Sinistra Il Pd è una cosa indistinta, meglio prendere atto che è morto
ELLY SCHLEIN, STEFANO BONACCINI, Dario Nardella, saranno i candidati per elezione del nuovo segretario nazionale del Pd. I problemi e lo smarrimento di quel partito sono alla base di una crisi storica della sinistra. Lavoro, temi sociali sono l’emblema di una visione della società italiana non più adeguato. Ci vuole un cambiamento radicale e culturale di tutta la struttura del Pd, nell’ultimo decennio in caduta libera.
MASSIMO AURIOSO
LA SITUAZIONE nel Pd, caro Aurioso, è talmente fluida e grottesca che le prime righe della sua lettera sono invecchiate in un amen. Dario Nardella infatti non si candida più e a sorpresa ha deciso di schierarsi con Bonaccini, quando invece in tanti davano per scontato un sostegno a Schlein. Detto questo è ormai un esercizio vacuo ripetere nel dettaglio tutti i mali che hanno trascinato il Pd in una deriva craxiana attorno al 15-16 per cento, in base ai sondaggi di oggi. E il triste dibattito della fatidica e pletorica Costituente che dovrebbe avviare il percorso congressuale non fa altro che rafforzare questa sensazione di morte politica dei dem. Proprio così, il Pd è un partito defunto e anziché prendere atto della fine del letale ciclo governista (2007-2022) la sua grigia classe dirigente si ostina in un accanimento terapeutico contro natura. Oggi gli eredi postcomunisti e postdemocristiani di sinistra formano una cosa indistinta (è l’immagine usata da Luciano Canfora
in un’intervista alla “Stampa” sabato scorso) che non marca alcuna identità per tenere insieme tutto e il contrario di tutto. Gli elettori di Meloni o Conte sanno per cosa votano. Quelli del Pd, no (e lo conferma il record di astensioni, il 40 per cento, alle Politiche). Perdipiù si sono ritrovati un volpone dc trasformista e opportunista come Casini candidato in uno dei pochi collegi rossi rimasti. Certo, peggio di così è difficile fare, ma non credo che Bonaccini o Schlein, pur con le loro differenze, saranno in grado di rianimare un partito prigioniero delle degenerazioni che una volta si imputavano alla Dc, poterismo e correntismo, con l’aggiunta dell’infatuazione suicida per la tecnocrazia di Monti prima e Draghi poi e in generale per il centrismo. La fusione fredda è stata un errore fatale: scindersi sarebbe il male minore.