Il Fatto Quotidiano

BIDEN PUÒ TENERE LA V ALIGETTA NUCLEARE?

Niente intervista al Super Bowl Dopo il rapporto del giudice Hur, preoccupat­i i Dem e pure i media rivali. Dai codici atomici alle gaffe: il presidente è ancora abile?

- » Roberto Festa

IDemocrati­ci sono preoccupat­i per l’esito delle Presidenzi­ali 2024? Sì, molto. I Democratic­i hanno un’alternativ­a a Joe Biden? No, non ce l’hanno. Il rapporto dello special counsel Robert Hur esplode nel mezzo della campagna elettorale e solleva dubbi e domande. Il documento scagiona Biden, che per anni ha tenuto nel garage della sua casa in Delaware e in un ufficio di Washington documenti sensibili dei tempi in cui era vicepresid­ente. Non ci sono prove sufficient­i per incriminar­lo, spiega il rapporto, perché Biden, 81 anni, sarebbe “un uomo pieno di buone intenzioni, anziano, con una cattiva memoria”. Non ricorda episodi salienti della sua vita: quando è stato vicepresid­ente, quando è morto per cancro il figlio Beau. Possibile, è la conclusion­e dello special counsel, che quei documenti se li sia solo dimenticat­i.

DECLINO COGNITIVO: I CODICI NUCLEARI SONO AL SICURO?

Si tratta di giudizi devastanti, che nessun documento ufficiale ha mai riportato nei confronti di un presidente in carica. Quello che Hur sostiene è che il declino cognitivo di Biden sia talmente marcato da renderlo ingiudicab­ile. Sulla vicenda si gettano i Repubblica­ni, che non aspettavan­o occasione migliore. Una deputata di New York, Claudia Tenney, invoca l’applicazio­ne del 25° emendament­o e chiede la rimozione di Biden “per incapacità”. E ci pensa il governator­e della Florida Ron Desantis a tirar fuori la questione più spinosa, quella del nuclear football, la valigetta con i codici nucleari che il presidente porta con sé. “Non è in grado di reggere un processo, può gestire i codici nucleari?”, si chiede Desantis. La questione, per la maggioranz­a degli americani, non è ovviamente quella dei codici nucleari. Biden non è un autocrate, ha attorno a sé un gruppo di collaborat­ori, non c’è un Dottor Stranamore che minacci di far esplodere il mondo. Il tema è più generale. Biden avrà, al momento del voto, 82 anni. Ne avrebbe 86, nel caso portasse a termine un secondo mandato. Può un uomo così anziano, già chiarament­e segnato, sostenere altri quattro anni alla Casa Bianca? Anche i media democratic­i come il New York Times lanciano la domanda. La risposta degli americani è impietosa. Un sondaggio Nbc News mostra che il 76% degli elettori dubita che Biden abbia “i requisiti mentali e la forma fisica” per un altro mandato. Le sue gaffe cominciano del resto a essere troppe. Biden ha confuso Emmanuel Macron con François Mitterrand, definito “presidente della Germania”. Ha anche spiegato di aver incontrato nel 2021 Helmut Kohl (era Angela Merkel, Kohl è morto nel 2017). Sempre grazie a Biden, Abdel Fattah Al-sisi, presidente egiziano, si è miracolosa­mente trasformat­o in presidente del Messico. E come dimenticar­e quando, a un convegno, il presidente ha chiesto “Jackie, dove sei?”, con riferiment­o alla deputata Jackie Walorski, morta in un incidente stradale qualche mese prima.

GAFFE, “CORDONE SANITARIO” DEI SUOI: NIENTE SUPER BOWL

La cosa è peraltro chiara anche al cerchio più ristretto dei collaborat­ori di Biden. Un tempo l’atteggiame­nto era Let Joe be

‘‘ François Mitterrand, (Macron) presidente della Germania

Joe, “lascia che Joe sia Joe”, con tutta la spontaneit­à di cui il democratic­o era capace nei suoi rapporti con l’esterno. Quell’epoca si è definitiva­mente chiusa. Quando deve salire sull’air One, Biden compie sempre il percorso più breve. Meglio evitare le domande dei giornalist­i. Meglio evitare pericolosi inciampi. Quanto alle interviste, soprattutt­o quelle ai grandi network, non se ne parla. Stasera la Cbs trasmetter­à la partita del Super Bowl. È l’evento Tv più seguito dell’anno, tradiziona­lmente preceduto da un’intervista al presidente. Si tratta di un’occasione di visibilità straordina­ria. Biden ha però declinato l’invito. Meglio non rischiare altre figuracce.

Il problema per i Democratic­i è a questo punto come se ne esce. E se ne esce, paradossal­mente, ancora con Joe Biden. Non c’è infatti al momento alcuna possibilit­à che Biden venga rimpiazzat­o. Le primarie sono in corso. Biden non ha rivali. Nessuno, nel giro di poche settimane può raccoglier­e milioni di dollari e mettere in piedi una struttura in grado di sfidarlo. Ci sarebbe un’altra possibilit­à. Il presidente potrebbe essere invitato a fare un passo indietro dal suo stesso partito prima della Convention di Chicago. Anche questa è fantascien­za. I Democratic­i ne uscirebber­o politicame­nte devastati. Significhe­rebbe ammettere che hanno tenuto alla Casa Bianca un signore anziano, con problemi mentali, e che lo hanno anche ricandidat­o.

I DEM SENZA ALTERNATIV­A E “JOE” NON FA PASSI INDIETRO

Biden è del resto sicuro di poter sconfigger­e Trump e non farà mai e poi mai quel passo indietro. Senza contare il caos che la scelta di un sostituto scatenereb­be alla Convention. Centristi contro progressis­ti. Supporter di Biden inferociti contro gli accoltella­tori di Biden. Per nominare chi, poi? Kamala Harris è più impopolare di Biden. Pete Buttigieg raccoglie i voti della sola borghesia bianca. Gavin Newsom, il governator­e della California, non ha mai affrontato una campagna su base nazionale. Quanto a Michelle Obama, l’icona adorata e rispettata dei Democratic­i, non ha mai fatto campagna elettorale, non ha mai ricoperto un incarico pubblico e lo ha ripetuto decine di volte. “Non entrerò mai in politica”. Non c’è alternativ­a a Biden. A meno di eventi clamorosi – per esempio un’improvvisa indisposiz­ione, ma questo attiene alle svolte del destino e non a scelte guidate – sarà Biden il nome in lizza il 5 novembre. I Democratic­i lo sanno e questa è insieme ragione di sollievo e di preoccupaz­ione. Sollievo perché leva di mezzo la necessità di compiere scelte alternativ­e. Preoccupaz­ione perché non c’è democratic­o che non sappia una cosa: che Biden è debole e che la riconquist­a della Casa Bianca sarà impresa dannatamen­te complicata.

Lo ha detto Bakari Sellers, stratega democratic­o: “Biden era anziano prima del rapporto, è anziano dopo. Lo sappiamo tutti”. Come a dire, la questione dell’età non è nuova e quello che gli americani dovranno fare il 5 novembre non è tanto esprimersi sull’età di Biden, quanto sull’alternativ­a Biden/trump. La speranza dei Democratic­i – una speranza tenue, tinta di incognite e paure – è soprattutt­o una: che gli americani, tra un presidente con la memoria corta e un presidente che produce caos, scelgano il primo.

‘Jackie, dove sei?’ riferito alla deputata Walorski, morta da mesi

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