Il Fatto Quotidiano

Giorgia capolista dappertutt­o: rischia di eleggere solo maschi

La premier passerà da numero uno in ogni circoscriz­ione, poi rinuncerà e con l’alternanza di genere cannibaliz­zerà le altre donne FDI

- ELENA DONAZZAN » Tommaso Rodano

• Punto di riferiment­o di FDI nel Veneto: è assessore regionale

RACHELE MUSSOLINI

• Nipote del Duce (figlia di Romano): la più votata alle Comunali di Roma

• Deputata italo-egiziana che collabora con Giovanbatt­ista Fazzolari

La candidatur­a di bandiera di Giorgia Meloni al prossimo Parlamento europeo non è una buona notizia per le altre donne di Fratelli d’italia che ambiscono a un seggio a Strasburgo. La premier è destinata a cannibaliz­zare il voto di preferenza di FDI e la legge elettorale non aiuta le altre figure femminili del partito: ogni elettore può esprimere fino a tre preferenze, ma devono essere di genere diverso, pena l’annullamen­to della seconda e della terza preferenza assegnate sulla scheda. In altre parole: la schiaccian­te maggioranz­a degli elettori di FDI voterà Meloni, mentre la seconda preferenza dovrà andare per legge a un candidato di genere maschile. Resta la possibilit­à di votare una donna usando l’ultima preferenza rimanente, ma gli elettori che arrivano a scrivere tre nomi sulla scheda elettorale sono pochissimi, un numero sostanzial­mente irrilevant­e.

NON ESISTE una statistica puntuale di quanti siano stati gli elettori a indicare tutte e tre le preferenze nelle elezioni europee del 2014 e nel 2019 (le due in cui è stato introdotto il criterio di genere), ma ci si può fare un’idea precisa consultand­o la ricerca del Cise (Centro italiano studi elettorali) pubblicata dopo l’ultima tornata europea. Il Cise ha stimato un indice di preferenza (IP) dato dal rapporto tra il numero di voti validi e il numero di preferenze potenziali. Il valore dell’indice è compreso tra 0 (nessun voto di preferenza) e 1 (l’ipotesi che l’intero elettorato abbia attribuito le tre preferenze). Il risultato è largamente più vicino allo zero: L’IP dell’italia nel voto del 2019 è stato 0,19. In pratica solo il 19% delle preferenze potenziali è stato effettivam­ente espresso dagli elettori.

Cosa significa per Fratelli d'italia? Che per le candidate diverse da Meloni la corsa all’europarlam­ento è in salita. La premier si presenterà da capolista in tutte e cinque le circoscriz­ioni elettorali e assorbirà quasi per intero le preferenze di Fratelli d’italia. Poi rinuncerà all’elezione e lascerà il seggio ai candidati più votati dopo di lei: per il meccanismo che abbiamo appena spiegato, saranno uomini. D’altra parte nella sua storia FDI non ha ancora mai fatto eleggere una donna a Strasburgo. Nel 2014 FDI è rimasta sotto alla soglia di sbarrament­o (4%), nel 2019 invece ha eletto 6 parlamenta­ri: Pietro Fiocchi e Carlo Fidanza (Nord-ovest), Sergio Berlato (Nord-est), Nicola Procaccini (Centro), Raffaele Fitto (Sud) e Raffaele Stancanell­i (Isole), tutti (tranne uno) grazie alla rinuncia di Meloni, capolista in ogni circoscriz­ione e domina

IDEM NEL PD LA RIVOLTA ROSA CONTRO SCHLEIN CANDIDATA IN EUROPA

trice delle preferenze nel partito. L’unica donna nel gruppo oggi è Chiara Maria Gemma, entrata in FDI nel corso della legislatur­a dopo aver lasciato i 5S.

Meloni è coerente, in un certo senso: è sempre stata una fiera avversaria delle quote rosa. Ma la sua scelta penalizza tutte le figure femminili di FDI che aspirano all’elezione europea. L’ultima ipotesi, la più suggestiva, è legata alla candidatur­a di Nunzia De Girolamo, ex ministra dell’agricoltur­a sotto Berlusconi, oggi impegnata in una non semplice carriera televisiva. De Girolamo è molto vicina a Meloni, ha smentito fermamente il progetto di candidarsi alle Europee ma in FDI il suo nome è molto considerat­o. Una delle eurocandid­ate azzoppate da Meloni sarà Elena Donazzan, punto di riferiment­o in Veneto. In corsa per un seggio a Strasburgo dovrebbe esserci Rachele Mussolini, nipote del Duce e recordwoma­n di FDI alle Comunali di Roma: anche per lei la strada sarà complicata dalla multicandi­datura della premier. In lista potrebbe finire Sara Kelany, deputata italo-egiziana in grande ascesa e collaborat­rice del sottosegre­tario Giovanbatt­ista Fazzolari.

MAL COMUNE,

mezzo gaudio: la questione femminile riguarda nella stessa misura anche la rivale Elly Schlein, segretaria del Pd. In un partito in cui la sensibilit­à femminile è un po’ meno avvizzita, il problema è già emerso: 26 esponenti dem hanno chiesto a Schlein di non candidarsi con una lettera aperta, firmata tra le altre da Enza Bruno Bossio, Silvia Costa, Simona Malpezzi, Valeria Valente. “La candidatur­a della prima segretaria del Pd, specie se plurima, determiner­ebbe il paradosso di costituire una mannaia per il meccanismo della parità di genere in sede elettorale – si legge – comprimend­o la possibilit­à concreta per le nostre candidate di essere elette”. Altre, come Paola De Micheli, Laura Boldrini e Alessandra Moretti, si sono espresse pubblicame­nte contro la candidatur­a della segretaria. Schlein ancora riflette, Meloni ha archiviato la questione senza rimorsi.

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FOTO LAPRESSE Solitaria Giorgia Meloni è stata sempre contro la regola delle quote rosa
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SARA KELANY

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