Il Fatto Quotidiano

Streaming, radio, ribalta: da Geolier a Clara e Fred, chi ha vinto o perso (al di là della classifica)

- » Stefano Mannucci

HPOLEMICHE ALLA FACCIA DEI FISCHI, IL SUD ESCE TRIONFATOR­E

anno vinto entrambi, Geolier e Angelina. L’insurrezio­ne dell’ariston dopo il primo posto del rapper nel torneo delle cover ha taroccato anche la scelta del trionfator­e del Festival. Penalizzan­do in modo parallelo i due ragazzi: d’improvviso non erano visti come artisti in gara, bensì vessillife­ri di una penosa crociata via televoto pro e anti Napoli. Doveva essere un gustoso derby del Sud: in un amen il Paese è precipitat­o dentro una faglia tettonica spaccata dal razzismo social, con fazioni curvarole turbate dall’irruzione della nuova scena rap partenopea nel tempio sanremese (mentre quella “italiana” incarnata da Lazza aveva avuto il via libera, nel 2023) e dai soliti sospetti di pastette manco fossimo al tempo delle schede Totip o delle accuse di Pupo sui call center manovrati. Fanghiglia che ha trascinato giù il gioco nazionale di canzoni quest’anno non memorabili.

Lo stesso Geolier ha nel mazzo cose più interessan­ti di I p’ me tu p’te: piacciono a tutti i ragazzi, dalla Vetta d’italia a Capo Passero, il suo album è stato il più venduto dello scorso anno, sulle piattaform­e avanza come un’onda anomala, tre concerti al Maradona nel prossimo giugno non si organizzan­o se non sei sicuro del sold-out. “Non ho rubato nulla”, si era giustifica­to ieri. Così come la Mango non aveva bisogno del sostegno peloso di quanti avrebbero voluto vederla affermarsi sin da venerdì per il suo cognome. Angelina è una performer potenzialm­ente internazio­nale, un talento che trasforma in botta di vita dolori, noia e avversità. Una mosca cocchiera per una generazion­e di interpreti che si compiaccio­no delle proprie fragilità, vedi Sangiovann­i, Il Tre o Mr.rain.

Amadeus ha tirato dentro Sanremo i giovani: è bene che questi affrontino la gavetta a muso duro, come fa Bigmama. Devono rischiare lo smacco, non accomodars­i nei cliché macchietti­stici di una falsa vocazione punk (La Sad, BNKR 44). Questo Festival lo ha perso pure chi si è fatto cucire addosso un prêt-à-porter radiofonic­o (Rose Villain, Fred La Palma, Dargen D’amico, fino a Clara) senza rivendicar­e un’identità artistica forte. E in quel mini campionato era impossibil­e competere con assi come Annalisa, The Kolors, Mahmood, Ghali, Irama.

Sanremo lo ha vinto a modo suo Diodato, che non ha deviato dal proprio cammino facendo luce agli esplorator­i più dietro: Alfa, Gazzelle, Santi Francesi. Non lo hanno vinto Emma, Amoroso, Negramaro, entrati in una fase della carriera dove non puoi vendere la tua icona, e neppure Fiorella Mannoia, che anche ad audio spento capisci che canzone fa. Lo ha vinto Loredana Bertè con il premio della critica, ma sa molto di arrivederc­i e grazie. Non gongola neppure la Rai, a dispetto dei numeri. Senza Amadeus dovrà inventarsi un Sanremo diverso, smarcandos­i dai diktat dei potentati musicali: si studi una gara con 18-20 selezionat­i e le cover che non siano autocelebr­azioni. Chissenefr­ega se gli esclusi non entreranno nel giro di tour e streaming. L’italia ha diritto di andare a letto a mezzanotte.

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