Il Fatto Quotidiano

DA GHALI A GEOLIER, POCHI (TELE)VOTI E IL VENTICELLO RAZZISTA TORNA A SOFFIARE

- VERONICA GENTILI

Prima di Ghali, fu Geolier. Purtroppo sì, siamo messi così. Andiamo per ordine: un trentenne italiano figlio di genitori tunisini, ormai diventato uno dei cantanti più acclamati in Italia, è ancora alle prese con le difficoltà di spiegarci di essere veramente italiano, e non a caso come cover da portare sul palco ha scelto un medley nel quale ha messo in fila alcuni versi di una canzone in arabo, ‘Un italiano vero' di Toto Cutugno e la sua hit più nota e forse più politica ‘Cara Italia', Oh eh oh, quando mi dicon “Va' a casa/ Oh eh oh, rispondo “Sono già qua”/oh eh oh, io T.V.B. cara Italia/oh eh oh, sei la mia dolce metà. Insomma Ghali ha zelantemen­te fornito a tutti i suoi compaesani una specie di tutorial su come si è evoluta l'italianità. Mentre il dibattito cominciava ad accendersi su questo fronte, tra meticciato, ius soli, radici da proteggere, patria, nazione, metti il confine togli il confine, ecco che arriva l'elemento che spegne tutte le nostre velleità d'ingresso nella contempora­neità del terzo millennio e ci riporta dritti dritti al Novecento.

Geolier, giovanissi­mo rapper napoletano, adorato praticamen­te da tutti gli under venti, il suo album ‘Il coraggio dei bambini' è il più venduto e il più ascoltato su Spotify nel 2023, ha portato a Sanremo una canzone in dialetto napoletano, anche con l'idea di omaggiare la cultura partenopea. E in questa direzione ha deciso di farsi accompagna­re da Gué, Luché e Gigi d'alessio nella serata delle cover, con i quali si è esibito in un medley di canzoni napoletane. La vittoria di Geolier proprio in una serata ricca di ospiti famosi e pezzi storici è bastata per riprecipit­are l'italia in uno dei suoi vizi peggiori: quel malcelato, tanto negato quanto insuperabi­le, razzismo nei confronti di chi non solo viene dal Sud, ma ha anche la tracotanza di rivendicar­lo. Innanzitut­to la platea dell'ariston ha sgraziatam­ente fischiato un ventenne, per la prima volta a Sanremo, mentre ritirava il suo premio, e subito a seguire una valanga di commenti sprezzanti ha rimesso in scena il copione che abbiamo ascoltato in loop nei talkshow degli ultimi cinque anni: “I voti di Geolier comprati coi soldi della camorra”, “il televoto comprato coi soldi del reddito di cittadinan­za”, “non canta in italiano, cosa ci fa qui?”.

È bastato un attimo e la macchina del tempo ci ha riportati dallo Ius soli alla questione meridional­e: una manciata di televoti e la fotografia che ci torna indietro è quella di un'italia ancora ripiegata su vecchi tic e inossidabi­li pregiudizi, desiderosa di emancipars­i ma del tutto incapace di evolversi. Voto: Geolier 7

Voto: Italia 2

CI RISIAMO

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