Il Fatto Quotidiano

Sorpresa L’inps “internaliz­za” 3mila lavoratori del call center: finalmente una buona notizia

- ROBERTO ROTUNNO

Come dicono i sindacati, questo è “un precedente molto interessan­te”: l’inps ha appena internaliz­zato oltre 3 mila addetti al call center che per anni hanno lavorato in appalto per Comdata. L’istituto di previdenza li ha assunti direttamen­te dal 1° dicembre nella sua controllat­a (al 100%) Inps Servizi. È la prima volta che accade, specie con questi numeri, anzi spesso succede il contrario: grandi committent­i, anche pubblici, dismettono le attività di contact center o, nei casi migliori, fanno gare al ribasso senza garantire la tutela dei lavoratori nel cambio di appalto.

“Dal 5 dicembre – ha spiegato l’ente guidato da Pasquale Tridico - il servizio di contact center , che impiegherà oltre 3.000 persone neo-assunte da Inps Servizi, riprenderà dal lunedì al sabato con modalità rinnovate che facilitera­nno il contatto telefonico diretto con un operatore specializz­ato”. L’internaliz­zazione è stata prevista da una legge del 2019: a fine 2021 è stato poi previsto di considerar­e nelle assunzioni le persone che su quel servizio hanno lavorato per anni nelle imprese private. Un processo con una lunga genesi, insomma, ma che ora è arrivato a un esito quasi definitivo. Rimangono alcuni nodi ancora da sciogliere. Il primo: trattandos­i di nuove assunzioni, questi lavoratori si sono visti azzerati gli scatti di anzianità maturati negli anni. A conti fatti, stimano i sindacati, si tratta di circa 120 euro in meno di media nelle buste paga. “Contiamo di recuperare queste somme attraverso la contrattaz­ione aziendale”, spiega Riccardo Saccone di

Slc Cgil. Poi c’è la questione dei part time “involontar­i”, cioè di chi vorrebbe un lavoro a tempo pieno, problema antico. Un buon 40% di questi operatori ha un contratto da quattro ore al giorno, un’altra fetta è in servizio per sei ore: quelli da otto ore sono una minoranza. Anche qui i sindacati sperano di aumentare i turni per far crescere anche gli stipendi degli addetti.

Il tutto dovrà esser fatto a parità di risorse spese dall’inps nel 2019, ma le sigle sono fiduciose sull’esistenza di margini di manovra: “Quei soldi prima servivano a pagare contratti di lavoro, investimen­ti e a remunerare il privato, ora servono solo per il lavoro, contiamo di poterli usare per migliorare le condizioni di queste persone”. La speranza, poi, è riuscire anche a “ripescare” alcuni addetti rimasti fuori dalla stabilizza­zione. "È arrivato il momento di fare un balzo in avanti con qualità e senza incertezze”, ha commentato l'unione sindacale di base (Usb).

Al netto dei dettagli da sistemare, resta un’operazione che prospetta un futuro diverso. Finora, come detto, in genere succedeva il contrario: alla scadenza di un appalto, nel migliore dei casi si finiva in una trattativa per essere assorbiti dalla nuova azienda, nel peggiore licenziati. In questi giorni, per esempio, si discute del “1500”, il numero di telefono per le informazio­ni sull’emergenza Covid che impiega oltre 500 addetti di Almaviva. Il 31 dicembre scade la commessa, ancora non è chiaro se il governo intenda prorogarla con una nuova gara questa settimana potrebbero esserci novità – e quanti posti potranno essere salvati. Dal 1° gennaio, persone che per due anni e mezzo hanno garantito un servizio pubblico durante la pandemia rischiano di andare a casa.

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