Netanyahu, assalto totale: “Invadiamo anche Rafah”
Rifiutate le richieste di Hamas. Blinken contro il premier: “Per tutta la vita penserò alle migliaia di bimbi uccisi a Gaza”
Nel faccia a faccia con il primo ministro Benjamin Netanyahu il segretario di stato americano, Antony Blinken, è stato duro, assicurandogli che per il resto della sua vita “penserà alle migliaia di bambini che sono stati uccisi a Gaza”. Il capo della diplomazia americana vuole che Bibi prenda seriamente in considerazione la proposta di Hamas: un cessate il fuoco di 135 giorni con varie condizioni in più rispetto alla bozza precedentemente approvata da Israele. “La risposta di Hamas è stata formulata in modo tale che Israele la rifiutasse”: il ministro della Difesa, Yoav Gallant, è stato lapidario con Blinken. “La loro posizione – ha aggiunto Gallant, riferendosi al movimento islamista – porterà alla continuazione della guerra e spinge le forze armate in altre aree di Gaza”. L’intenzione del ministro è chiara: completare la conquista di Khan Younis e poi spostare le truppe verso Rafah, anzi Netanyahu è stato ancora più chiaro affermando di aver già dato ordine di “operare a Rafah”.
SERVONO SETTIMANE.
La data limite potrebbe essere il 10 marzo, inizio del Ramadan. Il mese del digiuno islamico è un tempo in cui le tensioni religiose potrebbero detonare e investire tutto il mondo arabo. Nell’accordo avanzato ieri da Hamas ci sono tre fasi da 45 giorni l’una. Nel primo blocco ci sarebbe il rilascio degli ostaggi vulnerabili, nella seconda fase verrebbero messi in libertà gli uomini e nell’ultima fase lo scambio dei cadaveri. La contropartita richiesta da Hamas ha diversi punti: ritiro totale delle forze armate israeliane, rilascio di 1.500 prigionieri palestinesi, libertà di movimento dei gazawi in tutta la Striscia, apertura dei valichi con almeno 500 tir al giorno di aiuti umanitari, restrizioni all’accesso dei coloni israeliani sulla spianata delle moschee a Gerusalemme. La prospettiva di Hamas è un armistizio da raggiungere con la mediazione di Qatar, Egitto, Turchia, Russia e il beneplacito statunitense. Nella bozza di accordo approvata la settimana precedente da Israele le condizioni erano altre: tre prigionieri palestinesi liberati per ogni ostaggio israeliano e l’idf manterrebbe tutte le posizioni militari conquistate. “Continueremo fino alla fine – ha detto ieri sera il primo ministro Netanyahu –. Non c’è altra soluzione oltre alla vittoria completa”. Le priorità del governo sono due: distruzione di Hamas e la vita degli ostaggi. Ma la seconda è sacrificabile la prima. La risposta al primo ministro è arrivata da Aviva Seigel, una delle israeliane rapite e poi rilasciate: “Se salviamo gli ostaggi avremo salvato lo Stato di Israele e questa sarà la vittoria assoluta”.nella prospettiva palestinese Hamas non è mai stato così forte. In quattro mesi di guerra l’idf non è riuscita a ucciso i suoi leader. Il prezzo pagato dai civili – sono oltre 27.500 i morti nella Striscia – ha costretto la comunità internazionale a riprendere in mano la questione palestinese. L’arabia Saudita ha chiesto il ritiro dell’idf da Gaza, aggiungendo che non ci sarà alcun rapporto con Israele senza il “riconoscimento di un indipendente Stato palestinese”. La settimana scorsa era stato il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, ad aprire all’ipotesi di un accreditamento internazionale per uno Stato palestinese. Il giorno dopo è stato il turno statunitense. Ieri il presidente Abu Mazen ha ricevuto Blinken a Ramallah e la richiesta reiterata: Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est sotto un’unica amministrazione riconosciuta da Washington e con lo status di membro Onu.
Dal Palazzo di Vetro a New York ha parlato anche il segretario generale Antonio Guterres: “È tempo di un cessate il fuoco umanitario immediato e del rilascio di tutti gli ostaggi”. Nel suo discorso all’assemblea generale, Guterres si è detto “specialmente allarmato” per un attacco su Rafah: “Un’azione del genere aumenterebbe esponenzialmente quello che è già un incubo umanitario con conseguenze regionali indicibili”. L’area è stata designata come sicura dall’idf e vi hanno trovato rifugio oltre 1,5 milioni di gazawi. Finora i battaglioni di Hamas hanno combattuto contro l’idf usando macerie e tunnel. Un attacco su Rafah spingerebbe i miliziani con le spalle al muro, le morti civili sarebbero inevitabili e numerose.
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