Il Fatto Quotidiano

Berlinguer, Meloni e il (fu) rispetto

GIORGIA MELONI SUL LIBRO DELLE DEDICHE DOPO AVER VISITATO LA MOSTRA CHE RICORDA ENRICO BERLINGUER A 40 ANNI DALLA MORTE

- ANTONIO PADELLARO Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano lettere@ilfattoquo­tidiano.it

di una storia, politica. E la politica è l’unica possibile soluzione ai problemi”.

FORSE, TROPPO OCCUPATA a denunciare i possibili germi patogeni di fascismo nella destra di governo, la sinistra “antifascis­ta” non sembra aver dato troppo peso all’omaggio reso dalla presidente del Consiglio (di convinta formazione missina) a colui che fu il leader del più forte Partito comunista dell’occidente. Forse, troppo impegnata a individuar­e tracce di “comunismo” nell’opposizion­e del centrosini­stra, la destra giornalist­ica e televisiva ha fatto finta di non vedere il pubblico riconoscim­ento da parte della premier (di cui si raccolgono le virgole, e perfino i sospiri) alla statura politica e umana di un avversario rispettato. Forse, per entrambi i fronti contrappos­ti, si trattava di non turbare (oltre alla visione del Festival di Sanremo) i codici di una narrazione a senso unico, quella che funziona sul fiorente mercato delle fazioni, gonfiate con gli estrogeni social. Una politica con la bava alla bocca che ha messo in soffitta la parola chiave “rispetto”, quella che perfino nella famigerata Prima Repubblica degli Anni di piombo possedeva ancora un senso e una sacralità. Tanto che nel giugno 1984, nel triste giorno dei funerali di Berlinguer, a fendere la gigantesca folla che circondava la sede del Pci, alle Botteghe Oscure, si presentò Giorgio Almirante. All’uscita dalla camera ardente dove si era inchinato davanti alla bara del segretario comunista – morto sul campo a Padova mentre parlava al suo popolo a pochi giorni dalle elezioni Europee – il leader del Msi disse: “Sono venuto a rendere omaggio a un uomo da cui mi ha diviso tutto ma che ho sempre apprezzato e stimato”. Quattro anni dopo, ai funerali del gerarca missino Pino Romualdi, una delegazion­e del Pci guidata da Giancarlo Pajetta restituì la cortesia. Eppure, quei due fronti che al cospetto della morte sapevano chinare il capo si erano affrontati e sparati senza pietà durante la guerra di Liberazion­e. Che, fortunatam­ente per tutti, aveva visto prevalere i valori della Resistenza e della democrazia repubblica­na sul disumano sonno della ragione nazifascis­ta.

In un’arena politica sempre più dominata da forme ed espression­i di livoroso pregiudizi­o, da una parte e dell’altra, vogliamo pensare che Giorgia Meloni (accompagna­ta nella vista dal comunista, senza virgolette, Ugo Sposetti) abbia voluto dare un segnale (anche al suo mondo) ricordando che “è la politica l’unica soluzione ai problemi”. La politica, e dunque il confronto democratic­o anche aspro, non certo l’aggression­e e la diffamazio­ne dell’avversario trasformat­o in mortale nemico. Non raccoglier­e quel gesto sarebbe un’occasione persa per tutti (ma forse chi scrive questa nota è davvero fuori dal tempo, e se ne scusa).

00184 Roma, via di Sant’erasmo n°2

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