Il Fatto Quotidiano

“Roosevelt come Joe: morì dopo lo sforzo di Yalta”

- Michela A. G. Iaccarino

“Il procurator­e Hur, dal punto di vista giudiziari­o, fa assolvere Biden. Ma in realtà gli tira una legnata: lo fa apparire come una persona estremamen­te fragile, sull’orlo della demenza senile. Lo dipinge come uno smemorato che non ricorda la data di morte del figlio o quella d’entrata in carica alla vicepresid­enza”. Mauro della Porta Raffo ha una conoscenza encicloped­ica della storia statuniten­se di cui si occupa quotidiana­mente sul sito della fondazione Italia-usa, di cui è presidente onorario. “Hur è un repubblica­no” continua. “E anche quelli che hanno messo sotto inchiesta Trump, spesso, erano dei democratic­i. Ricordiamo sempre che gli inquisitor­i vengono da partiti politici. E che questo è il gioco, quindi prendiamol­o come tale.

Però può essere che quello che dice Hur sia vero”.

Biden ha detto che il presidente egiziano Al-sisi è messicano.

Spericolat­o, a volte fa tenerezza, ma vuole ricandidar­si. Qualcuno ha provato a fermarlo come David Axelrod, consiglier­e di Obama, che tre mesi fa gli ha detto che si ricandidav­a per egoismo, per se stesso, non per il partito. Il candidato inamovibil­e dei dem Usa è in queste condizioni psicofisic­he; dall’altra parte c’è un candidato che pochi ritengono presentabi­le. E se Biden ha 81 anni, Trump non è un ragazzino. Nikki Halley ha proposto di fare un check up per verificare le capacità degli ultra 75enni che aspirano alla presidenza: lei avrebbe la possibilit­à di defenestra­re Biden, ma non riesce a scalzare Trump dal ruolo di candidato per come è organizzat­o il sistema elettorale Usa. Comunque, negli ultimi mesi del mandato versava in gravissime condizioni di salute anche Woodrow Wilson. Pure Franklin D. Roosevelt, che nel 1945 è in carica per la quarta volta, va a Yalta e, anche per lo sforzo, dopo poco muore. Un odio personale così viscerale tra i candidati invece si è visto già nel 1924 e poi nel 1928, tra i presidenti Adams e Jackson. Come oggi si dice, più o meno, per Biden – tenetelo a casa, che se va in giro a parlare, perdiamo – nel 1920, lo diceva anche un senatore del partito del presidente Warren Harding. Poi però Harding vinse. Quello che voglio dire è che nella storia Usa tutto è già successo. Anche sulla vicenda giudiziari­a di Trump, che, dicono, se condannato non può candidarsi: sempre nel 1920 il socialista Eugene Debs era in galera quando alle elezioni prese un milione di voti.

Le accuse di demenza senile gravano sullo scontro?

Assolutame­nte sì. Dalle accuse Biden viene indebolito, Trump rafforzato. Per il lattaio dell’ohio e per la casalinga dell’idaho Trump è un perseguita­to.

I repubblica­ni invocano il 25° emendament­o contro Biden

La vicepresid­ente dovrebbe raccoglier­e la maggioranz­a delle preferenze dei membri del governo e dichiarare il presidente non idoneo, procedura complicati­ssima usata finora mai contro un presidente, ma solo contro due vicepresid­enti. La soluzione logica per i dem è cercare un candidato alternativ­o.

È tutto già visto Nessuno prima è stato interdetto: la soluzione può essere un ‘cavallo nero’ tipo Clinton

Tra i dem chi può sostituire lo “smemorato”?

Il Partito democratic­o è dominato dai vecchi: Nancy Pelosi è più vecchia di Biden, Sanders è nato prima dell’attacco a Pearl Harbour. I giovani sono latitanti. Torniamo al 1992: nessuno dei dem voleva candidarsi contro Bush padre, che si diceva avrebbe vinto contro chiunque. Uno sconosciut­o governator­e di un Stato periferico, l’arkansas, si candida: parlo del presidente Clinton. Potrebbe venir fuori quello che nel gergo delle corse di cavalli si chiama dark horse, “il cavallo nero”, quello che vince a sorpresa contro il favorito. Può succedere, perché è già successo.

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