“Roosevelt come Joe: morì dopo lo sforzo di Yalta”
“Il procuratore Hur, dal punto di vista giudiziario, fa assolvere Biden. Ma in realtà gli tira una legnata: lo fa apparire come una persona estremamente fragile, sull’orlo della demenza senile. Lo dipinge come uno smemorato che non ricorda la data di morte del figlio o quella d’entrata in carica alla vicepresidenza”. Mauro della Porta Raffo ha una conoscenza enciclopedica della storia statunitense di cui si occupa quotidianamente sul sito della fondazione Italia-usa, di cui è presidente onorario. “Hur è un repubblicano” continua. “E anche quelli che hanno messo sotto inchiesta Trump, spesso, erano dei democratici. Ricordiamo sempre che gli inquisitori vengono da partiti politici. E che questo è il gioco, quindi prendiamolo come tale.
Però può essere che quello che dice Hur sia vero”.
Biden ha detto che il presidente egiziano Al-sisi è messicano.
Spericolato, a volte fa tenerezza, ma vuole ricandidarsi. Qualcuno ha provato a fermarlo come David Axelrod, consigliere di Obama, che tre mesi fa gli ha detto che si ricandidava per egoismo, per se stesso, non per il partito. Il candidato inamovibile dei dem Usa è in queste condizioni psicofisiche; dall’altra parte c’è un candidato che pochi ritengono presentabile. E se Biden ha 81 anni, Trump non è un ragazzino. Nikki Halley ha proposto di fare un check up per verificare le capacità degli ultra 75enni che aspirano alla presidenza: lei avrebbe la possibilità di defenestrare Biden, ma non riesce a scalzare Trump dal ruolo di candidato per come è organizzato il sistema elettorale Usa. Comunque, negli ultimi mesi del mandato versava in gravissime condizioni di salute anche Woodrow Wilson. Pure Franklin D. Roosevelt, che nel 1945 è in carica per la quarta volta, va a Yalta e, anche per lo sforzo, dopo poco muore. Un odio personale così viscerale tra i candidati invece si è visto già nel 1924 e poi nel 1928, tra i presidenti Adams e Jackson. Come oggi si dice, più o meno, per Biden – tenetelo a casa, che se va in giro a parlare, perdiamo – nel 1920, lo diceva anche un senatore del partito del presidente Warren Harding. Poi però Harding vinse. Quello che voglio dire è che nella storia Usa tutto è già successo. Anche sulla vicenda giudiziaria di Trump, che, dicono, se condannato non può candidarsi: sempre nel 1920 il socialista Eugene Debs era in galera quando alle elezioni prese un milione di voti.
Le accuse di demenza senile gravano sullo scontro?
Assolutamente sì. Dalle accuse Biden viene indebolito, Trump rafforzato. Per il lattaio dell’ohio e per la casalinga dell’idaho Trump è un perseguitato.
I repubblicani invocano il 25° emendamento contro Biden
La vicepresidente dovrebbe raccogliere la maggioranza delle preferenze dei membri del governo e dichiarare il presidente non idoneo, procedura complicatissima usata finora mai contro un presidente, ma solo contro due vicepresidenti. La soluzione logica per i dem è cercare un candidato alternativo.
È tutto già visto Nessuno prima è stato interdetto: la soluzione può essere un ‘cavallo nero’ tipo Clinton
Tra i dem chi può sostituire lo “smemorato”?
Il Partito democratico è dominato dai vecchi: Nancy Pelosi è più vecchia di Biden, Sanders è nato prima dell’attacco a Pearl Harbour. I giovani sono latitanti. Torniamo al 1992: nessuno dei dem voleva candidarsi contro Bush padre, che si diceva avrebbe vinto contro chiunque. Uno sconosciuto governatore di un Stato periferico, l’arkansas, si candida: parlo del presidente Clinton. Potrebbe venir fuori quello che nel gergo delle corse di cavalli si chiama dark horse, “il cavallo nero”, quello che vince a sorpresa contro il favorito. Può succedere, perché è già successo.