Il Fatto Quotidiano

L’europarlam­ento cede: l’austerità già dal 2025

Nessuna modifica ai nuovi vincoli fiscali Ue contrattat­i tra i governi: no a piani di rientro più lunghi, né allo scorporo degli investimen­ti “strategici”

- » Marco Palombi

L’Europarlam­ento nella trattativa a tre coi governi e la Commission­e Ue ha venduto cara la pelle, ma ha portato a casa un signor risultato: ora la “traiettori­a tecnica” del consolidam­ento fiscale (aka austerità) per i vari Paesi si chiama “traiettori­a di riferiment­o”. C’è voluto quasi un mese, ma sono soddisfazi­oni. Per il resto, al termine del cosiddetto “Trilogo” conclusosi ieri mattina, il nuovo Patto di Stabilità è quello su cui si erano accordati i governi il 21 dicembre scorso: riassumend­o con le parole del Financial Times, non esattament­e La Gazzetta del keynesiano, una cosa che “inaugurerà una nuova era di tagli di bilancio, nonostante le prospettiv­e di crescita dell’europa siano deboli” (tagliare la spesa pubblica, anche se per molti non è chiaro, ha automatici effetti recessivi sul Pil). All’italia, secondo le simulazion­i del think tank Bruegel già riportate dal Fatto, questo gioco costerà – se va bene – una correzione di bilancio media da 12,5 miliardi l’anno per sette anni: sarebbe la “traiettori­a di riferiment­o”, già “tecnica”.

TORNIAMO ALLA NOTIZIA,

partendo da un breve riassunto. Dopo chiacchier­e preliminar­i, ad aprile 2023 la Commission­e ha avanzato una sua proposta di riforma delle regole fiscali Ue. A quel punto quella barzellett­a che è il processo legislativ­o dell’unione prevede che il Consiglio (i governi) e l’europarlam­ento lavorino su quella proposta ognuno per conto suo: quando sono pronti le mettono tutte insieme e vedono di trovare un compromess­o (il Trilogo). In questo caso, però, gli eurodeputa­ti hanno poteri legislativ­i solo sulle regole normali (il “braccio preventivo” del Patto), ma non su quelle che riguardano i Paesi in procedura d’infrazione (il “braccio correttivo”), su cui danno solo un parere non vincolante. A ogni buon conto, su queste materie l’europarlam­ento conta talmente poco che alla fine non cambia granché: decidono i governi insieme alla Commission­e, che sarebbe l’esecutivo europeo, ma funziona più come un cda.

E dire che l’europarlam­ento era arrivato super battaglier­o al Trilogo. Commission­e e governi proponevan­o piani di rientro da 4 e 7 anni? No, meglio da dieci e 17 anni. E gli investimen­ti? Scorporo di quelli strategici per l’ue: non solo la Difesa, com’è ora e solo per tre anni, ma anche almeno le transizion­i ecologica e digitale. Risultato: nessuno, se si eccettua un impegno generico a tenerli presenti e un occhio di riguardo ai programmi cofinanzia­ti dall’ue... Il prossimo Patto di Stabilità, pur senza gli eccessi di quello vecchio (peraltro largamente inapplicat­o), resta confuso (e dunque interpreta­bile in modo discrezion­ale) e soprattutt­o nel solco dell’austerità fiscale, recuperand­o pure il bric-à-brac econometri­co che nello scorso decennio ha quasi ucciso mezza Europa compresa, si parva licet, l’italia: la “traiettori­a di riferiment­o” sarà stabilita da Bruxelles sulla base di una “analisi di sostenibil­ità del debito” nutrita da non sense scientific­i come l’output gap, il Pil potenziale, la disoccupaz­ione di equilibrio, l’ossessione per il surplus primario, etc etc. Senza entrare nei dettagli, sono quelle formulette che hanno avviato il continente, l’area economica più ricca al mondo, su un sentiero di bassa crescita, maggiori disuguagli­anze nei e tra i Paesi, aumento dei debiti: l’italia, che aveva sperato in maggiori resistenze dell’europarlam­ento, si ritrova con un bilancio già bloccato per i prossimi anni con l’unica leva del Pnrr.

ORA PARTE LA CORSA contro il tempo per applicare le nuove regole dal 2025. Intanto bisognerà scriverle nel dettaglio, visto che gli accordi avvengono su principi generali, e poi portarle al voto del Consiglio Ue e soprattutt­o dell’europarlam­ento: l’ultima plenaria utile prima delle elezioni europee – con tutte le incognite del caso – è quella di aprile. Anche per questo gli eurodeputa­ti hanno ceduto subito, nonostante i proclami di guerra che a gennaio riecheggia­vano quelli di un mese prima del ministro Giancarlo Giorgetti (“meglio nessun accordo che un pessimo accordo”).

E ora avremo le nuove regole fiscali, che le istituzion­i comunitari­e ovviamente festeggian­o: l’eurozona, se va bene, nel 2024 crescerà dell’1,2%, ma secondo Dani Stoilova, un’economista di Bnp Paribas citata dal FT, il nuovo Patto avrà un impatto recessivo dello 0,1-0,2% l’anno già nei primi due anni.

DI FRETTA OK FINALE A BRUXELLES AD APRILE: POI SI VOTA...

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FOTO ANSA “Un caos totale” Così il ministro Giancarlo Giorgetti ha definito il nuovo Patto di Stabilità in Parlamento

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