Visco jr, la giudice avverte: con la riforma niente inchiesta
Con la legge Nordio indagine già in fumo
Stavolta, tra le righe, lo dice anche il Gip Maria Gaspari, il giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Gabriele Visco, ex dirigente Invitalia e figlio dell’ex ministro, e di altre tre persone: con le nuove norme, quelle già varate dal governo Meloni sulle cosiddette intercettazioni a “strascico”, l’indagine della Procura di Roma non ci sarebbe stata. In un passaggio dell’ordinanza, il giudice, quasi anticipando quelle che potrebbero essere le future mosse dei legali, ha da subito chiarito la questione: “Quanto alle intercettazioni autorizzate nei confronti di Fioretti Pierluigi nel procedimento stralciato avente a oggetto reati diversi, antecedenti al decreto di autorizzazione emesso in data 9 novembre 2022, anch’esse sono utilizzabili in quanto da ritenersi rilevanti e assolutamente indispensabili per l’accertamento di un reato rientrante, nell’ipotesi originaria, nel novero dei reati di cui all’articolo 266 comma 1 codice di procedura penale, per il quale, all’epoca del fatto (2022), era ammessa l’utilizzabilità”. Il giudice quindi conclude: “La novella legislativa che ha ristretto il campo dell’utilizzabilità ai soli reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza si applica infatti solo ai procedimenti iscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 10 agosto 2023 n. 105 (art. 2 quinquies del decreto citato)”.
IL RIFERIMENTO
è dunque al decreto legge 105 del 2023, intervenuto proprio su quelle intercettazioni autorizzate per un reato che però, nel corso delle indagini, è stato cambiato, magari perché i magistrati hanno raccolto elementi nuovi e diversi. Questo è successo nell’inchiesta su Visco&c.: all’inizio le captazioni nei confronti di Pierluigi Fioretti, imprenditore anche lui ai domiciliari, erano state autorizzate per la corruzione, reato poi modificato in traffico di influenze (che non prevede la possibilità di intercettare).
Ma questo governo come ha cambiato la normativa? Il vecchio articolo 270 del Codice di procedura penale stabiliva che “i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e dei reati di cui all’articolo 266, comma 1”. Quest’ultimo articolo riguarda i delitti contro la Pubblica amministrazione, quelli che riguardano sostanze stupefacenti, armi, esplosivi e così via. Da agosto tutto è cambiato. Con il decreto legge 105 del 2023 è stato eliminato il riferimento all’articolo 266, mettendo al riparo tutta una serie di reati, compresi quelli tipici dei colletti bianchi. Si è dunque stabilito, per il futuro, che le intercettazioni possono essere utilizzate in procedimenti diversi solo quando si tratta di delitti per i quali è previsto l’arresto in fragranza. Nel caso concreto dell’indagine su Visco e altri, dunque, i magistrati non avrebbero potuto utilizzare le intercettazioni perché il reato, nel corso degli accertamenti, è cambiato e perché si tratta di un delitto contro la P.A. È stato possibile usare quelle captazioni solo perché la nuova disciplina si applica ai procedimenti aperti dopo l’entrata in vigore del Dl 105 del 2023. Ma non succederà per le future inchieste.