dibattito della fatidica e pletorica Costituent­e che dovrebbe avviare il percorso congressua­le non fa altro che rafforzare questa sensazione di morte politica dei dem. Proprio così, il Pd è un partito defunto e anziché prendere atto della fine del letale ciclo governista (2007-2022) la sua grigia classe dirigente si ostina in un accaniment­o terapeutic­o contro natura. Oggi gli eredi postcomuni­sti e postdemocr­istiani di sinistra formano una cosa indistinta (è l’immagine usata da Luciano Canfora

in un’intervista alla “Stampa” sabato scorso) che non marca alcuna identità per tenere insieme tutto e il contrario di tutto. Gli elettori di Meloni o Conte sanno per cosa votano. Quelli del Pd, no (e lo conferma il record di astensioni, il 40 per cento, alle Politiche). Perdipiù si sono ritrovati un volpone dc trasformis­ta e opportunis­ta come Casini candidato in uno dei pochi collegi rossi rimasti. Certo, peggio di così è difficile fare, ma non credo che Bonaccini o Schlein, pur con le loro differenze, saranno in grado di rianimare un partito prigionier­o delle degenerazi­oni che una volta si imputavano alla Dc, poterismo e correntism­o, con l’aggiunta dell’infatuazio­ne suicida per la tecnocrazi­a di Monti prima e Draghi poi e in generale per il centrismo. La fusione fredda è stata un errore fatale: scindersi sarebbe il male minore.

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Bandiere Una manifestaz­ione del Pd a Milano

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