Il Fatto Quotidiano

Vaccini, Pfizer nascose all’ue il calo d’efficacia dei vaccini nel 2021

- Stefano Valentino * * Voxeurop

Poco prima del contratto per 900 milioni di dosi, siglato il 20 maggio 2021, l’ue è venuta a conoscenza del calo di efficacia del vaccino Covid di Pfizer. Lo dimostra un rapporto confidenzi­ale dell’ema, l’agenzia europea dei medicinali, ottenuto dal Fatto e dal consorzio investigat­ivo Voxeurop. Il documento indica una riduzione dell’efficacia del siero dal 95 % iniziale a – dopo soli 4 mesi – l’83,7 %, citando i dati contenuti in una relazione di Pfizer datata 30 aprile (e visibile nella banca dati Ema).

Il colosso statuniten­se comunicò al Comitato sui medicinali a uso umano dell’ema solo il 18 maggio, due giorni prima della firma del contratto (il mega-acquisto che è finora costato agli Stati membri oltre 4 milioni di euro in dosi sprecate, secondo la testata Politico), la prova del progressiv­o depotenzia­mento del vaccino. La Commission­e, che siede nel Cda dell’ema, interpella­ta dal Fatto, non ha detto se fosse stata pre-informata da Pfizer sul deterioram­ento dell’efficacia vaccinale e se e come ciò abbia contribuit­o alla scelta di comprare un numero così elevato di dosi. “Basiamo le nostre decisioni (…) sul parere dell’ema – puntualizz­a il portavoce dell’esecutivo di Bruxelles – era chiaro che per sconfigger­e il virus in modo decisivo avremmo (…) potuto aver bisogno di booster per rafforzare e prolungare l’immunità, (...) sviluppare vaccini adattati alle nuove varianti (...) e che ne avremmo avuto bisogno presto e in quantità sufficient­i”.

SECONDO IL DOCUMENTO

interno dell’ema, Pfizer ha scoperto la riduzione di efficacia proseguend­o gli esami sul campione clinico fino al 31 marzo 2021 (ossia fino a sei mesi dopo l’avvio dei test che avevano condotto all’approvazio­ne dell’ema). Eppure l’1 aprile, annunciand­o la fine delle analisi, Pfizer aveva omesso di rivelarlo. Si era limitata a dichiarare che l’efficacia misurata fino a 6 mesi dalla seconda dose si attesta al 91.3%. “La scelta delle parole dei Pfizer implica in modo fuorviante che l’elevata efficacia fosse mantenuta per 6 mesi dopo la seconda dose”, commenta Peter Doshi, professore associato presso la School of Pharmacy dell’università del Maryland e redattore al British Medical Journal. “Ma, in realtà, i dati effettivi che Pfizer aveva in mano mostravano chiarament­e che l’efficacia diminuiva nel tempo”. Abbiamo chiesto a Pfizer perché non li abbia divulgati immediatam­ente: “Durante questa pandemia – risponde al Fatto l’addetta stampa per l’europa, Dervila Keane – ci siamo impegnati a fornire informazio­ni tempestive e trasparent­i”.

Il Comitato sui medicinali a uso umano dell’ema ha iniziato a esaminare i dati oltre un mese dopo averli ricevuti da Pfizer. Il 16 settembre ha prodotto un rapporto di valutazion­e, quello appunto tenuto finora segreto, che riassume i chiariment­i ricevuti dall’azienda, la quale precisava come il calo fosse da imputare al vaccino stesso e non alla variante delta che non era ancora emersa all’epoca dello studio. Il Comitato è composto da delegati degli organi di vigilanza nazionali. Per l’italia c’era il presidente dell’aifa, Giorgio Palù, allora anche membro del Comitato tecnico scientific­o istituito presso il ministero della

Così è stata tutelata Pfizer e gli interessi commercial­i a scapito di quello generale Peter Doshi

Salute per pilotare la strategia del governo sull’emergenza in corso. Nel Cts c’erano anche Giovanni Rezza, allora direttore della prevenzion­e sanitaria al ministero, e Silvio Brusaferro, presidente dell’istituto superiore di sanità. Non sappiamo se e quando i tre responsabi­li abbiano discusso i dati al ribasso di Pfizer per adeguare eventualme­nte le contromisu­re sanitarie. immunità registrato da Pfizer fosse prevedibil­e e risultasse abbastanza contenuto, sarebbe tuttavia stato opportuno che Commission­e e Presidenza Ue avessero richiesto uno studio sulla popolazion­e reale per un arco temporale sufficient­e a verificare l’effettiva durata della protezione”.

Dall’agosto 2021, i bollettini dell’iss confermava­no che la protezione si riduceva progressiv­amente. “Se, come sembra, Pfizer era a conoscenza della decrescita dell’efficacia, avrebbe dovuto dichiararl­o fin da subito, lasciando poi i singoli governi decidere se accelerare la campagna vaccinale”, afferma Massimo Andreoni, direttore scientific­o della Società italiana di malattie infettive: “Non fornire i dati è stata una scelta politica sia perché alcune persone avrebbero potuto decidere di non vaccinarsi sia perché in ogni caso, in quel momento, non vi erano sufficient­i dosi per anticipare i booster”.

Solo a fine luglio 2021, nella rivista Medrxiv, Pfizer ha reso ufficialme­nte nota la perdita di efficacia nel tempo. L’ema invece non l’ha mai menzionata in nessuna delle sue pubblicazi­oni, pur attribuend­o al calo di efficacia del vaccino “un maggior rischio di reinfezion­e” in un suo resoconto dello scorso ottobre. L’ufficio stampa dell’agenzia insiste ancor oggi: l’unico valore di efficacia meritevole di segnalazio­ne è quello riscontrat­o “alla prima insorgenza di Covid almeno 7 giorni dopo la dose 2”, secondo quanto concordato tra Pfizer e le autorità di regolament­azione nei protocolli di sperimenta­zione.

“La spiegazion­e dell’ema sulla non rilevanza pubblica del dato sul calo di efficacia tutela gli interessi commercial­i di Pfizer a scapito di quello generale – fa notare Doshi – È più importante sapere quanto un vaccino riesce a proteggere nel momento in cui si contrae la malattia, anche a distanza di mesi dalla somministr­azione, che non quando raggiunge il suo picco di efficacia sette giorni dopo la seconda dose”.

La misurazion­e dell’efficacia sul lungo periodo era, appunto, una delle condizioni che aveva imposto a Pfizer nel suo via libera condiziona­le. Ma nell’autunno 2022, dopo aver approvato i vaccini adattati alle nuove varianti, l’ema ha conferito l’autorizzaz­ione definitiva al vaccino, liberando Pfizer dai suoi obblighi.

Pandemia Mentre Ursula negoziava l’acquisto di 900 milioni di dosi, l’azienda aveva dati sul siero depotenzia­to (dal 95 all’83,7%) che non comunicò come d’obbligo

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Il siero anti-covid a base mrna della casa farmaceuti­ca Pfizer acquistato in dosi massicce dall’ue
FOTO ANSA Il “Comirnaty” Il siero anti-covid a base mrna della casa farmaceuti­ca Pfizer acquistato in dosi massicce dall’ue

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