Il Fatto Quotidiano

Gesù col lebbroso Non gli bastava guarirlo, infranse la legge e lo toccò

- ANTONIO SPADARO S. I.

Vediamo Gesù. Non sappiamo bene che cosa stia facendo. Marco non ce lo dice perché a lui interessa solo inquadrare un uomo che gli si avvicina in ginocchio. È un lebbroso. La lebbra è una malattia infettiva granulomat­osa e cronica che colpisce la pelle e i nervi periferici. Quest’uomo in ginocchio prova una sensazione di intorpidim­ento generale e presenta macchie cutanee più chiare rispetto al colore naturale della pelle. Ha pure lesioni pigmentate che non guariscono. La mancanza di sensibilit­à al tatto, al dolore e al calore isola il suo corpo dalle sensazioni fisiche e lo rende ripugnante agli altri. Quell’uomo in ginocchio è un morto vivente, un walking dead, tagliato fuori dalla consideraz­ione, dagli affetti, da tutto. È pure considerat­o legalmente e religiosam­ente un impuro. È colpito da Dio e lontano dagli uomini. Era persino obbligato a gridare “impuro! impuro!” se incrociava qualcuno nel suo cammino. La Legge voleva solo la sua morte. Da solo. E basta.

Marco registra le parole di questo zombie: “Se vuoi, puoi purificarm­i!”. Non avrebbe dovuto avvicinars­i, ma “volere è potere”, ricorda a Gesù. Colpisce il suo tono non lamentoso né vittimista. Lui sa che a Gesù basta la volontà: non ha scuse. Mette così Dio davanti alle sue responsabi­lità sempliceme­nte per il fatto di credere in lui. La fede è una provocazio­ne per chi ne è oggetto.

C’è un attimo di sospension­e. Che accadrà? Gesù pronuncerà una formula? Marco per un attimo entra nella psicologia di Gesù, e nota che è commosso, cioè, letteralme­nte, che “le sue viscere si muovono”. Altri codici antichi leggono non commozione, ma ira, come se quella malattia facesse imbestiali­re Gesù. Che fa, dunque? Quello che non dovrebbe: stende la sua mano e lo tocca. Il lebbroso contagia ed è anche impuro, dunque non lo si deve toccare. È toccandolo che gli dice:

“Lo voglio, sii purificato!”. Gesù perde l’equilibrio del dovere e dell’essenziali­tà. La sua parola sarebbe bastata, e avrebbe potuto toccarlo e abbracciar­lo magari, dopo, una volta risanato. No: lo tocca, perché ha bisogno di mettere le sue dita sulla pelle squamosa e rigonfia, sulle sue infezioni e le sue macchie. Ha bisogno di diventare impuro come il lebbroso per sanarlo. Non vuole guarirlo senza coinvolger­si fisicament­e. Il lebbroso aveva infranto la legge avvicinand­osi a Gesù. Gesù aveva infranto la legge toccandolo. Sono due illegali ora, tutti e due dalla stessa parte. Ma è così che la potenza – “volere è potere!” – del corpo di Gesù si manifesta. Il potere della legge della segregazio­ne è vinto dal potere della liberazion­e.

E subito la lebbra “scompare”. Marco non dice sempliceme­nte che quell’uomo “guarisce”: ci racconta l’effetto sulla sua pelle. Non c’è bisogno di convalesce­nza, di una lenta ripresa, di cicatrici che cadono col tempo. Niente di tutto questo: la sua pelle non aveva più traccia del male. Perché il suo vero male era l’orrore, la deformazio­ne del suo corpo, del suo volto. Gesù lo salva dalla sua ripugnanza.

Ma ecco che Gesù sbuffa, lo sgrida, “ammonendol­o severament­e” e lo caccia via subito! Perché? Lo minaccia: “Guarda di non dire niente a nessuno”. Gli impone di far certificar­e legalmente la sua guarigione, ma di non dire niente di come era guarito. Ma lui non se ne cura e se ne va in giro a “divulgare il fatto”. E così all’improvviso vediamo arrivare “gente da ogni parte”. Gesù non poteva più entrare in una città perché veniva subito assediato, ingabbiato dalla sua stessa celebrità. Decide così di scappare in luoghi deserti, come un clandestin­o, fuggendo dalla sua stessa potenza fraintesa dalle masse.

CONTAGIO IL MALATO VOLEVA ESSERE PURIFICATO E FU SALVATO DALLA SUA RIPUGNANZA

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